Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 26723 del 04/03/2015


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 26723 Anno 2015
Presidente: TERESI ALFREDO
Relatore: DI NICOLA VITO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Montella Vincenzo, nato a Montecorvino Pugliano il 13-02-1963
avverso la ordinanza del 29-07-2014 della Tribunale della libertà di Salerno;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Vito Di Nicola;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Izzo
Gioacchino che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
udito per il ricorrente gli avvocati Gaetano Pastore e Massimo Ancarola che
hanno concluso per l’accoglimento dei ricorsi;

Data Udienza: 04/03/2015

RITENUTO IN FATTO

1. È impugnata l’ordinanza indicata in epigrafe con la quale il tribunale della
libertà di Salerno, in riforma dell’impugnata ordinanza emessa dal Gip presso il
medesimo tribunale, ha sostituito la misura cautelare degli arresti domiciliari
con quella dell’obbligo di dimora nei confronti di Vincenzo Montella (per i capi a,
c ed e), al quale si addebita il reato di associazione per delinquere (capo a) per
aver partecipato, con numerosi altri soggetti, ad un’articolata e complessa

permanente, con una precisa ripartizione dei ruoli, operante anche all’estero ed
avente, quale oggetto sociale, la commissione, in territorio italiano ed estero, di
una serie indeterminata di reati transnazionali diretti a sottrarre ingenti
quantitativi di oli minerali (in particolare oli combustibili e gasolio stimati pari a
3.366.580 kg equivalenti a 3.959.098,08 litri, di cui 142.680 kg, equivalenti a
167.792 litri, sottoposti a sequestro) all’accertamento o al pagamento dell’accisa
realizzando altresì una pluralità di reati fine per un totale di imposte evase, allo
stato accertato, pari ad euro 3.270.380.
Al ricorrente è poi contestato in via cautelare – oltre al reato associativo anche i reati (capo c ed e) previsti dagli articoli 110 codice penale, 40 e 49
decreto legislativo 504 del 1995, art. 3 legge 146 del 2006 poiché, in concorso
con altri correi, sottraeva all’accertamento o al pagamento dell’accisa sugli oli
minerali ingenti quantitativi di gasolio, provenienti dall’estero ed illecitamente
introdotto nel territorio italiano.

2.

Per la cassazione dell’impugnata ordinanza il ricorrente, tramite i

difensori, ha articolato i seguenti motivi di gravame, qui enunciati, ai sensi
dell’articolo 173 disposizione di attuazione al codice di procedura penale, nei
limiti strettamente necessari per la motivazione.
2.1. Con il primo ricorso (per avv. Pastore) il ricorrente deduce, con un
primo motivo di gravame, la nullità dell’ordinanza impugnata per violazione di
legge (art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen.) per erronea applicazione
della legge penale con riferimento all’esistenza di gravi indizi di colpevolezza in
ordine alla partecipazione all’associazione (art. 416 cod. pen.) nonché la
mancanza, la contraddittorietà e l’illogicità della motivazione su punti decisivi per
il giudizio (art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen.).
Premette che la supposta continuità degli approvvigionamenti dal gruppo
delinquenziale ha consentito ai giudici cautelari di ritenere integrata la
partecipazione del ricorrente al un sodalizio criminale da altri voluto e realizzato.
Rileva come sarebbe stato intercettato un solo colloqui con tale Pop
attraverso l’uso di un apparecchio ufficialmente nella disponibilità del ricorrente,
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organizzazione criminale, di carattere transnazionale, tendenzialmente stabile e

pur risultando che gli associati riuscissero a disporre con grande facilità di utenze
cellulari irrintracciabili, con la conseguenza che non vi sarebbe alcun elemento
dal quale dedurre che l’indagato stesso avesse contezza dell’esistenza, oltre al
suo interlocutore, di altri soggetti e del loro interesse a concludere gli affari
illeciti descritti nelle imputazioni cautelari. Neppure vi sarebbe idonea prova
cautelare che egli avesse conoscenza della trafila burocratica e amministrativa
da porre in essere artatamente per consentire l’indebito ingresso del carburante
sul suolo italiano. I collegamenti infatti con le ditte erano tenuti da altri soggetti

