Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 26715 del 14/01/2015


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 26715 Anno 2015
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: GENTILI ANDREA

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
DURANTE Giuseppe, nato a Nardò (Le) il 7 gennaio 1948;

avverso l’ordinanza del Tribunale di Lecce, Sezione del riesame, del 19 maggio
2014;

letti gli atti di causa, la ordinanza impugnata e il ricorso introduttivo;

sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. Andrea GENTILI;

sentito il PM, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. Aldo POLICASTRO,
il quale ha concluso chiedendo la dichiarazione di inammissibilità del ricorso;

sentiti, altresì, per il ricorrente l’avv. Antonio SAVOIA, del foro di Lecce, e Giovanni
ARICO’ del foro di Roma, che hanno insistito per l’accoglimento del ricorso.

Data Udienza: 14/01/2015

RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Lecce, con ordinanza del ìO gidne 20

,

ha rigettato

l’appello proposto da Durante Giuseppe, indagato in un procedimento per
violazione dell’art. 44, comma 1, lettera c), del dPR n. 380 del 2001, avverso
l’ordinanza con la quale il locale Gip aveva respinto la richiesta di revoca del
sequestro disposto a carico del complesso turistico denominato Riva degli
angeli.

che fosse stato emanato dal Comune di Porto Cesareo un nuovo PUG in
quanto tale provvedimento non era certamente idoneo a sanare gli interventi
edilizi viziati ab origine.
Neppure si poteva aderire alla richiesta di revoca parziale del sequestro in
quanto, stante la natura permanente del reato di lottizzazione abusiva
contestato, la libera disponibilità anche solo delle parti già ultimate del
complesso edilizio potrebbe consentire lo svolgimento di opere di
ristrutturazione che aggraverebbero gli effetti pregiudizievoli del reato.
Ha proposto ricorso per cassazione il Durante deducendo la illegittimità
del provvedimento nella parte in cui in esso non si tiene conto del fatto che le
norme tecniche di attuazione del PUG di Porto Cesareo avrebbero ora
consentito lo svolgimento delle opere edilizie contestate.
Ad avviso del ricorrente il provvedimento, in quanto riguardante l’intero
complesso in questione e non la sola parte ancora oggetto di interventi
edificatori, si porrebbe in contrasto anche col principio di proporzionalità che
anche in tema di misure cautelari reali deve ritenersi immanente al sistema.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso, risultato infondato non è, pertanto, meritevole di accoglimento.
Giova ribadire, come già peraltro fatto dal Tribunale di Lecce nella
ordinanza ora oggetto di scrutinio da parte di questa Corte, che il
provvedimento di sequestro preventivo del complesso turistico denominato
Riva degli angeli già è stato oggetto di riesame, ai sensi dell’art. 309 cod.
proc. pen., da parte del Tribunale salentino che, con ordinanza del 11 ottobre
2013, ebbe a respingere la richiesta formulata dalla difesa dell’attuale
ricorrente; tale ordinanza è stata poi confermata da questa Corte con la
sentenza n. 25182 del 2014, depositata in data 13 giugno 2014.
Nelle more della pubblicazione della sentenza or ora citata la difesa del
Durante ha presentato al Gip di Lecce una istanza di dissequestro, anche solo
parziale, del complesso immobiliare ovvero di subordine di concessione della
facoltà d’uso del medesimo.

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In particolare il Tribunale ha rilevato come fosse dato irrilevante il fatto

Essendo stata siffatta istanza respinta dal Gip il Durante la ha appellata di
fronte al Tribunale di Lecce che, con la ordinanza ora in esame ha rigettato
l’appello.
Di fronte a questa Corte il Durante, ricorrendo avverso l’ordinanza di
rigetto del descritto appello, ha dedotto la illegittimità della medesima nella
parte in cui in essa si è ritenuto che la possibilità prevista all’art. 2.5.2.10
delle norme tecniche di attuazione del nuovo PUG di Porto Cesareo di

dovesse essere intesa come riferita alle sole strutture ricettive legittimamente
edificate, sanate o sanabili.
Quale ulteriore motivo di lagnanza il Durante ha dedotto la ingiustificata
protrazione del sequestro sull’intera area del complesso edilizio,
evidenziandosi in tale modo l’evidente sproporzione fra gli effetti dell’atto
impugnato e le sue finalità cautelari; d’altra parte, aggiungeva il ricorrente, la
approvazione del nuovo PUG da parte del Comune di Porto Cesareo dovrebbe
sicuramente incidere positivamente nel senso della revoca del sequestro
stante la evidente manifestazione di volontà da parte del detto Comune di
riconoscere,

