Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 26722 del 04/03/2015


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 26722 Anno 2015
Presidente: TERESI ALFREDO
Relatore: DI NICOLA VITO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Autuori Aldo, nato a Salerno il 21-02-1970
avverso la ordinanza del 29-07-2014 della Tribunale della libertà di Salerno;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Vito Di Nicola;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Izzo
Gioacchino che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
udito per il ricorrente

Data Udienza: 04/03/2015

RITENUTO IN FATTO

1. È impugnata l’ordinanza indicata in epigrafe con la quale il tribunale della
libertà di Salerno ha annullato il provvedimento restrittivo (limitatamente al capo
h) ed ha sostituito la misura cautelare degli arresti domiciliari con quella
dell’obbligo di dimora nei confronti di Aldo Autori (per i capi a e c), al quale si
addebita il reato di associazione per delinquere (capo a) per aver partecipato,
con numerosi altri soggetti, ad un’articolata e complessa organizzazione

con una precisa ripartizione dei ruoli, operante anche all’estero ed avente, quale
oggetto sociale, la commissione, in territorio italiano ed estero, di una serie
indeterminata di reati transnazionali diretti a sottrarre ingenti quantitativi di oli
minerali (in particolare oli combustibili e gasolio stimati pari a 3.366.580 kg
equivalenti a 3.959.098,08 litri, di cui 142.680 kg, equivalenti a 167.792 litri,
sottoposti a sequestro) all’accertamento o al pagamento dell’accisa realizzando
altresì una pluralità di reati fine per un totale di imposte evase, allo stato
accertato, pari ad euro 3.270.380.
Al ricorrente è poi contestato in via cautelare – oltre al reato associativo ed
al reato di cui al capo h) annullato dal tribunale cautelare per la mancanza delle
condizioni di applicabilità di cui all’articolo 280, comma 1, codice di procedura
penale – anche il reato (capo c) previsto dagli articoli 110 codice penale, 40 e 49
decreto legislativo 504 del 1995, art. 3 legge 146 del 2006 poiché, in concorso
con altri correi, sottraeva all’accertamento o al pagamento dell’accisa sugli oli
minerali ingenti quantitativi di gasolio, provenienti dall’estero ed illecitamente
introdotto nel territorio italiano.

2.

Per la cassazione dell’impugnata ordinanza il ricorrente, tramite i

difensori, ha articolato un unico motivo di gravame, qui enunciato, ai sensi
dell’articolo 173 disposizione di attuazione al codice di procedura penale, nei
limiti strettamente necessari per la motivazione.
Con esso deduce la violazione di legge processuale (art. 125, comma 3, cod.
proc. pen.) per mancanza assoluta della motivazione su punti decisivi per il
giudizio (art. 606, comma 1, lett. c) ed e),cod. proc. pen.).
Assume che il tribunale della libertà, nell’annullare l’ordinanza cautelare
limitatamente al reato di cui al capo h) della rubrica solo in ragione della
mancanza delle condizioni di applicabilità dell’articolo 280, comma 1, cod. proc.
pen., ha confermato la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, convalidando
l’impianto accusatorio già condiviso dal Gip. Il tribunale, riparandosi in premessa
dietro al concetto della reciproca integrazione dell’ordinanza del tribunale della
libertà e dell’ordinanza cautelare del Gip, avrebbe, secondo il ricorrente,

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criminale, di carattere transnazionale, tendenzialmente stabile e permanente,

confezionato una motivazione identica per tutti gli indagati, evitando
accuratamente di esaminare la posizione di ciascuno alla luce delle critiche
rivolte verso il provvedimento impugnato rappresentate nella memoria del 25
luglio 2014, formalmente citata nel provvedimento impugnato ma di fatto
ignorata.
La asettica condivisione dei contenuti espressi nell’ordinanza del Gip si
risolve, in sostanza, in una motivazione apparente avendo il tribunale cautelare
affermato che la difesa non aveva prodotto alcun elemento idoneo ad intaccare il
per tabulas,

secondo il

ricorrente, anche attraverso la indicazione in ricorso degli elementi addotti nel
grado precedente e riportati nel gravame non già per invocare un sindacato di
merito del giudice di legittimità ma al solo fine di sostenere il motivo di ricorso in
termini di autosufficienza circa il dedotto vizio di motivazione.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è fondato.

2. La posizione del ricorrente è affrontata, nell’ordinanza impugnata, con
specifico riferimento alle affermazioni contenute nel provvedimento oggetto
dell’istanza di riesame.
All’esito, il tribunale cautelare ha delineato la posizione del ricorrente a
pagina 16 del provvedimento impugnato quando ha affermato che “i gravi indizi
di colpevolezza a carico di Autuori Aldo in ordine ai suindicati delitti di cui ai capi
A), C) della rubrica emergono dai precisi e condivisibili contenuti espressi nella
motivazione dell’impugnata ordinanza (come sintetizzati ed integrati in
precedenza e ai quali è espressamente si rinvia), da cui si desume chiaramente
la prova cautelare dei fatti ascritti ad Autuori Aldo; del resto, la difesa e
l’indagato non hanno offerto alcun elemento idoneo ad intaccare il quadro
indiziario delineato dall’impugnata ordinanza, atteso che dalle risultanze (esposte
in precedenza) delle intercettazioni e dei contemporanei servizi di osservazione
operati dalla polizia giudiziaria emergono in modo inequivocabile sia la condotta
criminosa ex artt. 40 e 49 decreto legislativo 504 del 1995 a lui contestata sia il
suo ruolo di partecipe dell’associazione per delinquere finalizzata alla
commissione di reati transnazionali diretti a sottrarre ingentissimi quantitativi di
oli minerali all’accertamento o al pagamento dell’accisa.
Il compendio indiziario, valutato in maniera completa e coerente dal Gip,
consente quindi di affermare anche in questa sede la sussistenza dei gravi indizi
di colpevolezza nei confronti dell’odierno ricorrente Autuori Aldo in ordine ai
suindicati delitti di cui ai capi A) e C) della rubrica”.

