Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 26741 del 11/03/2015


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 26741 Anno 2015
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: AMORESANO SILVIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
Robles Angela, nata a Bitonto il 10/05/1988
avverso l’ordinanza del 05/05/2014
del Tribunale di Bari
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Silvio Amoresano;
udito il P.M.,in persona del S.Proc.Gen.Umberto De Augustinis
che ha concluso,chiedendo dichiararsi inammissibile il ricorso.

Data Udienza: 11/03/2015

1.II Tribunale di Bari, con ordinanza in data 05/05/2014, rigettava la richiesta di riesame,
proposta nell’interesse di Angela Robles, indagata per i reati di cui agli artt.110 cod.pen. 181
D.L.vo 42/2004 e 110, 81 cod.pen. e 30 L.394/1991, avverso il decreto di sequestro
probatorio emesso dal P.M. preso il Tribunale di Bari in data 04/04/2014.
Premetteva il Tribunale che, in data 31/03/2014 Agenti del Servizio di Polizia provinciale di
Bari effettuavano un accertamento presso il sito in uso alla ditta “TRE.RA srl”, ricadente in
area protetta, avendo notato un continuo movimento di camion in entrata ed in uscita, nonché
la presenza di una pala meccanica per movimentazione terra.
Procedevano, quindi, al controllo della documentazione e, all’esito, sequestravano dei
bollettari relativi ai documenti di trasporto.
Il P.M. convalidava il sequestro, con decreto del 04/04/2014, al fine di assicurare le fonti di
prova, salvaguardare l’integrità della “res” e fornire riscontro materiale alle risultanze
investigative svolte.
Tanto premesso, riteneva il Tribunale che il decreto di sequestro risultasse correttamente
motivato per relationem, facendo esso riferimento al verbale di sequestro, notificato
all’interessata, da cui risultavano le ipotesi di reato per le quali la Robles era indagata.
Le finalità probatorie risultavano, poi, specificate nel decreto di sequestro.
2. Ricorre per cassazione Angela Robles, a mezzo del difensore, denunciando la violazione
di legge in relazione agli artt.125 e 354 cod.proc.pen., nonché la mancanza di motivazione.
Il Tribunale ha ritenuto sufficientemente motivato il decreto di sequestro, avendo esso
richiamato i verbali redatti dalla Polizia Provinciale di Bari.
Ma dalla lettura del verbale di sequestro non emerge alcuna utile indicazione per poter
ritenere giustificato il richiamo per relationem.
Con il secondo motivo denuncia la violazione di legge ovvero la mancanza di motivazione.
Il decreto di convalida non contiene alcuna motivazione in ordine alle finalità probatorie
giustificatrici del sequestro, utilizzandosi un prestampato in cui vengono richiamate generiche
clausole dì stile.
Non vi è, quindi, motivazione in ordine alle finalità perseguite, in concreto, con la misura
a blativa
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è manifestamente infondato.
2. Va, preliminarmente rilevato, che questa Corte si è già pronunciata, in data 18/02/2015,
su analogo ricorso proposto, avverso la medesima ordinanza del Tribunale di Bari, dal
coindagato Domenico Robles (proc. R.G. n.45020/2014), per cui è sufficiente richiamare
quanto in quella sede affermato:
3. “Va chiarito come il ricorrente non contesti, nel caso di specie, l’illegittimità della
motivazione per relationem quanto piuttosto il fatto che l’atto richiamato dal provvedimento
impugnato non contenga gli elementi necessari per giustificare la cautela, con la conseguenza
che lo stesso vizio inficia il decreto di convalida del sequestro quale provvedimento che il
richiamo opera. Peraltro il Collegio cautelare ha correttamente ricordato il principio affermato
da questa Corte in base al quale è legittimo il decreto del P.M. di convalida del sequestro
probatorio motivato mediante rinvio “per relationem” al contenuto del verbale di polizia
giudiziaria la cui copia sia stata consegnata all’indagato, non rilevando la mancata allegazione
dello stesso alla copia del decreto di convalida notificata all’indagato (Sez. 3, n. 20769 del
16/03/2010, Di Serio, Rv. 247620).
Nel caso in esame il verbale di sequestro, per fatto non controverso, era sia stato
consegnato all’indagato e sia allegato al decreto di convalida sicché l’evidente mutati° libelli,
rispetto alla doglianza mossa in sede di incidente cautelare (l’essersi cioè il ricorrente doluto
della motivazione per relationem), renderebbe già di per sé inammissibile il primo motivo di
gravame in applicazione del principio di diritto secondo il quale è inammissibile il ricorso
avverso il provvedimento del tribunale del riesame con il quale si deducono per la prima volta

