Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 26761 del 09/03/2015


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 26761 Anno 2015
Presidente: ESPOSITO ANTONIO
Relatore: CERVADORO MIRELLA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
LARICCIA ROBERTO N. IL 04/11/1965
avverso la sentenza n. 6285/2013 CORTE APPELLO di BOLOGNA,
del 09/05/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 03/03/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. MIRELLA CERVADORO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 09/03/2015

Udita la requisitoria del sostituto procuratore generale, nella persona del dr.ssa
Giuseppina Fodaroni, il quale ha concluso chiedendo il rinvio in attesa decisione

Svolgimento del processo

Con sentenza del 9.5.2014, la Corte d’Appello di Bologna confermava la
decisione di primo grado che aveva condannato Lariccia Roberto,
limitatamente ai fatti commessi dal 24.11.2004, alla pena di mesi otto di
reclusione, ritenuta la fattispecie di cui all’art.316 ter c.p.
Ricorre per cassazione il difensore dell’imputato richiedendo di essere
ammesso alla prova con sospensione del processo ex artt.168 bis e segg. c.p. e
464 bis e segg. c.p.p., ai sensi della legge 28.4.2014 n.67 entrata in vigore il
17.5.2014 successivamente alla decisione in grado d’appello (9.5.2014), e
deducendo: 1) erronea applicazione della norma di cui all’art.316 ter c.p. e
mancanza e manifesta illogicità di motivazione ai sensi dell’art.606, co.1,
lett.b) ed e) c.p.p. in ordine alla dedotta mancanza di prova di superamento
della soglia di rilevanza penale di cui al secondo comma dell’art.316 ter c.p.,
in quanto le somme percepite dal Lariccia si riferiscono a prestazioni
periodiche mensili, con la conseguenza che l’importo a cui fare riferimento ai
fini del secondo comma dell’art.316ter c.p. è quello mensilmente percepito e
non già quello annualmente o complessivamente erogato; 2) erronea
applicazione della norma di cui all’art.157 e 161 c.p. e mancanza e manifesta
illogicità di motivazione ai sensi dell’art.606, co.1, lett.b) ed e) c.p.p. in ordine
ai tempi della prescrizione decorrenti dalla data di ciascuna illegittima
percezione; 3) erronea applicazione della norma di cui al II co. dell’art.316 ter
c.p. e mancanza e manifesta illogicità di motivazione ai sensi dell’art.606,
co.1, lett.b) ed e) c.p.p. laddove la Corte in maniera apodittica ha ritenuto

delle Sezioni Unite.

irrilevanti le difese svolte in riferimento alla quantificazione delle somme
indebitamente percepite”, in quanto essendo il ricorrente comunque con

visus parziale una quota parte delle somme percepite non è indebita, da cui
l’importanza di determinare quella effettivamente indebita.
Chiede pertanto l’annullamento della sentenza.

Motivi della decisione

1. Sulla richiesta di ammissione alla messa alla prova, rileva il Collegio
che questa Corte (v. Cass.Sez. F, Sent. n. 42318/2014 Rv. 261096; Sez.fSent.n.
35717 del 31.4.2014; Sez.IV Sent.n. 1281 del 13 gennaio 2015) ha affermato che
la sospensione del procedimento con messa alla prova di cui alla L. 28 aprile
2014, n. 67, artt. 3 e 4 non può essere chiesta dall’imputato nel giudizio di
Cassazione, nè invocandone l’applicazione in detto giudizio ne’ sollecitando
l’annullamento con rinvio al giudice di merito. Infatti il beneficio
dell’estinzione del reato, connesso all’esito positivo della prova, presuppone
lo svolgimento di un iter procedurale, alternativo alla celebrazione del
giudizio, per il quale, in mancanza di una specifica disciplina transitoria, vige
il principio tempus regit actum. Nè alla luce della sentenza della Corte
Costituzionale n. 263 del 2011, è configurabile alcuna lesione del principio di
retroattività della lex mitior, che per sè imponga l’applicazione dell’istituto a
prescindere da una disciplina transitoria.
Nel richiamare integralmente le considerazioni espresse in tale sede, del
tutto condivise, rileva ulteriormente il Collegio che nessun ricorso avente ad
oggetto tale questione risulta pendente presso le Sezioni Unite dal momento
che quello cui fa riferimento il ricorrente è stato restituito alle sezioni
ordinarie stante l’impossibilità di fissazione prima che intervenisse la
scadenza del termine di prescrizione del reato.
2.1 restanti motivi di ricorso sono infondati.
Il fatto storico, come addebitato, è emerso incontestato dall’istruttoria
dibattimentale: Lariccia, persona affetta da patologia della vista
(cheratocono), si presentò alla visita medica del 22.5.2004 della Commissione
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preposta all’accertamento ed alla valutazione dell’invalidità senza le lenti a
contatto di cui faceva uso abituale e ben tollerato. Le lenti a contatto gli
consentivano un netto miglioramento del visus ( tanto da aver rinnovata la
patente di guida), ed invece – all’esito della visita – egli aveva ottenuto il
riconoscimento dell’indennità mensile di accompagnamento quale cieco
assoluto. Il fatto, contestato quale truffa aggravata ex art.640 bis cp, è stato
tuttavia qualificato integrare la previsione posta dall’art.316 ter c.p. in

