Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 26748 del 21/05/2015


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 26748 Anno 2015
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: SCARCELLA ALESSIO

SENTENZA

Sul ricorso proposto da:
– PROFICUO SERAFINO, n. 10/09/1968 a Giulianova

avverso l’ordinanza del tribunale del riesame di TERAMO in data 3/04/2014;
visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Alessio Scarcella;
udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. S. Spinaci, che ha chiesto il rigetto del ricorso;

Data Udienza: 21/05/2015

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza emessa in data 3/04/2014, depositata in pari data, il tribunale
del riesame di TERAMO, rigettava l’istanza di riesame presentata nell’interesse
dell’indagato PROFICUO SERAFINO avente ad oggetto il sequestro preventivo
funzionale alla confisca per equivalente dei beni mobili ed immobili riferibili al
medesimo e ad altro indagato non ricorrente, fino a concorrenza dell’importo di C

omesso versamento IVA relativo al periodo di imposta 2009 (art. 10 ter, d. Igs.
n. 74 del 2000).

2. Ha proposto ricorso PROFICUO SERAFINO a mezzo del difensore fiduciario procuratore speciale cassazionista, impugnando l’ordinanza predetta con cui
deduce un unico, articolato, motivo, di seguito enunciato nei limiti strettamente
necessari per la motivazione ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen.

2.1. Deduce, con tale unico motivo, il vizio di cui all’art. 606, lett. b), cod. proc.
pen., in relazione all’art. 2639 cod. civ..
In sintesi, la censura investe l’impugnata ordinanza per aver il tribunale del
riesame confermato la configurabilità del fumus dell’ipotizzato reato nonostante
difettassero le condizioni previste dall’art. 2639 cod. civ. per riconoscere in capo
all’indagato la qualità di amministratore di fatto della società; si censura in
ricorso la circostanza che il PM avrebbe individuato tale ruolo gestorio da una
serie di elementi tratti da sommarie informazioni testimoniali (dep. Marozzi,
Ciabattoni, Giminiani, Gagliotti, Sciarretta e Samì) che avrebbero descritto lo
svolgimento, da parte dell’indagato, di attività non costituenti espressione di
un’attività di gestione societaria; diversamente, si tratterebbe di attività tipiche
si un “subalterno” espressione di meri rapporti materiali, non sovrapponentisi
con quelli, effettivamente gestori, riferibili all’amministratore di diritto, non
ricorrente; il ricorrente sostiene di essersi limitato a svolgere operazioni non
gestorie, espletando in seno alla società le funzioni di capo officina, mentre era
solo l’amministratore di diritto Sottanelli ad intrattenere rapporti con i
professionisti ed a svolgere tutti gli atti gestori, senza alcuna ingerenza ed in
piena autonomia; non si comprenderebbe, infine, la sussistenza del concorso
quale extraneus al medesimo attribuito, laddove, trattandosi di reato proprio, il
delitto in esame può essere attribuito al solo amministratore di diritto e non
all’extraneus.

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113.062,00, pari all’IVA evasa in quanto sottoposto ad indagine per il reato di

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il ricorso è manifestamente infondato.

4. Il tribunale di Teramo, quale giudice del riesame, ha ritenuto configurabile il
fumus del reato di omesso versamento IVA e, in particolare, della riferibilità al
ricorrente della condotta illecita, desumendolo da alcuni elementi puntualmente

diritto al ricorrente, ad agire in nome e per conto della società; b) esistenza di
transazioni poste in essere dal ricorrente, alcune anche pe rimporti rilevanti (si fa
riferimento all’acquisto di materiali per oltre C 16.000,00); c) configurabilità, in
ogni caso, quand’anche non si volesse attribuire la veste di amministratore di
fatto, della responsabilità del ricorrente a titolo di concorso dell’extraneus nel
reato proprio, come peraltro contestato nell’imputazione provvisoria del PM in cui
si richiama l’art. 110 cod. pen.; d) assenza di elementi in senso contrario addotti
dal ricorrente.

