Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 26710 del 05/03/2015


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 26710 Anno 2015
Presidente: TERESI ALFREDO
Relatore: DI NICOLA VITO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Natalicchio Maria Concetta, nata a Foggia il 03-12-1988
avverso la sentenza del 11-10-2013 della corte di appello di Bari;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Vito Di Nicola;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Gabriele
Mazzotta che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio limitatamente alla
conversione della pena e alla continuazione. Rigetto nel resto;
udito per il ricorrente

Data Udienza: 05/03/2015

RITENUTO IN FATTO

1. Maria Concetta Natalicchío ricorre per cassazione impugnando la sentenza
indicata in epigrafe con la quale la Corte di appello di Bari ha confermato la
pronuncia resa dal tribunale di Foggia con la quale la ricorrente era stata
condannata alla pena, condizionalmente sospesa e con il beneficio della non
menzione, di mesi uno, giorni venti di reclusione ed euro 250,00 di multa per il
reato previsto dall’articolo 2 della legge 11 novembre 1983 n. 638 per aver

operate sulle retribuzioni corrisposte ai lavoratori dipendenti nei periodi da marzo
2006 al luglio 2007 per un complessivo importo di euro 5944,00.

2.

Per la cassazione dell’impugnata sentenza la ricorrente, tramite il

difensore ha articolato quattro motivi di gravame, sostenuti anche con memoria
difensiva, qui enunciati, ai sensi dell’articolo 173 disposizioni di attuazione al
codice di procedura penale, nei limiti strettamente necessari per la motivazione.
2.1. Con il primo motivo la ricorrente deduce la mancanza, l’illogicità e la
contraddittorietà della motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza del dolo e
quindi dell’affermata responsabilità dell’imputata (articolo 606, comma 1, lettera
e), codice di procedura penale) sul rilievo che la lettera di diffida dell’Inps del 10
aprile 2009, che aveva dato luogo alla contestazione del presente processo,
conteneva l’indicazione di tre mensilità dell’anno 2006, mensilità che la
ricorrente riteneva di avere già pagato con il modello F24 del 10 febbraio 2008
dell’importo di € 8.633,00 e relativo agli anni 2005 2006.
2.2. Con il secondo motivo la ricorrente lamenta l’erronea applicazione della
legge penale in relazione all’articolo 62 n. 6 codice penale nonché l’illogicità e la
contraddittorietà della motivazione (articolo 606, comma 1, lettere b) ed e),
codice di procedura penale) avendo la Corte territoriale negato la concessione
dell’attenuante del risarcimento del danno sull’erroneo presupposto che

il

pagamento di quanto dovuto sarebbe avvenuto dopo l’instaurazione del giudizio,
con ciò riconoscendo l’avvenuto pagamento dei contributi ma negando che esso
potesse avere efficacia ai fini dell’invocata attenuante perché avvenuto “dopo
l’instaurazione del giudizio”.
Assume la ricorrente che il principio affermato dalla Corte territoriale
sarebbe giuridicamente errato perché la norma prevede che il risarcimento del
danno avvenga “prima del giudizio”, cioè prima della sentenza e di conseguenza
ammette l’applicazione dell’attenuante anche quando il risarcimento sia stato
eseguito nel corso del giudizio.

2

omesso di versare all’Inps di Foggia le ritenute previdenziali ed assistenziali

2.3. Con il terzo motivo la ricorrente denuncia l’erronea applicazione della
legge penale e la mancanza, la contraddittorietà e l’illogicità della motivazione
(articolo 606, comma 1, lettere b) ed e), codice di procedura penale) in ordine al
rigetto della richiesta di conversione della pena detentiva nella corrispondente
sanzione pecuniaria avendo la Corte territoriale erroneamente ed
immotivatamente ritenuto l’inammissibilità della richiesta perché proposta
“tardivamente e cioè soltanto con i motivi di appello” laddove non esiste altro
momento, oltre all’appello, nel quale le parti possano proporre tutte le loro

2.4. Con il quarto motivo la ricorrente prospetta il difetto di motivazione
(articolo 606, comma 1, lettera e), codice di procedura penale) in ordine alla
richiesta di applicazione della disciplina del reato continuato tra i fatti oggetto del
giudizio con quelli, di identico contenuto e per lo stesso reato, giudicati dallo
stesso tribunale di Foggia con sentenza definitiva numero 1097 del 1 aprile
2011, richiesta formulata nei motivi di appello nuovi del 25 luglio 2013.
In ordine a tale richiesta, nella sentenza impugnata non vi è alcuna
motivazione neppure di merito e di semplice rigetto del motivo.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è fondato per quanto di ragione sulla base del terzo motivo.

2. Il primo motivo è manifestamente infondato.
Dal testo della sentenza impugnata, non smentita da una specifica censura
sul punto, emerge come dalla stessa compilazione del modello F24 non
risultassero corrisposte le mensilità contestate con l’imputazione elevata nei
confronti della ricorrente nel presente procedimento.

