Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 2679 del 11/10/2012


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 2679 Anno 2013
Presidente: COSENTINO GIUSEPPE MARIA
Relatore: TADDEI MARGHERITA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
1) MIRRA DOMENICO N. IL 02/11/1974
avverso la sentenza n. 1176/2011 CORTE APPELLO di MILANO, del
13/12/2011
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 11/10/2012 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. MARGHERITA TADDEI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott,
che ha concluso per <2 L., k 7 T Udito, per la parte civile, l'Avv Udit i difensor Avv. eitx, Data Udienza: 11/10/2012 1..Mirra Domenico é stato condannato da Tribunale di Varese, il 16.11.2010 e dalla Corte d'appello di Milano, per una serie di furti , consumati e tentati, in continuazione, alla pena di anni due e mesi tre di reclusione ed euro 900,00 di multa. 1.1 Ricorre per cassazione, personalmente, Mirra Domenico, chiedendo l'annullamento della sentenza e deducendo : valore di identificazione al riconoscimento fotografico effettuato in istruttoria e nessun valore al mancato riconoscimento in aula della persona dell'imputato, effettuata dai testi Martinelli e Buratti; b)con il secondo motivo che le prove della responsabilità del Mirra, per il furto subito dalla signora Pellegrino sono contraddittorie perché / se per un verso é vero che nella vettura Peugeot 1o6 di provenienza furtiva, di cui il Mirra si era impossessato , fu rinvenuta la borsetta della Pellegrino, per l'altro la somma di denaro sottratta alla donna non corrispondeva a quella rinvenuta in possesso dell'imputato; c) con il terzo motivo che sia stata affermata la responsabilità per il furto dei due cellulari di Manenti Diego, sulla base di semplici presunzioni. Motivi della decisione 2.11 ricorso é inammissibile perché i motivi sono manifestamente infondati. 2.1 La giurisprudenza di questa Suprema Corte , con una molteplicità di decisioni che attestano l'uniformità di valutazione, ha già giustificato l'uso ,in funzione probatoria, del riconoscimento fotografico eseguito dalla polizia giudiziaria, ravvisando innanzitutto che l'individuazione fotografica é un atto di indagine atipico al pari del riconoscimento in aula dell'imputato. Entrambi tali atti sono diversi dalla ricognizione che è espressamente regolata dal codice di rito ( art.213 e 214 cod.proc.pen.) e possono essere utilizzati ,ai fini della decisione ,anche se compiuti senza particolari formalità ,purché legittimamente introdotti nel processo, in forza dei principi della libertà di prova e del libero convincimento del giudice .Poiché il giudice può trarre il proprio convincimento da ogni elemento acquisito non in violazione di uno Ricorso Mirra a) con il primo motivo , la violazione di legge perché la Corte ha attribuito specifico divieto, anche l'individuazione fotografica, cui abbia proceduto la polizia giudiziaria , può essere legittimamente assunta come prova, la cui fondatezza non dipende dal riconoscimento in sè, ma dalla attendibilità della deposizione di chi, avendo esaminato la fotografia dell'imputato, si dica certo della sua identificazione ( n. 16902 del 2004). Infatti la certezza probatoria dell'atto non discende dal riconoscimento come strumento probatorio, ma dell'imputato, si dica certo della sua identificazione, e ciò soprattutto quando questa venga confermata al giudice (n. 46024de1 2003). 2.2 Fermo restando il principio della ammissibilita' e utilizzabilita' di riconoscimenti "a forma libera", quali la ricognizione fotografica ed il riconoscimento informale in aula effettuato dal testimone( come avvenuto nel caso in esame) , va, anche, precisato che" il valore probatorio di tali atti non formali deve essere adeguatamente verificato con riferimento sia al contenuto intrinseco ed alle modalita' sia ad elementi di controllo e di riscontro che concorrano a giustificare l'affidamento sull'operato riconoscimento." ( n.8272 del rv 249659) 2.3 A tal proposito, va detto che diversamente da quanto si afferma nel ricorso, 2011 la Corte territoriale ha compiutamente motivato le ragioni che l'hanno indotta a non dare rilievo probatorio al mancato riconoscimento , in aula, dell'imputato con una motivazione della valutazione probatoria, ampiamente esplicativa, logica e coerente. Si legge infatti a pag. 5 del provvedimento impugnato che "entrambi i testi hanno confermato di aver riconosciuto a suo tempo (nel caso di Buratti, con assoluta certezza, a distanza di meno di sei mesi dalla denuncia; nel caso del Martinelli ,uno o due giorni dopo il tentato furto, con sufficiente certezza) in una delle fotografie dell'album loro mostrato dagli inquirenti, l'autore del furto della vettura ; hanno aggiunto che il ladro era una persona più grossa e con più capelli rispetto all'imputato presente in aula, che quindi non erano in grado di riconoscere. Orbene ... alla luce delle ragionevoli spiegazioni offerte dai due testi, il mancato riconoscimento in aula dell'imputato non inficia quello fotografico precedente, comunque confermato in dibattimento. Anche il teste Fabris ,uno degli operanti, ha ,infatti, confermato che il soggetto fermato all'epoca non dall'attendibilità accordata alla deposizione di chi, avendo esaminato la foto era "...come lo vedo oggi..." e lo stesso giudice di primo grado ,che ha avuto modo di vedere sia l'imputato presente in aula che la fotografia che lo ritrae contenuta nell'album mostrato ai denuncianti, da atto che l'imputato appariva dimagrito e in tutt'altre condizioni psicofisiche rispetto a quelle del tossicodipendente dell'epoca a cui risale la fotografia...". Le censure del ricorrente, pertanto, lungi dall'individuare un vizio della motivazione si probatorio dato dal giudice dell'appello. 2.4 Gli ulteriori motivi di ricorso sono generici , rivolti essenzialmente alla ricostruzione di fatti effettuata dalla Corte di merito e come tali inammissibili in sede di le g ittimità, oltre che fondamentalmente versati in fatto. La motivazione del provvedimento impugnato, per contro, non manifesta alcun vizio evidente. 3.11 ricorso pertanto deve essere dichiarato inammissibile : all'inammissibilità consegue la condanna della parte privata ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché al pagamento della somma indicata in dispositivo alla Cassa delle ammende. Quest'ultima condanna si impone in quanto, nel caso in esame, non vi sono ragioni idonee ad escludere la colpa del ricorrente nella proposizione di un ricorso inammissibile. P.Q.M. A Dichiara inammissibile il ricorso e condanna o14. ricorrente al pagamento delle spese processuali e itherahateel della somma di 1.000,00 Euro alla Cassa delle mende. Così d cis in mal' n ottobre 2012 risolvono in una critica ingiustificata alla legittima valutazione del materiale

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