Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 26771 del 28/04/2015


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 26771 Anno 2015
Presidente: GENTILE MARIO
Relatore: RECCHIONE SANDRA

Data Udienza: 28/04/2015

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
BEVILACQUA PINO N. IL 05/11/1982
MERIGO VITO N. IL 28/08/1990
avverso la sentenza n. 966/2013 CORTE APPELLO di REGGIO
CALABRIA, del 02/04/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 28/04/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. SANDRA RECCHIONE
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. qr. i »A/LAJ
che ha concluso per

Udito, per la parte civile, l’Avv
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RITENUTO IN FATTO
1.La Corte di appello di

appello di Reggio Calabria confermava la condanna

del Merigo e del Bevilacqua alle pene di anni sette di reclusione ed euro 1900 di
multa il primo e di anni sette mesi sei di reclusione ed euro 2100 di multa il
secondo per avere consumato una rapina aggravata ai danni di una anziana
con correlato sequestro di persona.

2. Avverso tale sentenza proponevano ricorso il difensore del Bevilacqua che

2.1. violazione di legge processuale.
2.1.1. si deduceva che mancava il provvedimento del pubblico ministero che
autorizzava l’utilizzo di impianti esterni e che anche nelle richieste di proroga
delle intercettazioni mancava ogni riferimento alle ragioni che legittimavano il
persistente utilizzo di impianti esterni;
2.1.2. si deduceva che le operazioni di trascrizione erano state effettuate sulla
base delle registrazioni contenute in supporti magnetici forniti dalla stazione CC
di Bianco e non attraverso la decodifica della “memoria originale”;
2.1.3. si deduceva che non era stata data alcuna risposta alle deduzioni difensive
che evidenziavano l’incoerenza temporale tra i files audio esaminati ed il tempo
in cui avvenivano le conversazioni;
2.2. vizio di motivazione. Si deduceva che non erano stati accertati i contatti tra
il Bevilacqua ed il Macrì in orario compatibile con la rapina e che la persona
offesa aveva riferito che gli aggressori erano due e non tre; si rimarcava la
correttezza dell’accertamento effettuato dal consulente di parte che aveva
escluso la presenza del Bevilacqua sul luogo del delitto; inoltre dalle
intercettazioni emergeva come terzo autore della rapina un certo “Enzo”;
2.3 violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla mancata
concessione delle attenuanti generiche; si criticava la parte della sentenza che
definiva il trattamento sanzionatorio sia in ordine alla mancata concessione della
circostanze attenuanti generiche, che in relazione all’aumento per la recidiva.

3. Proponeva ricorso per cassazione anche il difensore del Merigo che deduceva:
3.1. violazione di legge processuale e conseguente inutilizzabilità delle
intercettazioni;
3.1.1. si deduceva che la registrazione originale dei colloqui intercettati non era
avvenuta presso il server installato in procura contrariamente a quanto richiesto
dall’art. 268 comma 3 cod. proc. pen.

2

deduceva:

3.1.2. anche la difesa del Merigo deduceva che non era stata data alcuna
risposta alle deduzioni difensive che evidenziavano l’incoerenza temporale tra i

files audio esaminati ed il tempo in cui avvenivano le conversazioni;
3.2. violazione di legge processuale con riferimento all’art. 270 cod. proc. pen e
conseguente

inutilizzabilità

delle

intercettazioni

provenienti

da

altro

procedimento. Si deduceva che le intercettazioni acquisiste non erano correlate
con i fatti per cui si procede e comunque non risultava alcuna motivazione in
ordine alla indispensabilità della acquisizione;

nonché 197, 197 bis e 371 cod. proc. pen. e conseguente inutilizzabilità del
verbale di deposizione del teste Giordano. La Giordano era madre del Merigo e
nel corso dell’udienza dibattimentale in cui era stata escussa non era stata
avvertita del fatto che poteva avvalersi della facoltà di non rispondere;
3.4. vizio di motivazione della parte della sentenza che attribuiva alle
conversazioni della Giordano capacità dimostrativa in ordine all’accertamento
della responsabilità del Merigo; nella prospettiva del ricorrente le conversazioni
in questione (dalle quali si evinceva la preoccupazione della Giordano per le sorti
del figlio) non potevano considerarsi univocamente indicative

