Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 26714 del 14/01/2015


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 26714 Anno 2015
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: GENTILI ANDREA

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
TEDOLDI Daniele, nato a Poviglio (Re) il 19 dicembre 1959;

avverso l’ordinanza del Tribunale di Lecce, Sezione del riesame, del 15 aprile 2014;

letti gli atti di causa, la ordinanza impugnata e il ricorso introduttivo;

sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. Andrea GENTILI;

sentito il PM, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. Aldo POLICASTRO,
il quale ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;

sentito, altresì, per il ricorrente l’avv. Vincenzo CRIMI’, del foro di Enna, in
sostituzione dell’avv. Arturo BALZANI, del foro di Lecce, che ha insistito per
l’accoglimento del ricorso.
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Data Udienza: 14/01/2015

RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Lecce, con ordinanza del 15 aprile 2014, ha confermato il
provvedimento di sequestro preventivo disposto dal Gip di quello stesso
Tribunale in data 28 febbraio 2014 a carico di un immobile sito in Castrignano
del Capo, così rigettando la impugnazione avverso detto provvedimento
proposta da Tedoldi Daniele, indagato in un procedimento per violazione
dell’art. 44, comma 1, lettera c), del dPR n. 309 del 1990 nonché per la

In particolare il Tribunale ha rilevato che, sebbene dovesse considerarsi
non più in vigore l’art. 51, lettera g), della legge regionale n. 56 del 1980,
stante l’intervenuta adozione da parte della Regione Puglia del PUTTP, tuttavia
l’intervento edilizio oggetto di sequestro non poteva ritenersi validamente
realizzato in quanto il permesso a costruire in base al quale esso era stato
assentito era stato emesso in violazione delle disciplina regolante la materia
del cosiddetto asservimento; in particolare era risultato che il terreno la cui
volumetria edificabile era stata trasferita tramite il predetto istituto al lotto
ove era stato realizzato l’immobile di cui alla imputazione provvisoria, non era
contiguo a tale secondo lotto.
Ha proposto ricorso per cassazione il Tedoldi deducendo la illegittimità del
provvedimento nella parte in cui in esso si fonda non su di una espressa
illegittimità del permesso a costruire rilasciatogli in quanto esso sarebbe in
contrasto con norme legislative ma sulla sua asserita contrarietà a
orientamenti giurisprudenziali non formalizzati.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondata e, pertanto, esso deve essere rigettato.
Il ricorrente fonda le sue doglianze sulla pretesa illegittimità della
ordinanza emessa in sede cautelare dal Tribunale di Lecce e nella quale la
conferma del decreto di sequestro impugnato è motivata, secondo il ricorrente,
non sulla base di un parametro legale ma esclusivamente sulla base del
contrasto esistente fra il permesso a costruire rilasciatogli dal Comune di
Castrignano del Capo e taluni precedenti giurisprudenziali.
Rileva il Collegio che l’unico punto su cui è motivata la ordinanza
impugnata e che, pertanto, merita di essere in questa sede, anche alla luce
delle doglianze contenute nel ricorso del Tedoldi, attiene alla corretta o meno
applicazione della normativa, nonché degli orientamenti giurisprudenziali
formatisi in materia, in tema di asservimento.
Deve, infatti, essere ricordato, in punto di ricostruzione della vicenda, che
il dante causa dell’odierno ricorrente aveva ottenuto dal Comune di Castrignano
del Capo un permesso a costruire, successivamente volturato al Tedoldi, per la
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violazione di altre norme paesaggistiche.

realizzazione su di un fondo di sua proprietà di un fabbricato rurale composto
da un’abitazione ed un locale deposito; a tal fine, onde realizzare una cubatura
superiore a quella consentitagli dal solo lotto di terreno ove la costruzione
doveva essere eseguite, l’originario dante causa dell’attuale ricorrente aveva
asservito a detto fondo un altro fondo, al precedente non confinante onde
conseguire il complessivo ammontare di volumetria astrattamente assentibile di
circa 150 mc.