considerazione della condotta incriminabile esauritasi nell’antidoveroso
silenzio informativo, tipizzante la norma citata, e come precisato dalla
giurisprudenza di legittimità (v. Cass.S.U., Sent. n. 7537/2010 Rv. 249104).
3.La situazione che viene in rilievo nel caso concreto è quella di una
erogazione pubblica conferita in ratei periodici. Proprio con riferimento a tali
casi, si è reso necessario stabilire se il reato debba intendersi consumato già al
momento della deliberazione da parte dell’ente erogatore in ordine alla
possibilità di procedere al sovvenzionamento, ovvero se debba piuttosto
attendersi la percezione dell’ultima “tranche” di denaro da parte del soggetto
agente.
Nel l’interpretare l’art. 316 ter c.p., questa Corte ha chiarito che il delitto
previsto da tale disposizione si consuma nel momento in cui è realizzato
l’evento: ossia, quando l’agente, o il terzo beneficiano percepisce
materialmente l’indebita erogazione. Fino a quel momento, infatti, il delitto
può dirsi solo tentato. In altri termini, il reato di indebita percezione di
erogazioni a danno dello Stato si consuma nel momento e nel luogo in cui
l’ente pubblico eroga i contributi, i finanziamenti, o i mutui agevolati,
disponendone l’accredito sul conto corrente del soggetto che ne abbia
indebitamente fatto richiesta, perché è con l’erogazione che si verifica la
dispersione del denaro pubblico (ex plurimis, v. Cass. Sez.III, Sent. n. 6809
/2014 Rv. 262549; Sez.II, Sent. n. 48820 /2013 Rv. 257431; Sez.VI, 19 febbraio
2013, n. 12625; Sez.VI, 3 maggio 2007, n. 42637).
E tale ricostruzione si pone in linea con quanto affermato dalla Corte di
legittimità relativamente al momento consuntivo dell’analogo reato di cui

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all’art. 640 bis cod. pen., fattispecie del tutto assimilabile, quanto a tale
specifico profilo, a quella di cui all’art. 640 c.p., comma 2, n. 1).
Sul punto, la giurisprudenza di legittimiti si è da tempo assestata sulla
ricostruzione della truffa come reato a consumazione frazionata; con la
conseguenza che esso dovrebbe considerarsi integrato in tutti i suoi elementi
solo all’esito dell’ultima riscossione da parte dell’agente. Cò sul presupposto
che le condotte successive di riscossione, lungi dal connotarsi quale mero post

factum irrilevante, consistono nella reiterazione nel tempo della condotta
antigiuridica tipica, con conseguente progressivo aggravamento dell’offesa
(ex mu/tis, Cass.Sez.II, Sent.n. 26256/2007, rv. 237299). In caso di erogazioni
pubbliche suddivise in pù tranche erogate in tempi diversi, il delitto è percò
strutturato come un reato a consumazione prolungata, il cui momento
consumativo è da individuare nella cessazione dei pagamenti, perdurando il
reato fino a quando non vengano interrotte le riscossioni (ex mu/tis, sez.II, 15
dicembre 2011, n. 10822/2012; sez.II, 21 ottobre 2010, n. 40107; sez.II, 9 luglio
2010, n. 28683).
4. Ne consegue che poicté rultima percezione dellindenniti di pensione e
di accompagnamento è avvenuta nel maggio 2008, come correttamente
affermato dalla Corte d’Appello, il reato nonèad oggi prescritto.
Rilevasi, a riguardo, che la Corte, in assenza di impugnazione da parte
del pubblico ministero della declaratoria di prescrizione dei fatti commessi
fino al 23.11.2004 emessa dal giudice di primo grado, pur ritenendo
correttamente la data di consumazione del reato al momento delrultima
percezione delrindennitt in questione, si è dovuta limitare a prendere atto del
giudicato parziale della declaratoria di prescrizione da parte del primo
giudice.
5. Contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, ai fini della
valutazione del superamento o meno della soglia quantitativa (Euro 3.999,96)
al di sotto della quale, ai sensi dell’art. 316 ter c.p., comma 2, il fatto degrada
a mero illecito amministrativo, deve tenersi conto della complessiva somma
indebitamente percepita dalla prevenuta, e non di quella alla stessa
mensilmente corrisposta (v.Cass.Sez.VI, Sent. n. 11145/2010 Rv. 246693).

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indebitamente percepita dalla prevenuta, e non di quella alla stessa
mensilmente corrisposta (v.Cass.Sez.VI, Sent. n. 11145/2010 Rv. 246693).
Le ulteriori deduzioni svolte dalla ricorrente (volte a sostenere che, per
effetto della diminuzione del “visus” il ricorrente avrebbe avuto comunque
diritto ad una indennità anche se di minor entità e che pertanto l’indennità
percepita, anche se calcolata nella somma complessivamente percepita, non

investendo il merito degli accertamenti in fatto compiuti dal giudice di
merito, non censurabili in sede di legittimità.
Il superamento della soglia di rilevanza di cui al capoverso dell’art.316
ter c.p. è stato affermato sulla base delle documentate allegazioni del
rappresentante dell’INPS (v.sentenza di primo grado), e non risulta che in
sede d’appello sia stata richiesta la rinnovazione del dibattimento per
l’acquisizione di prove nuove o preesistenti non potute acquisire prima.
Il ricorso va pertanto rigettato.
Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che
rigetta il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere condannato al
pagamento delle spese del procedimento.

P.Q.M.

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Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamn to delle spese
processuali.
liberato, il 9.3.2015.
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sarebbe superiore alla soglia quantitativa in questione) sono inammissibili,

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