della

responsabilità del Merigo, anche in considerazione del fatto che era stata
omessa ogni verifica sulla fonte di conoscenza della Giordano;
3.5. vizio di motivazione della parte della sentenza che riconosceva l’aggravante
della minorata difesa nella misura in cui non si teneva conto del fatto che l’età
avanzata non è condizione sufficiente il riconoscimento della aggravante in
parola, dovendo essere prese in considerazione le condizioni mentali, culturali e
personali dell’offeso. Si rimarcava inoltre l’incompatibilità logica della
riconosciuta aggravante con il fatto che la rapina era stata consumata da più
persone in orario notturno, circostanze che avrebbero messo in difficoltà anche
persone non anziane;
3.6. vizio di motivazione in relazione al riconoscimento della responsabilità per
sequestro di persona; si deduceva che non era stato spiegato se lo stato di
immobilità della persona offesa fosse riconducibile ad una azione dei ricorrenti o
se, invece fosse da ricondurre allo stato emotivo della vittima, che aveva
dichiarato di essere rimasta immobilizzata nel letto per diverso tempo dopo il
dileguarsi degli aggressori;
3.7 vizio di motivazione con riferimento al riconoscimento dell’aggravante
prevista dall’art. 61 n. 2 cod. pen.: si deduceva l’illegittimità della estensione
dell’aggravante a tutti i correi;
3.8.

vizio della motivazione in ordine al riconoscimento della recidiva. Si

deduceva che la corte territoriale non aveva fornito alcuna motivazione in ordine

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3.3. violazione di legge processuale con riferimento all’art. 199 cod.proc. pen,

all’idoneità della nuova condotta criminosa a rivelare la maggiore capacità a
delinquere del reo;
3.9. vizio di motivazione in relazione al diniego di concessione delle attenuanti
generiche. Si deduceva la mancata valutazione degli argomenti dedotti con l’atto
di appello a sostegno della concessione delle attenuanti generiche.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorsi proposti sono manifestamente infondati.

2.1. Il motivo di ricorso (comune ad entrambi i ricorrenti) con i quali si deduce
la mancata autorizzazione all’uso di impianti esterni è manifestamente
infondato.
Il ricorrente non tiene conto della ormai consolidata giurisprudenza di legittimità
che consente la captazione attraverso l’uso di impianti localizzati presso le
procure con ascolto effettuato “in remoto” ovvero presso i centri delocalizzati di
polizia giudiziaria che svolgono le indagini.
Il collegio condivide sul punto l’autorevole orientamento espresso dalle sezioni
Unite secondo cui condizione necessaria per l’utilizzabilità delle intercettazioni è
che l’attività di registrazione – che, sulla base delle tecnologie attualmente in
uso, consiste nella immissione dei dati captati in una memoria informatica
centralizzata – avvenga nei locali della Procura della Repubblica mediante
l’utilizzo di impianti ivi esistenti, mentre non rileva che negli stessi locali vengano
successivamente svolte anche le ulteriori attività di ascolto, verbalizzazione ed
eventuale riproduzione dei dati così registrati, che possono dunque essere
eseguite “in remoto” presso gli uffici della polizia giudiziaria (Cass. sez. un. n.
36359 del 26/06/2008 Rv. 240395).
Nel caso di specie le intercettazioni venivano eseguite tramite impianti installati
presso la Procura della Repubblica di Locri con postazioni di ascolto presso i
locali della Compagnia CC di Bianco: si tratta dunque di intercettazioni legittime,
disposte in coerenza con le consolidate linee interpretative tracciate dalla
giurisprudenza di legittimità in tema di ascolto remotizzato.
2.2. manifestamente infondato è anche il motivo (comune ad entrambi i
ricorrenti) che denuncia la mancata presa in carico dei motivi dedotti con
l’appello circa la non coincidenza tra i tempi delle conversazioni indicati nei
tabulati e quelli riportati nei files audio.
Nell’atto di appello si rinviene solo un generico riferimento alla consulenza
tecnica effettuata dal consulente Lupis, ma non viene proposta la doglianza in
relazione alla quale si deduce la carenza di motivazione.

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2. I motivi comuni al Bevilacqua ed al Merigo.