3. Anche il secondo motivo è manifestamente infondato sul presupposto che
non rileva minimamente, nel caso di specie, la questione circa il limite
cronologico per beneficiare della concessione dell’attenuante del risarcimento del
danno (art. 62 n. 6 cod. pen.) in quanto, in tema di omesso versamento delle
ritenute previdenziali ed assistenziali (art. 2, D.L. 12 settembre 1983, n. 463,
conv. con mod. in L. 11 novembre 1983, n. 638), il semplice versamento dei
contributi omessi effettuato prima del giudizio non rende configurabile
l’attenuante del risarcimento del danno, non soltanto perché non dimostra la
spontaneità del versamento, ben potendo lo stesso essere effettuato a seguito di
messa in mora del debitore da parte dell’istituto, ma anche perché l’integralità
del versamento non coincide con l’ammontare dei contributi, dovendosi
computare gli interessi e le spese eventualmente sostenute dall’istituto per il

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richieste e conclusioni difensive, anche se non formulate in precedenza.

recupero del credito, incombendo comunque sull’imputato l’onere di fornire
elementi idonei a dimostrare la spontaneità, l’effettività e l’integralità del
risarcimento (Sez. 3, n. 47340 del 15/11/2007, Arbuatti e altro, Rv. 238616;
Sez. 3, n. 16483 del 04/03/2010, Pagano, Rv. 246766).

4. Manifestamente infondato è anche il quarto motivo.
Ai fini dell’applicazione del reato continuato tra i fatti di cui al presente
procedimento e quelli già asseritamente passati in giudicato, va detto che dal

medesimi fatti.
La stessa sentenza prodotta dal difensore non recava l’attestazione del
passaggio in giudicato.
E’ vero che sul punto la Corte di appello ha omesso qualsiasi motivazione,
ma va ricordato che è inammissibile, per carenza d’interesse, il ricorso per
cassazione avverso la sentenza di secondo grado, che non abbia preso in
considerazione un motivo di appello, che risulti ab origine inammissibile per
manifesta infondatezza, in quanto l’eventuale accoglimento della doglianza non
sortirebbe alcun esito favorevole in sede di giudizio di rinvio (Sez. 2, n. 10173
del 16/12/2014, dep. 11/03/2015, Bianchetti, Rv. 263157).
Nel caso di specie, dalla stessa allegazione difensiva risultava la circostanza
che la sentenza, prodotta per invocare la continuazione dei reati, non era
passata in giudicato; né il Giudice avrebbe potuto attivare i poteri officiosi,
posto che dal certificato penale non risultava alcuna condanna in tal senso.

5. È invece fondato il terzo motivo di gravame.
La ricorrente, con i motivi di appello, si era doluta specificamente del fatto
che la pena detentiva non fosse stata sostituita con la corrispondente pena
pecuniaria, avendo dedotto (pag. 3 dei motivi di appello) come il fatto contestato
fosse di minima entità e quindi “il primo Giudice avrebbe dovuto contenere la
pena nel minimo edittale di legge e convertirla in pena pecuniaria (…)”.
La Corte territoriale ha dunque errato nel ritenere la richiesta di conversione
tardiva.
Peraltro, anche in seno alla giurisprudenza di legittimità, sulla controversa
questione circa la concedibilità d’ufficio da parte del giudice d’appello
dell’applicazione di sanzioni sostitutive, è stato anche affermato che, una volta
che, come nel caso in esame, sia stato devoluto il punto relativo al trattamento
sanzionatorio al giudice d’appello, a quest’ultimo deve comunque riconoscersi il
potere discrezionale di intervenire sulla pena, e quindi anche di concedere di
ufficio, nei congrui casi, la sanzione sostitutiva, della cui mancata applicazione va
data idonea motivazione, qualora di essa vi sia stata esplicita richiesta da parte
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certificato penale in atti nulla risultava circa le precedenti condanne per i

dell’imputato (Sez. 6, n. 786 del 12/12/2006, dep. 16/01/2007, Moschino, Rv.
235608).
Va infine chiarito che la sostituzione della pena detentiva con la
corrispondente pena pecuniaria è compatibile con il beneficio della sospensione
condizionale della pena (Sez. 3, n. 46458 del 22/10/2009, Mbengue, Rv.
245618).
Ne consegue che la sentenza impugnata va annullata con rinvio ad altra
sezione della Corte di appello di Bari limitatamente la conversione della pena

applicazione va data idonea motivazione, in presenza di esplicita richiesta di
applicazione da parte dell’imputato.
Il ricorso va dichiarato inammissibile nel resto.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla conversione della pena
detentiva con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Bari.
Dichiara inammissibile il ricorso nel resto.
Così deciso il 05/03/2015

detentiva nella corrispondente sanzione sostitutiva, della cui eventuale mancata

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