Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 2675 del 09/01/2014
Penale Sent. Sez. 2 Num. 2675 Anno 2014
Presidente: ESPOSITO ANTONIO
Relatore: CARRELLI PALOMBI DI MONTRONE ROBERTO MARIA
SENTENZA
sul ricorso proposto da D’Avanzo Giuseppe nato a Cosenza il 4/4/1967
avverso la sentenza del 12/6/2013 della Corte d’appello di Catanzaro;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Roberto Maria Carrelli Palombi di
Montrone;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale,
dott.ssa Elisabetta Cesqui, che ha concluso chiedendo che il ricorso venga
dichiarato inammissibile.
RITENUTO IN FATTO
1.
Con sentenza in data 12/6/2013, la Corte di appello di Catanzaro
confermava la sentenza del Tribunale di Cosenza del 27/10/2009, che aveva
condannato D’Avanzo Giuseppe alla pena di mesi sei di reclusione ed €
600,00 di multa per il reato di cui agli artt. 61 n. 11, 646 cod. pen.
1.1.
La Corte territoriale respingeva le censure mosse con l’atto d’appello,
in punto di riconosciuta responsabilità dell’imputato in ordine al reato allo
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Data Udienza: 09/01/2014
stesso ascritto ed in punto di trattamento sanzionatorio.
2.
Avverso tale sentenza propone ricorso l’imputato per mezzo del suo
difensore di fiducia, sollevando i seguenti motivi di gravame:
2.1. Inosservanza o erronea applicazione della legge penale nonché
mancanza o manifesta illogicità della motivazione, ai sensi dell’art. 606
comma 1 lett. b) ed e) cod. proc. pen. per essere stato travisato il fatto; si
lamenta che la Corte d’Appello abbia privilegiato la ricostruzione resa dai
testi dell’accusa, pur non essendovi elementi certi ed incontrovertibili, non
essendosi tenuto conto dei testi a discarico; si eccepisce la
contraddittorietà della motivazione con riguardo alla valutazione delle
sommarie informazioni rese da Vetrano Caterina risultate in netto contrasto
con le dichiarazioni rese da Spanò Nicolino.
2.2. inosservanza od erronea applicazione della legge penale ed in
particolare dell’art. 133 cod. pen. con riguardo al trattamento sanzionatorio
irrogato ed alla mancata concessione delle attenuanti generiche e
dell’attenuante di cui all’art. 62 n. 4 cod. pen., nonché violazione dell’art.
164 comma 4 cod. pen., in quanto poteva essere concessa all’imputato la
sospensione condizionale della pena.
CONSIDERATO IN DIRITTO
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Il ricorso è inammissibile in quanto basato su motivi entrambi
manifestamente infondati.
Segnatamente vengono pedissequamente
riprodotti gli argomenti prospettati nel gravame, ai quali la Corte d’appello
ha dato adeguate e argomentate risposte, esaustive in fatto e corrette in
diritto, che il ricorrente non considera e si limita a censurare
genericamente. E così, con specifico riferimento al primo motivo di ricorso,
il giudice di appello per affermare l’infondatezza della tesi difensiva in
relazione alla circostanza che l’imputato era incaricato del solo trasporto da
Marcellinara a Rende, ha infatti, con argomentazioni ineccepibili sia
logicamente che giuridicamente, evidenziato << ... in quanto risulta dal
registro di consegna sul quale la DHL provvedeva ad annotare le consegne
ai singoli vettori che il pacco in esame fu consegnato al D'Avanzo, il cui
cognome è annotato in capo al registro sotto la voce courier ... ».Tale specifica e dettagliata motivazione il ricorrente non prende nemmeno in
considerazione, limitandosi a ribadire la tesi già esposta nei motivi di
appello e confutata, con diffuse e ragionevoli argomentazioni, nella
2 2(yz- sentenza impugnata. Ed anche con riguardo al contrasto emergente fra le
dichiarazioni rese nelle indagini preliminari da Vetrano Caterina e quanto
riferito in dibattimento da Spanò Nicolino, la Corte territoriale, spendendo
argomentazioni prive di contraddittorietà o illogicità manifesta, ha
evidenziato in modo adeguato le ragioni che rendevano pienamente
credibile quanto riferito dallo Spanò, risultate coerenti con le altre risultanze
processuali.
Quanto al secondo motivo di ricorso, il giudice di appello ha ritenuto adeguata la pena determinata dal giudice di primo grado considerandola
bene perequata rispetto al reale disvalore del fatto, avendo tenuto conto
dell'entità dei fatti, dell'intensità del dolo e della personalità dell'imputato;
ha rilevato, altresì, di non potere concedere le attenuanti generiche alla luce
del precedente penale già riportato dall'imputato per il reato di ricettazione.
E sul punto, conformemente all'orientamento espresso più volte da questa
Corte, deve rilevarsi che la sussistenza di circostanze attenuanti rilevanti ai
sensi dell'art. 62-bis cod. pen. è oggetto di un giudizio di fatto e può essere
esclusa dal giudice con motivazione fondata sulle sole ragioni preponderanti
della propria decisione, di talché la stessa motivazione, purché congrua e
non contraddittoria, non può essere sindacata in Cassazione neppure quando
difetti di uno specifico apprezzamento per ciascuno dei pretesi fattori
attenuanti indicati nell'interesse dell'imputato (sez. 6 n. 42688 del
24/9/2008, Rv. 242419; sez. 2 n. 3609 del 18/1/2011, Rv. 249163). Ed
ancora, nel motivare il diniego della concessione delle attenuanti generiche
non è necessario che il giudice prenda in considerazione tutti gli elementi
favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è
sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque
rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione
(Sez. 6 n. 34364 del 16/6/2010, Rv. 248244).
Quanto alla mancata concessione, per la seconda volta, della
sospensione condizionale della pena, pur rientrando la pena irrogata nei
limiti edittali di cui all'art. 163 cod. pen., i giudici di appello, con valutazione
in fatto non censurabile in questa sede, hanno ritenuto che, in ragione della
capacità a delinquere dimostrata dall'imputato, non poteva formularsi un
giudizio prognostico favorevole sul futuro comportamento dello stesso. 4. Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi
dell'articolo 616 cod. proc. pen., la condanna dell'imputato che lo ha 3 oA7 proposto al pagamento delle spese del procedimento, nonché - ravvisandosi
profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità - al
pagamento a favore della Cassa delle ammende di una somma che, alla luce
del dictum della Corte costituzionale nella sentenza n. 186 del 2000,
sussistendo profili di colpa, si stima equo determinare in C 1.000,00 . Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 1.000,00 alla Cassa delle ammende. Così deciso, il 9 gennaio 2014 Il igliere estensore I P esidente P.Q.M.