Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 26770 del 28/04/2015


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 26770 Anno 2015
Presidente: GENTILE MARIO
Relatore: RECCHIONE SANDRA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
AMENDOLA GIUSEPPE N. IL 09/02/1983
BIA JAWAD N. IL 07/06/1982
BERARDI LUCA N. IL 23/10/1975
avverso la sentenza n. 971/2013 CORTE APPELLO di CATANZARO,
del 18/06/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 28/04/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. SANDRA RECCHIONE
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. V N-k
che ha concluso per Lt
O

9-

Udito, per la parte„civile, l’Avv
Uditi difensor Avv.

à-5-k

Data Udienza: 28/04/2015

RITENUTO IN FATTO

1.La sesta sezione penale della Corte di cassazione annullava con rinvio la
sentenza della Corte di appello di Catanzaro relativamente alla valutazione del
possibile inquadramento dell’associazione contestata nella fattispecie prevista
dall’art. 74 comma 6 del d.p.r. 309\90, nonché sulla possibile configurazione
degli episodi di spaccio contestati come fatti di lieve entità. La Corte di

sentenza del 18 giugno 2014 condannava Amendola Giuseppe alla pena di anni
due di reclusione, Berardi Luca alla pena di anni due mesi 10 giorni 20 di
reclusione e Bia Javal alla pena di mesi quattro e giorni 26 di reclusione
ritenendo che i fatti contestati fossero effettivamente valutabili come di lieve
entità e che l’associazione potesse invece essere inquadrata come volta alla
consumazione di fatti di lieve entità.

2.

Avverso tale sentenza proponeva ricorso il difensore dell’imputato

Amendola che deduceva:
2.1. inosservanza ed erronea applicazione della legge penale ed omessa
declaratoria di prescrizione. Si deduceva la natura autonoma del fatto previsto
dall’art. 74 comma 6 D.p.r. 309\90. La assenza di recidiva e la contestazione
della sola partecipazione consentivano di individuare il termine prescrizionale
massimo del fatto addebitato all’Amendola in anni sette mesi sei di reclusione.
Considerato che l’imputato si era trasferito all’estero nell’aprile del 2006 i fatti
contestati dovevano considerarsi prescritti;
2.2. vizio di legge e di motivazione con riguardo alla definizione del trattamento
sanzionatorio. Si deduceva l’eccessività della pena edittale e l’incongruità della
riduzione conseguente al riconoscimento delle attenuanti generiche tenuto
conto del trattamento sanzionatorio riservato ai coimputati;
2.3. il decorso del termine prescrizionale e le doglianze relative al trattamento
sanzionatorio venivano ribaditi con i motivi aggiunti.

3. Proponeva ricorso per cassazione anche il difensore del Bia Jawad deducendo
la carenza di motivazione in ordine all’accertamento di responsabilità.

4.

Proponeva ricorso per cassazione anche il difensore del Berardi che

deduceva l’illegittimità del trattamento sanzionatorio alla luce della reviviscenza
della distinzione tra droghe pesanti e leggere conseguente alla sentenza n. 32
del 2014 della Corte costituzionale.

2

appello di Catanzaro, decidendo in seguito all’annullamento con rinvio, con

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.1 ricorsi sono manifestamente infondati.
1.1 II ricorso dell’Amendola è manifestamente infondato.
Con riguardo al motivo che deduce il decorso del termine di prescrizione, il
collegio condivide l’orientamento secondo cui il reato di associazione finalizzata
al traffico di sostanze stupefacenti costituita al fine di commettere fatti di lieve