conoscenza nominale. Nessuna prova inoltre che egli abbia mai partecipato alla
redazione della documentazione occorrente per dare apparente rappresentazione
di liceità ai trasporti effettuati ovvero che abbia concorso alla costituzione di
società fittizie, pur probatoriannente individuate, dalle quali il prodotto era
formalmente inviato, sul suolo nazionale, o alle quali sarebbe mai dovuto
giungere. Dinanzi a tali evidenze, l’apparato motivazionale dell’ordinanza del
tribunale del riesame meramente riproduttiva dell’ordinanza cautelare, sarebbe
da censurare in quanto realmente apparente.
Con il secondo motivo deduce la nullità dell’ordinanza per erronea
applicazione della legge penale in relazione agli articoli 40 e 49 del decreto
legislativo numero 504 del 1995 e difetto di motivazione.
Assume che mai è stato rinvenuto nella disponibilità di Vincenzo Montella
carburante illecito.
2.2. Con il secondo ricorso (per avv. Ancarola) il ricorrente deduce, con un
primo motivo di gravame, la manifesta illogicità della motivazione risultante dal
testo provvedimento impugnato in ordine alla partecipazione al delitto
associativo. Si sostiene che il provvedimento impugnato risulta viziato per difetto
di motivazione laddove il tribunale cautelare ha ritenuto di confermare il
provvedimento genetico richiamandolo

per relationem scontando un vizio

motivazionale di fondo posto che la difesa, con la memoria depositata il 25 luglio
2014, aveva analiticamente contestato le conclusioni cui era giunto il Gip che
aveva, senza adeguata motivazione, accomunato la posizione dei due fratelli
Montella (Ernesto e Vincenzo), incorrendo il tribunale nel medesimo vizio nel
quale era incorsa l’ordinanza cautelare ma con la sottolineatura che il tribunale
cautelare ha omesso di motivare sui rilievi difensivi, perché, se vero che tra
ordinanza cautelare e provvedimento del riesame la motivazione
è

per relationem

certamente ammessa, tuttavia il tribunale del riesame ha l’obbligo di

rispondere specificamente alle censure mosse dal singolo ricorrente.
Con il secondo motivo lamenta la manifesta illogicità della motivazione
dell’ordinanza impugnata sul rilevo che, anche con riferimento ai reati scopo, il
provvedimento impugnato sconta il medesimo vizio motivazionale, non avendo il

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ed alcun elemento fattuale comprova che il ricorrente ne avesse anche solo la

tribunale risposto ai rilievi formulati nei confronti dell’ordinanza cautelare con la
memoria difensiva e non avendo perciò differenziato la posizione di Montella
Ernesto con quella di Montella Vincenzo.
Con il terzo motivo, collegato ai precedenti, denuncia il difetto di
motivazione per essere state le ragioni del provvedimento espresse in modo
apparente, siccome avulse dalle critiche formulate e con continui riferimenti a
fatti e personaggi diversi dal ricorrente.
Con il quarto motivo, prospetta il difetto di motivazione non avendo

memoria difensiva nei confronti dell’ordinanza cautelare.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è fondato sulla base del primo motivo del secondo ricorso,
assorbiti gli altri.

2. Alla stessa stregua di analoghe posizioni processuali scrutinate nella
medesima udienza, l’istanza di riesame proposta dal ricorrente è stata
affrontata, nell’ordinanza impugnata, con specifico riferimento alle affermazioni
contenute nel provvedimento oggetto dell’impugnazione cautelare.
All’esito, il tribunale distrettuale ha delineato la posizione del ricorrente a
pagina 17 del provvedimento impugnato quando ha affermato che “i gravi indizi
di colpevolezza a carico di Montella Vincenzo emergono dai precisi e condivisibili
contenuti espressi nella motivazione dell’impugnata ordinanza (come sintetizzati
ed integrati in precedenza e ai quali è espressamente si rinvia), da cui si desume
chiaramente la prova cautelare dei fatti ascritti a Monte//a Vincenzo; del resto, la
difesa e l’indagato non hanno offerto alcun elemento idoneo ad intaccare il
quadro indiziario delineato dall’impugnata ordinanza, atteso che dalle risultanze
(esposte in precedenza) delle intercettazioni e dei contemporanei servizi di
osservazione operati dalla polizia giudiziaria emergono in modo inequivocabile
sia la condotta criminosa ex artt. 40 e 49 decreto legislativo 504 del 1995 a lui
contestata sia il suo ruolo di partecipe dell’associazione per delinquere finalizzata
alla commissione di reati tra nsnazionali diretti a sottrarre ingentissimi
quantitativi di oli minerali all’accertamento o al pagamento dell’accisa.
Il compendio indiziario, valutato in maniera completa e coerente dal Gip,
consente quindi di affermare anche in questa sede la sussistenza dei gravi indizi
di colpevolezza nei confronti dell’odierno ricorrente Montella Vincenzo in ordine ai
suindicati delitti di cui ai capi A), C) ed E) della rubrica”.