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quadro indiziario, approdo motivazionale smentito

2. Questa Corte ha univocamente affermato che, in tema di misure
cautelari, l’obbligo di motivazione non può ritenersi adempiuto qualora
l’ordinanza di riesame contenga una motivazione per relationem che si risolva
nel mero richiamo alle argomentazioni svolte nel provvedimento impugnato,
omettendo la valutazione delle doglianze contenute nella richiesta di riesame
(oppure nelle memorie all’uopo prodotte o nelle conclusioni rassegnate a verbale
all’esito dell’udienza di discussione); in tal caso, infatti, si vanifica la garanzia del
doppio grado di giurisdizione e viene meno lo stesso oggetto del procedimento di

dei rilievi svolti dall’imputato (Sez. 1, n. 43464 del 01/10/2004, Perazzolo, Rv.
231022).
Il precedente orientamento, mai contraddetto, è stato recentemente ribadito
nel senso che, in tema di impugnazione di misure cautelari personali, il giudice
del riesame, sia pure con motivazione sintetica, deve dare ad ogni deduzione
difensiva puntuale risposta, incorrendo in caso contrario, nel vizio, rilevabile in
sede di legittimità, di violazione di legge per carenza di motivazione (Sez. 5, n.
45520 del 15/07/2014, Musto, Rv. 260765).
Nel caso di specie, l’ordinanza impugnata, che si compone di 16 pagine,
riporta i capi di imputazione (da pag. 1 a pag. 9), le risultanze desunte
dall’ordinanza cautelare del Gip (da pag. 9 a pag. 15) ed affronta la posizione del
ricorrente nella parte innanzi riportata (v. sub 1. del considerato in diritto)
affermando che “del resto, la difesa e l’indagato non hanno offerto alcun
elemento idoneo ad intaccare il quadro indiziario delineato dall’impugnata
ordinanza (…)”.
Dal testo del provvedimento impugnato e dal ricorso risulta che la gravata
ordinanza, pur dando atto della presentazione (in data 25 luglio 2014) di una
memoria contenente specifiche doglianze, non ha preso specifica posizione con
riferimento alle rimostranze sollevate dall’interessato rispetto l’impugnazione
dell’ordinanza cautelare e cioè circa il fatto che l’identificazione del ricorrente,
quale persona menzionata dall’Attanasio e dal Pop nella conversazione del 12
novembre 2013, fosse del tutto arbitraria e presuntiva, costituendo una
intuizione investigativa totalmente errata; circa il fatto dell’inesistenza di altre
conversazioni (diverse da una precedente intercettazione del 19 settembre 2013,
ritenuta peraltro favorevole alla posizione del ricorrente); circa il fatto che talune
conversazioni fanno riferimento non al ricorrente ma a tale Autuori Antonio il
quale, in quanto non compiutamente identificato, non sarebbe stato attinto dalla
misura cautelare avendo il Gip rigettato la richiesta del pubblico ministero; circa
il fatto che l’informativa finale di polizia giudiziaria non si occuperebbe affatto
della posizione del ricorrente, mai citandolo, con la conseguenza che va
annullata l’ordinanza confermativa di un provvedimento custodiate che abbia
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riesame, costituito dalla revisione critica della precedente statuizione, alla luce

trascurato di confutare le specifiche deduzioni formulate in una memoria
depositata dal difensore all’udienza camerale fissata per il giudizio di riesame.
Il mancato esame delle doglianze, neppure sinteticamente riassunte nel
provvedimento impugnato e dunque sostanzialmente ignorate, e l’apodittico
rigetto di esse rendono

in parte qua

la motivazione apparente e dunque

mancante.
Ne consegue la fondatezza del motivo di gravame, avendo il tribunale
distrettuale rigettato la richiesta di riesame e confermato l’ordinanza cautelare in

motivazione contenuta nell’ordinanza impugnata, della quale ha comunque
riportato i tratti salienti, senza che tuttavia da essi la Corte abbia potuto trarre il
convincimento che le censure formulate a carico dell’ordinanza cautelare fossero
state già esaminate e disattese dal giudice che ha emesso il provvedimento
restrittivo e dunque implicitamente disattese anche dal tribunale cautelare.
L’ordinanza impugnata va pertanto annullata con rinvio per nuovo esame
sulle doglianze sollevate dal ricorrente e non esaminate.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio al tribunale di Salerno.
Così deciso il 04/03/2015

punto di gravi indizi di colpevolezza attraverso l’esclusivo richiamo alla

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