Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 26772 del 28/04/2015


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 26772 Anno 2015
Presidente: GENTILE MARIO
Relatore: RECCHIONE SANDRA

Data Udienza: 28/04/2015

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CATANZARO PAOLO N. IL 19/08/1969
avverso la sentenza n. 4777/2013 CORTE APPELLO di PALERMO,
del 10/11/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 28/04/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. SANDRA RECCHIONE
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. V.
che ha concluso per
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RITENUTO IN FATTO

1. La Corte di appello di Palermo in parziale riforma della sentenza di primo
grado condannava il Catanzaro alla pena di mesi 7 di reclusione ed euro 2000
di multa per i reati di truffa e falsa sottoscrizione di scrittura privata. Si
contestava al Catanzaro di avere falsificato la firma del Ragusa facendo
apparire quest’ultimo come sottoscrittore di un contratto di finanziamento, con

2. Avverso tale sentenza proponevano ricorso personalmente l’imputato che
deduceva:
2.1. violazione di legge in relazione all’art. 120 cod. pen. si deduceva che
mancava in atti la querela della società che aveva concesso il finanziamento,
ovvero l’unica persona offesa individuabile, dato che il Ragusa poteva
considerarsi solo danneggiato dal reato per cui si procede;
2.2. mancata assunzione di prova decisiva e vizio di motivazione. Si deduceva
la illegittima reiezione dell’istanza di rinnovazione dibattimentale con riguardo
all’esperimento di perizia grafologica

finalizzata ad accertare che la falsa

sottoscrizione del contratto di finanziamento fosse riconducibile al Ragusa;
2.3. con motivi aggiunti si rimarcava che il reato era stato consumato nel marzo
e non nell’ottobre del 2007, quando il Ragusa sottoscriveva il contratto di
finanziamento per l’acquisto dell’elettrodomestico marca Kirby; la presunta
falsificazione doveva farsi risalire a tale data con conseguente decorso del
termine massimo di prescrizione prima della pronuncia della sentenza di appello.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.11 ricorso è manifestamente infondato.
1.1.11 motivo che deduce la mancanza di legittimazione del Ragusa (ovvero della
persona cui venivano addebitate le rate del falso contratto di finanziamento) a
proporre la querela è inammissibile in quanto non tiene conto della consolidata
giurisprudenza, che il collegio condivide, secondo cui anche il terzo danneggiato
dal delitto di truffa, seppure nella forma della mancata acquisizione di un
profitto, è legittimato a proporre querela (Cass. sez. F, n. 33884 del 23/08/2012,
Rv. 253474; Cass. sez. 2, n. 27571 del 21/05/2009, Rv. 244665; Cass. sez. 2,
n. 12969 del 14/03/2007, Rv. 236463).

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conseguente addebito delle rate.

1.2. Inammissibile è anche il motivo di ricorso che deduce la mancata
effettuazione in appello della richiesta perizia grafologica, decisiva secondo il
ricorrente.
Il collegio condivide il consolidato orientamento secondo cui per “prova
decisiva” sia da intendere unicamente quella che, non incidendo soltanto su
aspetti secondari della motivazione (quali, ad esempio, quelli attinenti alla
valutazione di testimonianze non costituenti fondamento della decisione) risulti
determinante per un esito diverso del processo, nel senso che essa, confrontata