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l’ordinanza preso posizione in relazione alle precise obiezioni formulate con la

2. Questa Corte ha univocamente affermato che, in tema di misure
cautelari, l’obbligo di motivazione non può ritenersi adempiuto qualora
l’ordinanza di riesame contenga una motivazione per relationem che si risolva
nel mero richiamo alle argomentazioni svolte nel provvedimento impugnato,
omettendo la valutazione delle doglianze contenute nella richiesta di riesame
(oppure nelle memorie all’uopo prodotte o nelle conclusioni rassegnate a verbale
all’esito dell’udienza di discussione); in tal caso, infatti, si vanifica la garanzia del
doppio grado di giurisdizione e viene meno lo stesso oggetto del procedimento di

dei rilievi svolti dall’imputato (Sez. 1, n. 43464 del 01/10/2004, Perazzolo, Rv.
231022).
Il precedente orientamento, mai contraddetto, è stato recentemente ribadito
nel senso che, in tema di impugnazione di misure cautelari personali, il giudice
del riesame, sia pure con motivazione sintetica, deve dare ad ogni deduzione
difensiva puntuale risposta, incorrendo in caso contrario, nel vizio, rilevabile in
sede di legittimità, di violazione di legge per carenza di motivazione (Sez. 5, n.
45520 del 15/07/2014, Musto, Rv. 260765).
Nel caso di specie, l’ordinanza impugnata, che si compone di 18 pagine,
riporta i capi di imputazione (da pag. 1 a pag. 5), le risultanze desunte
dall’ordinanza cautelare del Gip (da pag. 6 a pag. 15) ed affronta la posizione del
ricorrente nella parte innanzi riportata (v. sub 1. del considerato in diritto)
affermando che “del resto, la difesa e l’indagato non hanno offerto alcun
elemento idoneo ad intaccare il quadro indiziario delineato dall’impugnata
ordinanza (…)”.
Dal testo del provvedimento impugnato e dal ricorso risulta che la gravata
ordinanza, pur dando atto della presentazione (in data 25 luglio 2014) di una
memoria contenente specifiche doglianze, non ha preso specifica posizione con
riferimento alle rimostranze sollevate dall’interessato rispetto l’impugnazione
dell’ordinanza cautelare quanto alla prospettata differenziazione della posizione
del ricorrente rispetto a quella di Ernesto Montella; quanto al fatto che le
conversazioni intercettate e richiamate nella memoria depositata non
coinvolgessero il ricorrente, con la conseguenza che va annullata l’ordinanza
confermativa di un provvedimento custodiale che abbia trascurato di confutare le
specifiche deduzioni formulate in una memoria depositata dal difensore
all’udienza camerale fissata per il giudizio di riesame.
Il mancato esame delle doglianze, neppure sinteticamente riassunte nel
provvedimento impugnato e dunque sostanzialmente ignorate, e l’apodittico
rigetto di esse rendono in parte qua
mancante.

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la motivazione apparente e dunque

riesame, costituito dalla revisione critica della precedente statuizione, alla luce

Ne consegue la fondatezza del motivo di gravame, avendo il tribunale
distrettuale rigettato la richiesta di riesame e confermato l’ordinanza cautelare in
punto di gravi indizi dì colpevolezza attraverso l’esclusivo richiamo alla
motivazione contenuta nell’ordinanza impugnata, della quale ha comunque
riportato i tratti salienti, senza che tuttavia da essi la Corte abbia potuto trarre il
convincimento che le censure formulate a carico dell’ordinanza cautelare fossero
state già esaminate e disattese dal giudice che ha emesso il provvedimento
restrittivo e dunque implicitamente disattese anche dal Collegio cautelare.

sulle doglianze sollevate dal ricorrente e non esaminate.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio al tribunale di Salerno.
Così deciso il 04/03/2015

L’ordinanza impugnata va pertanto annullata con rinvio per nuovo esame

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