autonoma di reato e non mera ipotesi attenuata del reato di cui all’art. 74,
comma primo, d.P.R. 309\90 (Cass. sez. un, n. 34475 del 23/06/2011, Rv.
250352).
L’eccezione relativa al termine di prescrizione non può tuttavia essere accolta in
considerazione del fatto che, in accordo con quanto deciso dalla Corte
territoriale, non si può ritenere che il trasferimento all’estero dell’imputato abbia
reciso il vincolo associativo. Il ricorso sul punto difetta inoltre di specificità in
quanto non indica gli elementi di prova che indicherebbero la data del
trasferimento e, soprattutto, la ritenuta recisione del vincolo associativo.
1.2. Il ricorso del Jawad è manifestamente infondato in quanto censura in modo
aspecifico la valutazione in ordine all’accertamento di responsabilità.
Secondo l’orientamento della Corte di cassazione, che il Collegio condivide, «per
l’appello, come per ogni altro gravame, il combinato disposto degli art. 581
comma primo lett. c) e 591 comma primo lett. c) del codice di rito comporta la
inammissibilità dell’impugnazione in caso di genericità dei relativi motivi. Per
escludere tale patologia è necessario che l’atto individui il “punto” che intende
devolvere alla cognizione del giudice di appello, enucleandolo con puntuale
riferimento alla motivazione della sentenza impugnata, e specificando tanto i
motivi di dissenso dalla decisione appellata che l’oggetto della diversa
deliberazione sollecitata presso il giudice del gravame» (Cass. Sez. 6″ sent.
13261 del 6.2.2003 dep. 25.3.2003 rv 227195; Cass. sez. Sez. 4, n. 40243 del
30/09/2008, Rv. 241477; Cass. Sez. 6, n. 32227 del 16/07/2010, Rv. 248037,
Cass. sez. 6, n. 800 06/12/2011, dep 2012, Rv. 251528).
Nel caso di specie vengono proposte generiche censure nei

confronti

dell’impianto motivazionale di cui si censura la coerenza logica senza indicare
in modo specifico i passaggi che sarebbero affetti da illogicità manifesta.
Si tratta di un motivo manifestamente infondato in quanto diretto a indurre
la rivalutazione del compendio probatorio, senza l’indicazione di specifiche
questioni idonee ad incidere la capacità dimostrativa delle prove raccolte.

3

entità ex art. 74, comma sesto, d.P.R. n. 309 del 1990 costituisce fattispecie

Il vizio di motivazione per superare il vaglio di ammissibilità non deve essere
diretto a censurare genericamente la valutazione di colpevolezza, ma deve
invece essere idoneo ad individuare un preciso difetto del percorso logico
argomentativo offerto dalla Corte di merito, sia esso identificabile come
illogicità manifesta della motivazione, sia esso inquadrabile come carenza od
omissione argomentativa; quest’ultima declinabile sia nella mancata presa in
carico degli argomenti difensivi, sia nella carente analisi delle prove a sostegno
delle componenti oggettive e soggettive del reato contestato.

raccolte non manifestamente illogico, aderente alle emergenze processuali ed
idoneo a dimostrare la responsabilità concorsuale dell’imputato nel fatto
contestato, che si sottrae al sindacato di legittimità. Il perimetro della
giurisdizione di legittimità è infatti circoscritto alla valutazione delle illogicità
manifeste dell’impianto motivazionale e non consente una rilettura della valenza
dimostrativa delle prove diversa da quella offerta con motivazione plausibile ed
aderente alle emergenze processuali dalla Corte di merito
1.3. il ricorso del Berardi risulta manifestamente infondato in quanto la Corte
territoriale ha tenuto conto di tutte le modifiche normative e giurisprudenziali
che hanno interessato la disciplina sugli stupefacenti determinando la pena in
coerenza con le novelle. In particolare i fatti di spaccio considerati di lieve
entità sono stati riqualificati nella nuova fattispecie autonoma individuata
dall’art. 73 comma 5 d.p.r 309\90 come si evince da quanto riportato a pag.6
del provvedimento impugnato.
2. Alla dichiarata inammissibilità dei ricorsi consegue, per il disposto dell’art.
616 cod. proc. pen., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese
processuali nonché al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una
somma che si determina equitativamente in € 1000,00.

P.Q.M.
Dichiara inammissibile i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese
processuali e ciascuno della somma di euro 1000.00 alla Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il giorno 28 aprile 2015

L’estensore

Il Presidente

Nel caso di specie la Corte territoriale offriva un apprezzamento sulle prove

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