In ogni caso il tema risulta affrontato dalla sentenza di primo grado dove si
legge che l’intercettazione «parte evidentemente con l’inizio della telefonata
prima ancora della comunicazione con i due apparati telefonici» mentre l’orario
riportato nei tabulati coincide con quello, posteriore, in cui si verifica la
connessione tra le due utenze (pag. 16 della sentenza di primo grado).

3. I motivi di ricorso esclusivi del Bevilacqua.
3.1. Manifestamente infondato è il motivo di ricorso che deduce che l’ascolto e

Bianco e non presso i locali della procura. La legittimità dell’ascolto delle
conversazioni “in remoto” si ripercuote anche sulla legittimità della trascrizione
dei contenuti audio nel centro di ascolto delocalizzato. Né vi sono evidenze che
consentano di ritenere che la trasmissione dei dati presso la stazione
delocalizzata possa in qualche modo incidere sul contenuto degli stessi
compromettendone la genuinità.
2.2.

Il

vizio

di motivazione

dedotto

dalla difesa del Bevilacqua è

manifestamente infondato. Il ricorrente propone una ricostruzione alternativa
delle emergenze processuali non ammissibile in sede di legittimità. La Corte di
merito induce la colpevolezza dalla analisi dell’intero compendio probatorio: in
particolare, alla frequentazione con il Macrì risultano associati i contenuti delle
conversazioni intercettate, che evidenziano come il padre della fidanzata
dell’imputato fosse preoccupato del fatto che il Macri’ potesse chiamare in
correità il Bevilacqua.
Si tratta di una valutazione di merito non manifestamente illogica ed aderente
alle emergenze processuali che si sottrae al sindacato di legittimità.
In materia di perimetrazione della competenza della Corte di legittimità in ordine
alla ammissibilità del vizio di motivazione il collegio condivide l’orientamento
secondo cui esula dai poteri della Cassazione, nell’ambito del controllo della
motivazione del provvedimento impugnato, la formulazione di una nuova e
diversa valutazione degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione,
giacché tale attività è riservata esclusivamente al giudice di merito, potendo
riguardare il giudizio di legittimità solo la verifica dell'”iter” argomentativo di tale
giudice, accertando se quest’ultimo abbia o meno dato conto adeguatamente
delle ragioni che lo hanno condotto ad emettere la decisione (Cass. Sez. 6,
14.4.1998 n. 1354). Né si rileva alcuna carenza motivazionale dato che in tema
di giudizio di appello, il giudice non è tenuto a prendere in considerazione ogni
argomentazione proposta dalle parti, essendo sufficiente che egli indichi le
ragioni che sorreggono la decisione adottata, dimostrando di aver tenuto
presente ogni fatto decisivo; né l’ipotizzabilità di una diversa valutazione delle
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la trascrizione delle conversazioni captate avveniva presso la stazione CC di

medesime risultanze processuali costituisce vizio di motivazione, valutabile in
sede di legittimità (Cass. Sez. 5, sent. n. 7588 del 06/05/1999, dep.
11/06/1999, Rv. 213630).
Si ribadisce inoltre che il vizio di motivazione per superare il vaglio di
ammissibilità non deve essere diretto a censurare genericamente la valutazione
di colpevolezza, ma deve invece essere idoneo ad individuare un preciso
difetto del percorso logico argomentativo offerto dalla Corte di merito, sia esso
identificabile come illogicità manifesta della motivazione, sia esso inquadrabile

mancata presa in carico degli argomenti difensivi, sia nella carente analisi delle
prove a sostegno delle componenti oggettive e soggettive del reato contestato.
Il perimetro della giurisdizione di legittimità è infatti circoscritto alla valutazione
delle illogicità manifeste dell’impianto motivazionale e non consente una
valutazione delle prove alternativa a quella offerta dalla Corte di merito, con
motivazione plausibile ed aderente alle emergenze processuali.
2.3. Manifestamente infondato è il motivo di ricorso che deduce l’illegittimità del
diniego dei concessione delle attenuanti generiche. Sul punto il collegio condivide
l’orientamento secondo cui nel motivare il diniego della concessione delle
attenuanti generiche non è necessario che il giudice prenda in considerazione
tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti,
ma è sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque
rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione (Cass.