5. A fonte di tali elementi, il ricorrente con censure puramente contestative,
sostiene che non ricorrerebbero le condizioni per l’ascrivibilità al medesimo del
ruolo gestorio della società, poiché quanto emergente dalle dichiarazioni delle
persone informate sui fatti (trattasi di fornitori ed artigiani della società Comart
s.r.I., secondo cui gli stessi avevano trattato esclusivamente con il ricorrente e
non con l’amministratore di diritto della società), in realtà sarebbe inidoneo a
configurare il fumus del concorso del medesimo nel reato invece ascrivibile,
all’amministratore di diritto della società.
La censura è priva di pregio.
Ed invero, osserva il Collegio come è certamente configurabile il concorso nel
reato di cui all’art. 10 – ter del D.Lgs. n. 74 del 2000 di colui che – pur essendo
estraneo e non rivestendo cariche nella società a cui si riferisce la dichiarazione
fraudolenta – abbia, in qualsivoglia modo, posto in essere attività di tipo gestorio
che, in quanto tali, consentono di ritenere ascrivibile anche al medesimo la
condotta costituente illecito penale, nella specie il mancato versamento di quanto
dichiarato come dovuto a titolo id imposta sul valore aggiunto. Nella specie,
infatti, il tribunale del riesame individua una serie di elementi (tra cui, di
indubbia rilevanza, la circostanza che questi fosse legittimato in base a procura
speciale conferita dall’amministratore di diritto ad operare in nome e per conto
della società nonché le dichiarazioni dei fornitori ed artigiani che avevano
affermato di aver esclusivamente trattato con il ricorrente), da cui emergeva il
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descritti: a) esistenza di una procura speciale, conferita dall’amministratore di

ruolo gestorio di fatto del medesimo o, quantomeno, come evidenzia il tribunale
del riesame, la sua compartecipazione nel reato di omesso versamento IVA.

6. Quanto alla contestazione ex art. 2639 cod. civ., della veste di amministratore
di fatto del ricorrente, deve, anzitutto, essere ricordato che l’accertamento degli
elementi sintomatici in grado di rivelare la gestione o la cogestione della società
da parte di un amministratore di fatto è apprezzamento di merito insindacabile in

35249 del 03/04/2013 – dep. 21/08/2013, Stefanini e altro, Rv. 255767), come
nel caso in esame, seppure nella necessaria sommarietà della delibazione
imposta dalla sede cautelare; ove, invece, come pure evidenziato dal tribunale
del riesame, si ritenesse comunque che il ricorrente abbia posto in essere una
condotta di compartecipazione nell’illecito tributario, a prescindere dal ruolo di
amministratore di fatto, si osserva quanto segue.
Nell’ipotesi in cui alla realizzazione d’un reato, che esige una determinata
posizione dell’agente – giuridica o anche soltanto di fatto – concorrono altre
persone che non posseggono la qualità prescritta (c.d.

extraneus), il reato è

imputabile pur a tali altre persone, perché anche esse, benché prive della
qualificazione hanno previsto e deliberato la violazione del rapporto qualificante.
Il criterio secondo il quale non è punibile, per il principio “nullum crimen sine
lege”, il soggetto la cui condotta è richiesta, per la configurazione di un reato
plurisoggettivo improprio, non può applicarsi in modo assoluto. Deve stabilirsi
caso per caso, in base alla volontà del legislatore, se debba o meno applicarsi il
principio generale per cui chi concorre nel reato ne risponde: in particolare
occorre indagare se l’esenzione da pena del concorrente eventuale (ovviamente
non indicato nella norma) corrisponda allo scopo della norma stessa ed alle
direttive generali dell’ordinamento giuridico. Ciò non può certamente affermarsi
con riferimento al reato di omesso versamento, avendo infatti sottolineato
questa stessa Sezione la ipotizzabilità della responsabilità di chi abbia fornito un
contributo causale, materiale o morale, da valutarsi a norma dell’art. 110 cod.
pen., all’omissione della persona obbligata, al momento della scadenza, al
versamento dell’imposta dichiarata (Sez. 3, n. 12248 del 22/01/2014 – dep.
14/03/2014, P.M. in proc. Faotto e altri, Rv. 259808; Sez. 3, n. 53158 del
02/07/2014 – dep. 22/12/2014, Lombardi, Rv. 261596).

7. Il ricorso dev’essere, pertanto, dichiarato inammissibile. Segue, a norma
dell’articolo 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del
procedimento e, non emergendo ragioni di esonero, al pagamento a favore della
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sede di legittimità, qualora sostenuto da motivazione congrua e logica (Sez. 5, n.

Cassa delle ammende, a titolo di sanzione pecuniaria, di una somma che si stima
equo fissare, in euro 1000,00 (mille/00).

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese processuali e della somma di C 1.000,00 in favore della Cassa delle

Così deciso in Roma, nella sede della S.C. di Cassazione, il 21/05/2015

ammende.

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