che, ove fosse stata esperita, avrebbe sicuramente determinato una diversa
pronuncia (Cass.Sez. 4, n. 6783 del 23/01/2014, Rv. 259323; Cass. Sez. 2, n.
16354 del 28/04/2006 Rv. 234752).
Partendo da tale premessa deve rilevarsi come la prova richiesta deve
comunque superare il vaglio della rilevanza in relazione al compendio probatorio
disponibile. Tale valutazione rientra tra gli apprezzamenti tipici della giurisdizione
di merito che, se espressi con motivazione logica e coerente con le emergenze
processuali, si presenta insindacabile in sede di legittimità.
A ciò deve aggiungersi che la rinnovazione del dibattimento, in considerazione
della struttura del processo penale, è un istituto di carattere eccezionale al quale
la Corte può ricorrere solo ove lo ritenga assolutamente necessario ossia in caso
di insufficienza degli elementi istruttori già acquisiti che non consenta la
decisione allo stato degli atti, e le prove dedotte siano idonee ad influire sulla
decisione dei punti controversi: ex plurimis Cass. 3458/2006 riv 233391 – Cass.
21687/2004 riv 228920.
L’art. 603 cod. proc. pen., in ordine alla rinnovazione dell’istruttoria
dibattimentale in grado di appello, ex art. 603 cod. proc. pen., prevede tre
ipotesi:a)la riassunzione di prove già acquisite nel dibattimento di primo grado o
l’assunzione di nuove prove: tale fattispecie, prevista nel primo comma, è
subordinata alla circostanza che il giudice ritenga «di non essere in grado di
decidere allo stato degli atti», situazione questa che si verifica quando i dati
probatori già acquisiti siano incerti ovvero quando l’incombente richiesto rivesta
carattere di decisività, nel senso che è idoneo ad eliminare le eventuali
incertezze ovvero ad inficiare ogni altra risultanza. Il primo comma, poi, riguarda
prove preesistenti o prove già note alla parte. Infatti, da un esame comparativo
fra il primo comma ed il secondo comma, si evince, che il primo comma, nella
parte in cui disciplina tout court, senza alcuna limitazione «l’assunzione di nuove
prove» si riferisce proprio alle prove preesistenti o prove già note alla parte,
tant’è che la diversa ipotesi delle «prove sopravvenute» è disciplinata al secondo
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con le argomentazioni contenute nella motivazione, si riveli tale da dimostrare

comma: ex plurimis Cass. 3348/2003 riv 227494; byassunzione di prove
sopravvenute o scoperte dopo il giudizio di primo grado: tale fattispecie, prevista
dal secondo comma, va disposta nei limiti previsti dall’art. 495/1 cod. proc. pen.
norma che, a sua volta, richiama l’art. 190 cod. proc. pen. comma 1 e art. 190
bis cod. proc. pen. relativi, rispettivamente, al diritto alla prova ed ai requisiti
della prova nei procedimenti per taluno dei delitti indicati nell’art. 51 c.p.,
comma 3 bis. In conseguenza di tale doppio richiamo, deve ritenersi che – nel
caso previsto dall’art. 603 cod. proc. pen., comma 2 – il Giudice è tenuto sì a

di richieste concernenti prove vietate dalla legge o manifestamente superflue o
irrilevanti: ex plurimis Cass. 8382/2008 riv 239341; el’assunzione disposta
d’ufficio: questa terza ipotesi di rinnovazione dell’istruzione dibattimentale
prevista dall’art. 603, terzo comma, cod. proc. pen., ricorre solo se se il giudice
«la ritiene assolutamente necessaria», dovendosi intendere con tale espressione,
il caso in cui ritenga che non gli sia possibile decidere se non dopo l’assunzione
di una determinata prova.
La diversità delle tipologie previste in ordine alla rinnovazione dell’istruttoria
dibattimentale in sede di appello, refluisce anche in ordine alla motivazione ed ai
motivi di impugnazione. Infatti, avendo la rinnovazione, ancorché parziale, del
dibattimento carattere eccezionale e potendo essere disposta solo qualora il
giudice ritenga di non poter decidere allo stato degli atti, ne deriva che, mentre
la rinnovazione dev’essere specificamente motivata, occorrendo dare conto
dell’uso del potere discrezionale derivante dalla acquisita consapevolezza di non
potere decidere allo stato degli atti, nel caso, viceversa, di rigetto, la relativa
motivazione può essere anche implicita nella stessa struttura argomentativa
posta a base della pronuncia di merito, che evidenzi la sussistenza di elementi
sufficienti per una valutazione in senso positivo o negativo sulla responsabilità,
con la conseguente mancanza di necessità di rinnovare il dibattimento:

ex

plurimis Cass. 15320/2009 riv 246859 – Cass. 47095/2009 riv 245996.
Parallelamente, in tema di impugnazione della decisione del giudice, la mancata
assunzione di una prova decisiva può costituire motivo di ricorso per cassazione
ai sensi dell’art. 606 lett. d) cod. proc. pen. solo quando si tratti di prove
sopravvenute o scoperte dopo la pronuncia di primo grado, che avrebbero
dovuto essere ammesse secondo il disposto dell’art. 603, comma secondo, cod.
proc. pen.
Negli altri casi, la decisione istruttoria è ricorribile, ai sensi dell’art. 606 lett. e)
cod. proc. pen., sotto il solo profilo della mancanza o manifesta illogicità della
motivazione come risultante dal testo del provvedimento impugnato e sempre
che la prova negata, confrontata con le ragioni addotte a sostegno della
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disporre la rinnovazione del dibattimento, ma con il limite costituito dalle ipotesi

decisione, sia di natura tale da poter determinare una diversa conclusione del
processo: ex plurimis Cass. 34643/2008 riv 240995 – Cass. 4675/2006 riv
235654
Nel caso di specie, la Corte territoriale, facendo corretta applicazione dei suddetti
principi di diritto, con motivazione congrua, logica e coerente con le evidenze
processuali disponibili, ha chiarito che la prova nuova richiesta era superflua,
atteso che il quadro probatorio a carico dell’imputato era tale da consentire la
decisione.
merito, che essendo

conformi possono essere lette in modo integrato (Cass., sez. n. 4 n. . 44765
del 22/10/2013, Rv. 256837; Cass., sez. 4 n. 44765 del 22.10.13; Rv. 256837;
Cass sez. 4 n. 19710 del 3.2.2009 Rv. 243636, Cass. Sez. U,n. 6682 del
4.2.1992, rv 191229) è stato valutato con giudizio di merito insindacabile in
sede di legittimità sufficiente a garantire l’accertamento di responsabilità.

3. Anche il motivo che deduce il decorso del termine di prescrizione in relazione
alla asserita retrodatazione del tempo di consumazione del reato al 21.4.2007,
ovvero alla data di sottoscrizione del contratto di finanziamento è
manifestamente infondato.
Il reato come descritto è, infatti, a consumazione prolungata, cioè si realizza
ogni volta in cui si determina alla scadenza del contratto la definitiva perdita
economica correlata al profitto ingiusto, laddove la condotta dell’agente
perdura, ugualmente, fino alla scadenza (Cass. sez. Un. 21.6/1.8.2000, Franzo
e a. Rv 216429; Sez. 2, 15.10/13.11.2009, Casafli ed a., Rv 245596).
Secondo la giurisprudenza che si condivide «il reato, quindi, si consuma non già
quando il soggetto passivo assume, per effetto di artifici o raggiri, l’obbligazione
della “datio” di un bene economico, ma nel momento in cui il raggirato subisce la
definitiva perdita del bene acquistato o, il che è lo stesso, del suo valore da parte
del raggirato» (Cass. sez. 2, n. 49932 del 11/12/2012, Rv. 254111). Tale
inquadramento impedisce la retrodatazione del termine di consumazione del
reato e la dedotta contrazione dei termini di prescrizione.
2.Alla dichiarata inammissibilità del ricorso consegue, per il disposto dell’art.
616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali nonché al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una
somma che si determina equitativamente in C 1000,00.
P.Q.M.

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Il compendio probatorio analizzato dalle sentenze di

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e di euro 1000.00 alla Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il giorno 28 aprile 2015

Il Presidente

L’estensore

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