Sez. 6, n. 34364 del 16/06/2010 Rv. 248244; Cass. Sez. 1^ sent. n. 3772 del
11.01.1994 dep. 31.3.1994 rv 196880).
Nel caso di specie, in accordo con le indicate linee ermeneutiche, veniva
legittimamente individuata come ostativa alla concessione delle attenuanti la
gravità dei precedenti.
Manifestamente infondata è infine la censura che si rivolge al riconoscimento
della recidiva deducendo la carenza di motivazione. Invero la Corte territoriale
giustifica il riconoscimento dell’aggravante in ragione dei precedenti vantati e
della gravità del fatto per cui si procede intrinsecamente dimostrativi di una
allarmante progressione criminosa.

3. I motivi di ricorso esclusivi del Merigo.
3.1. Il motivo di ricorso che deduce la violazione dell’art. 270 cod.proc.pen. in
relazione all’utilizzo di intercettazioni di altro procedimento è manifestamente
infondato.

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come carenza od omissione argomentativa; quest’ultima declinabile sia nella

La norma non richiede, come correttamente rilevato dalla Corte di appello, che
sia esistente un collegamento tra i procedimenti, essendo solo necessario che le
intercettazioni importate siano indispensabili per l’accertamento di reati per i
quali è obbligatorio l’arresto in flagranza.
Tali requisiti sono rispettati, essendo il reato per cui si procede compreso tra
quelli in relazione ai quali è possibile attivare la importazione dei contenuti
captati ed essendo evidente l’indispensabilità delle intercettazioni questione ai
fini dell’accertamento di responsabilità, come si evince dal fatto che i contenuti

3.2. Inammissibile è anche il motivo di ricorso che censura la utilizzabilità della
testimonianza della Giordano. Il tribunale riteneva le dichiarazioni rese del tutto
inattendibili non ponendole a fondamento dell’accertamento di responsabilità il
che attenua (fino quasi ad estinguere) l’interesse del ricorrente a censurare la
utilizzabilità della testimonianza.
Deve essere tuttavia rilevato che la Giordano ha sporto la denuncia dalla quale
ha avuto origine il presente procedimento (pag 1 della sentenza impugnata). La
qualità di denunciante è incompatibile con l’esercizio del diritto al silenzio
riservato ai congiunti degli imputati dall’art. 199 cod. proc. pen.
2.4. Anche il motivo diretto a svalutare la credibilità dei contenuti delle
conversazioni intercettate della Giordano è manifestamente infondato. I
contenuti estratti dalle intercettazioni e posti a fondamento dell’accertamento di
responsabilità sono dotati di un elevata efficacia dimostrativa. La valutazione dei
contenuti accusatori provenienti da una conversazione intercettata si sottrae
peraltro alla regole di valutazione che governano l’apprezzamento della prova
dichiarativa in quanto, per quanto tali prove non possano che essere inserite
nell’ampio genere della “dichiarazione”, le stesse hanno la caratteristica di
essere emersi non in seguito alla sollecitazione di una autorità certificante, come
avviene nel caso della raccolta della testimonianza o delle dichiarazioni
predibattimentali, ma di essere frutto di una propalazione spontanea.
La spontaneità è un valido indice di credibilità che, per quanto insufficiente a
garantire in modo assoluto la veridicità dei contenuti dichiarativi, consente
tuttavia di estrarre la dichiarazione intercettata dall’area della testimonianza,
ovvero della prova dichiarativa “sollecitata” che necessita, ogni volta che il
propalante sia un chiamante in correità, di riscontri di natura individualizzante.
Il fatto che le dichiarazioni intercettate siano spontanee non integra una
presunzione di credibilità, e non esime dalla necessità di compiere una
approfondita analisi della veridicità dei contenuti, essendo il “dichiarato” per sua
natura manipolabile.

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della captazione sono stati posti a sostegno della valutazione di colpevolezza.