ex post,

la conformità degli interventi realizzati alle nuove

previsioni urbanistiche.
Ambedue le doglianze non appaiono condivisibili.
Con riferimento alla prima, osserva la Corte che, per costante
giurisprudenza di legittimità, l’eventuale sopravvenienza di strumenti di
pianificazione urbanistica che modifichino il preesistente regime edificatorio
dei suoli non è fattore idoneo a rimuovere la illegittimità penale delle
eventuali condotte già poste in essere in contrasto con la preesistente
disciplina urbanistica.
Ha, infatti, chiarito questa Corte che in tema di reati urbanistici, la
sanatoria degli abusi edilizi idonea ad estinguere il reato di cui all’art. 44 del
dPR n. 380 del 2001, non ammettendo termini o condizioni, deve riguardare
l’intervento edilizio nel suo complesso e può essere conseguita solo qualora
ricorrano tutte le condizioni espressamente indicate dall’art. 36 del dPR cit. e,
precisamente, la doppia conformità delle opere alla disciplina urbanistica
vigente sia al momento della realizzazione del manufatto, che al momento
della presentazione della domanda di sanatoria, dovendo escludersi la
possibilità di una legittimazione postuma di opere originariamente abusive
che, solo successivamente, in applicazione della cosiddetta sanatoria
“giurisprudenziale” o “impropria”, siano divenute conformi alle norme edilizie
ovvero ai sopravvenuti strumenti di pianificazione urbanistica (Corte di

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aumentare del 20% la volumetria esistente nelle strutture ricettive esistenti,

cassazione, Sezione III penale, 18 novembre 2014, n. 47402; idem Sezione
III penale, 21 giugno 2007, n. 24451).
D’altra parte la originaria illiceità degli interventi edilizi compiuti nel
tempo all’interno del complesso turistico denominato Riva degli angeli è stata
ampiamente testimoniata dalla sentenza di questa Corte, richiamata anche
dalla difesa del Durante, con la quale è stata rigettata la impugnazione della
ordinanza reiettiva del riesame ex art. 309 cod. proc. pen. del provvedimento

questa Corte ebbe a ritenere che “in buona sostanza, le opere realizzate
dovevano ritenersi assolutamente incompatibili con la destinazione urbanistica
della zona e, sin dall’origine, finalizzate a realizzare un ampio complesso
residenziale che è stato abusivamente e progressivamente ampliato”.
Ritenere, come parrebbe fare il ricorrente, che l’intervenuta modificazione
degli strumenti urbanistici adottati in sede locale possa valere a recuperare a
legittimità tutti i manufatti che, realizzati in contrasto con la disciplina vigente
al momento della loro edificazione, si trovino per avventura ad essere
conformi a quella sopravvenuta, equivarrebbe ad attribuire non al legislatore,
tantomeno a quello nazionale, ma all’amministratore locale il potere (che, si
badi, per essere legittimamente utilizzato dal legislatore nazionale deve
essere dominato dal carattere della eccezionalità, come più volte sottolineato
dalla Corte costituzionale: cfr. sentenze n. 196 del 2004 e n. 256 del 1996) di
adottare sostanziali misure di condono edilizio territorialmente circoscritte, i
cui effetti, difficilmente preventivabili, sarebbero certamente pesantemente
pregiudizievoli sull’ordinato assetto del territorio.
Quanto al secondo motivo di impugnazione, col quale è lamentata la
conservazione del sequestro sull’intero complesso aziendale, osserva il
Collegio che, come perspicuamente rilevato già con la sentenza n. 25182 del
2014, il reato contestato al Durante, consistente in una lottizzazione abusiva,
è un reato nel quale le diverse attività che ne costituiscono la condotta non
esauriscono ciascuna di esse il complesso percorso criminoso, in quanto
questo si protrae attraverso lo sviluppo degli interventi successivi che, a mano
a mano, incidono sempre più profondamente sull’assetto urbanistico dei
luoghi.
Per effetto di questa condivisibile ricostruzione, deve ritenersi che il reato
fosse tuttora flagrante sino alla esecuzione dell’ultimo degli edifici facenti
parte del piano lottizzatorio ovvero delle necessarie infrastrutture ad essi
serventi.
In ragione di tale particolare struttura del reato, che condivide col reato
permanente la diutumitas mentre differisce da esso in ragione del progressivo
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di sequestro preventivo emesso dal Gip di Lecce; in quella sede, infatti,

aggravarsi nel tempo della lesione al bene tutelato per effetto del passaggio
da uno stadio all’altro della condotta, correttamente il Tribunale di Lecce ha
ritenuto, in considerazione della essenziale unitarietà della vicenda criminosa
e del suo oggetto materiale, non frazionabile il sequestro (che si ricorda è
stato disposto ai sensi del primo comma dell’art. 321 cod. proc. pen.), posto
che il pericolo di prosecuzione anche di una sola fase del programma
lottizzatorio potrebbe aggravare gli effetti dell’intero ed unitario progetto

Parimenti ineccepibile il rigetto della subordinata richiesta di consentire
l’uso al ricorrente dei beni sottoposti a sequestro, posto che la materiale
disponibilità di essi costituirebbe obbiettiva facilitazione alla prosecuzione dei
lavori e all’inasprimento della lesione derivante della attività criminosa.
Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento
delle spese processuali.
PQM
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 14 gennaio 2015
Il Consigliere es ensore

Il Presidente

criminoso.

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