2

RITENUTO IN FATTO

3.1. “Al di là di ciò, va comunque rilevato che dal verbale di sequestro operato dalla polizia
giudiziaria – allegato al decreto di convalida, quale parte integrante di esso come lo stesso
ricorrente non contesta, ed allegato altresì ai motivi del ricorso – risulta come la polizia
giudiziaria abbia accertato una contraffazione di taluni documenti di trasporto (DDT) emessi
dalla società “TRE R.A.” srl, dei quali il ricorrente era utilizzatore, ravvisando il reato di falso,
laddove il pubblico ministero ha ritenuto di configurare la violazione dei reati paesaggistici. Il
fatto storico per il quale era stato introdotto il vincolo era perciò costituto, all’evidenza, da una
contraffazione di documenti specificamente indicati nel verbale di sequestro acquisiti per
ragioni di finalità probatoria del reato di falso secondo la polizia giudiziaria e dei reati
paesaggistici secondo il pubblico ministero. Il quale ha richiamato, nel decreto di convalida del
sequestro, l’atto di polizia giudiziaria (e la circostanza che abbia mutato la qualificazione
giuridica dei reati ipotizzati costituisce evidente segno che ha anche specificamente meditato il
provvedimento precautelare e lo ha fatto proprio) ed ha indicato, tra le varie opzioni possibili
graficamente espresse nel decreto di convalida, le specifiche finalità probatorie giustificative
del vincolo. Rispetto poi all’unico vizio che, al limite, poteva inficiare il decreto di convalida,
ossia il difetto di motivazione in ordine al fumus criminis e del quale il ricorrente non si è
doluto, il tribunale cautelare ha ampiamente integrato l’atto impugnato”.
3.2. elNé può sostenersi che il pubblico ministero non abbia indicato le specifiche finalità
probatorie per la sola ragione che esse fossero enumerate in modo cumulativo e, secondo il
ricorrente, su un modulo prestampato tanto che il pubblico ministero si sarebbe semplicemente
limitato a “spuntare” alcune “voci” di esse. Questa Corte ha più volte censurato il ricorso a
prassi illegittime, soprattutto quando esse si risolvono in apparenti motivazioni che limitano
diritti personali o reali, attraverso l’uso di moduli prestampati o frasi di stile che consistono
nella pedissequa ripetizione della formula normativa. Tuttavia nel caso di specie, a parte il
fatto che l’atto nel suo complesso non è riconducibile ad un modulo prestampato in quanto la
prima pagina è interamente calibrata con scrittura meccanica ai fatti specifici oggetto del
procedimento ed alle persone ad esso interessate, va evidenziato che il solo fatto che il
pubblico ministero abbia scelto tre delle sei opzioni indicate nella seconda pagina come finalità
probatorie da perseguire e che le stesse siano perfettamente plausibili, esclude che la
fattispecie possa essere sussunta nel paradigma della motivazione apparente, dovendosi
ricordare che il sindacato sulla logicità della motivazione è precluso in materia di incidenti
cautelari reali, le cui doglianze, ex art. 325 cod. proc. pen., possono essere sollevate
esclusivamente in ordine al vizio della violazione di legge. In ogni caso, il pubblico ministero
ha ritenuto sussistenti le finalità probatorie per assicurare le fonti di prova del reato in
contestazione, per salvaguardare la loro integrità, scongiurando il pericolo di dispersione, di
modificazione o di manipolazione e di alterazione di stato in modo da renderne possibile
l’analisi e l’osservazione diretta da parte del giudice, degli eventuali periti e consulenti nonché
delle stesse parti processuali, per fornire adeguato riscontro materiale alle risultanze
investigative svolte, con specifico riferimento alle annotazioni acquisite agli atti. Si tratta, con
tutta evidenza, di finalità tutte pertinenti all’oggetto del sequestro e all’accertamento dei fatti
per i quali si procede, giacché dalla rappresentazione grafica dei documenti sequestrati, quali
corpo di reato, in relazione all’attività di osservazione svolta dalla polizia giudiziaria è possibile
ritenere o escludere che siano stati violati gli interessi paesaggistici attraverso la
disapplicazione delle autorizzazioni in precedenza eventualmente concesse”.
4. Il ricorso deve quindi essere dichiarato inammissibile, con condanna della ricorrente al
pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella
determinazione della causa di inammissibilità, al versamento a favore della cassa delle
ammende di sanzione pecuniaria che pare congruo determinare in euro 1.000,00 ai sensi
dell’art.616 cod.proc.pen.

3

violazioni di legge inerenti il provvedimento cautelare che non avevano costituito oggetto di
doglianza dinanzi allo stesso tribunale, non risultandone traccia né dal testo dell’ordinanza
impugnata, né da eventuali motivi o memorie scritte, né dalla verbalizzazione delle ragioni
addotte a sostegno delle conclusioni formulate nell’udienza camerale (Sez. 5, n. 24693 del
28/02/2014, D’Isabella, Rv. 259217; Sez. 4, n. 44146 del 03/10/2014, Parisi, Rv. 260952)”.

P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 11/03/2015
Il Presidente

Il Consigli r est.

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