Nel caso di specie il collegio di merito effettuava la valutazione della veridicità
dei contenuti dichiarativi intercettati in accordo con le indicate linee
interpretative: la Corte di merito valorizzava l’evidenza della preoccupazione
manifestata dalla Giordano per l’arresto del figlio e teneva conto delle
dichiarazioni rese dall’imputato ritenendole inidonee ad intaccare l’evidenza
dimostrativa delle dichiarazioni intercettate (pag. 8 della sentenza impugnata)
Tale valutazione ostesa con motivazione priva di fratture logiche ed aderente
alle emergenze processuali che, in quanto tale, si sottrae al sindacato in sede di

2.5. Anche le censure

rivolte alla parte della sentenza che

riconosce

l’aggravante della minorata difesa sono inammissibili.
In materia il collegio condivide l’orientamento secondo cui

la circostanza

aggravante di aver approfittato di circostanze di tempo, di luogo o di persona tali
da ostacolare la pubblica o privata difesa, a seguito della modifica normativa
introdotta dalla legge n. 94 del 2009, deve essere specificamente valutata anche
in riferimento all’ età senile e alla debolezza fisica della persona offesa, avendo
voluto il legislatore assegnare rilevanza ad una serie di situazioni che denotano
nel soggetto passivo una particolare vulnerabilità della quale l’agente trae
consapevolmente vantaggio (Cass. sez. 2, n. 8998 del 18/11/2014
Ud. (dep. 02/03/2015) Rv. 262564).
Nel caso di specie la Corte ha valorizzato la intrinseca vulnerabilità conseguente
all’età avanzata in coerenza con le indicate linee ermeneutiche.
2.6. Il motivo di ricorso che censura la motivazione nella parte in cui non
specificherebbe se lo stato di immobilità della vittima dipendeva dalla condotta
degli imputati piuttosto che dallo stato emotivo della stessa è manifestamente
infondato. La corte territoriale poneva a fondamento dell’accertamento di
responsabilità per il reato di sequestro di persona le evidenze processuali che
aveva consentito di accertare che la persona era stata legata con degli strofinacci
ai polsi.
2.7.

Infondata è la censura diretta a contestare il riconoscimento

dell’aggravante teleologica Il collegio condivide sul punto l’orientamento secondo
cui l’aggravante del nesso teleologico, pur soggettiva nei suoi aspetti psicologici,
non è inerente alla persona del colpevole e pertanto si comunica, quand’anche
non conosciuta, a tutti i compartecipi nel reato, avendone agevolato l’esecuzione
(Cass. sez. 1 n. 9688 del 30/05/1980 Rv. 146042; Cass. sez. 1, n. 6535 del
28/01/1985, Rv. 169959).
2.8. Manifestamente infondato è, infine, il motivo di ricorso che censura il
riconoscimento della circostanza aggravante della recidiva. La mancata

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legittimità.

esclusione della stessa è stata sinteticamente giustificata con la gravità del
reato evidentemente sintomo della allarmante progressione criminosa che
l’aggravante della recidiva mira a sanzionare. All’accertamento della
responsabilità per un reato che conferma la tendenza a delinquere manifestata
dall’imputato consegue una responsabilità aggravata rispetto a quella che
promana da una devianza episodica, proprio in ragione dell’allarme
conseguente alla conferma della devianza.
2.9. Inammissibile

è, infine, il motivo di ricorso che deduce la omessa

diniego delle circostanze attenuanti generiche.
La motivazione della sentenza impugnata per quanto sintetica dimostra di avere
preso in considerazione le doglianze. La Corte territoriale, infatti, rileva la
inadeguatezza delle allegazioni proposte a legittimare la concessione delle
attenuanti invocate (pag 13 della sentenza impugnata). Gli argomenti difensivi
sono stati pertanto presi in considerazione, ma valutati inidonei ad incidere sul
trattamento sanzionatorio, anche tenuto conto della ampiezza della
discrezionalità giudiziale nella individuazione del trattamento sanzionatorio, in
genere, e nella concessione delle attenuanti generiche, in specie. In materia il
collegio condivide l’orientamento secondo cui nel motivare il diniego della
concessione delle attenuanti generiche non è necessario che il giudice prenda in
considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o
rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti
decisivi, o comunque rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale
valutazione (Cass. Sez. 6, n. 34364 del 16/06/2010 Rv. 248244;Cass. Sez. 1^
sent. n. 3772 del 11.01.1994 dep. 31.3.1994 rv 196880).

4.Alla dichiarata inammissibilità dei ricorsi consegue, per il disposto dell’art. 616
cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali
nonché al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che
si determina equitativamente in € 1000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese
processuali e ciascuno della somma di euro 1000.00 alla Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il giorno 28 aprile 2015

L’estensore

Il Presidente

motivazione in relazione alle doglianze proposte con l’atto d’appello circa il

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