rammenta che come è noto l’istituto dell’asservimento o meglio come definito
anche in sede normativa (cfr. art. 5, comma 1, lettera c, del decreto legge n.
70 del 2011, convertito con modificazioni, in legge n. 106 del 2011) della
cessione di cubatura è istituto di fonte negoziale, la cui legittimità è stata
ripetutamente avallata in sede giurisprudenziale (per tutte si vedano: Corte di
cassazione, Sezione II civile, 24 settembre 2009, n. 20623; Consiglio di Stato,
Sezione IV, 15 febbraio 2001, n. 731; idem Sezione V, 28 giugno 2000, n.
3636; idem Sezione V, 28 giugno 2000, n. 3637), in forza del quale è
consentita, a prescindere dalla comune titolarità dei due terreni, la “cessione”
della cubatura edificabile propria di un fondo in favore di altro fondo, cosicché,
invariata la cubatura complessiva risultante, il fondo cessionario sarà
caratterizzato da un indice di edificabilità superiore a quello originariamente
goduto.
Tale meccanismo, tuttavia, onde evitare la facile elusione dei vincoli posti
alla realizzazione di manufatti edili in funzione della corretta gestione del
territorio, è soggetto a determinate condizioni delle quali le principali, rilevanti
nella presente vicenda, sono costituite: a) dall’essere i terreni in questione se
non precisamente contermini, quanto meno dotati del requisito della reciproca
prossimità; b) dall’essere i medesimo caratterizzati sia dalla omogeneità
urbanistica, avere cioè tutti la medesima destinazione, sia dalla medesimezza
dell’indice di fabbricabilità originario.
E’, infatti, evidente che in assenza delle predette condizioni, attraverso
l’utilizzazione del predetto strumento, astrattamente pienamente legittimo,
sarebbe possibile realizzare scopi del tutto estranei ed anzi confliggenti con le
esigenze di corretta pianificazione del territorio.
Ciò, a mero scopo esemplificativo, si potrebbe verificare laddove si
ritenesse legittima la “cessione di cubature” fra terreni fra loro distanti,
potendosi in tal modo realizzare per un verso una situazione di “affollamento
edilizio” in determinate zone (quelle ove sono ubicati i fondi cessionari) e di
carenza in altre (ove sono situate i terreni cedenti), con evidente pregiudizio
per l’attuazione dei complessivi criteri di programmazione edilizia contenuti
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Così ricostruita, per una sua migliore intelligenza, la vicenda, il Collegio

negli strumenti urbanistici; pregiudizio ancora più manifesto ove fosse
consentita la “cessione di cubatura” fra terreni aventi diversa destinazione
urbanistica ovvero diverso indice di edificabilità; è, infatti, evidente che ove
fosse consentito l’asservimento di un terreno avente un indice di fabbricabilità
più vantaggioso di quello proprio del terreno asservente, ovvero avente una
diversa destinazione, le esigenze di pianificazione urbanistica che avevano
presieduto alla scelta amministrativa di differenziare gli indici di edificabilità

inevitabilmente insoddisfatte.
Nel caso di specie, come rilevato dal Tribunale di Lecce e non contestato
dal ricorrente, i terreni implicati nelle operazioni edilizie che hanno portato
alla adozione del contestato provvedimento cautelare – pur caratterizzati dalla
medesima destinazione urbanistica – sono situati in zone tali che gli stessi non
solo non sono fra loro confinanti ma appaiono essere anche sensibilmente
distanti l’uno dall’altro, come logicamente evincibile dal fatto che sono
rappresentati nel catasto del Comune di Castrignano del Capo in fogli di
mappa del tutto differenti (l’uno a foglio 4, l’altro a foglio 14).
E’, pertanto, evidente che attraverso l’asservimento dell’un terreno ad un
altro si è conseguito l’effetto di stravolgere il criterio di distribuzione delle
volumetria edificabili sul territorio contenuto negli strumenti urbanistici, con
palese compromissione delle finalità che siffatti strumenti perseguivano.
Ciò posto, rileva il Collegio che non può assolutamente convenirsi col
ricorrente, secondo il quale non potrebbe affermarsi, neppure in questa sede
delibativa, la illegittimità della avvenuta cessione di cubatura fra terreni fra
loro non contigui in assenza di una espressa disciplina che la vieti.
E’, infatti, compito proprio dell’interprete (id est: della giurisprudenza)
colmare l’eventuale lacuna normativa rilevata e, nel caso di specie, siffatta
lacuna non può essere colmata se non riscontrando l’abusività dell’utilizzo del
predetto strumento negoziale ove esso sia grossolanamente volto, appunto,
alla elusione dei principi e delle regole in materia di pianificazione edilizia.
E’, d’altra parte, palese che siffatta abusività vada a ridondare,
quantomeno in questa sede cautelare, in senso negativo sulla legittimità del
permesso a costruire in tal modo rilasciato al dante causa dell’odierno
ricorrente da Comune di Castrignano del Capo.
E’, pertanto, pienamente condivisibile la decisione assunta dal Tribunale
di Lecce nel ritenere sussistenti nel caso sottoposto al suo esame gli estremi de/
fumus commissi delicti tali da giustificare ampiamente il mantenimento del
sequestro preventivo disposto dal locale Gip.

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dei due fondi, ovvero la loro stessa destinazione, rimarrebbero

Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle
spese processuali.
PQM
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 14 gennaio 2015
Il Presidente

Il Consigliere est nsore

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