Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 26709 del 14/01/2015


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 26709 Anno 2015
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: GENTILI ANDREA

SENTENZA
Sul ricorso proposto da:

LEONE Dario, nato a Salemi (Tp) il 20 maggio 1977;

avverso la sentenza n. 523/2014 Sent. della Corte di appello di Palermo, del 4
febbraio 2014;

letti gli atti di causa, la sentenza impugnata e il ricorso introduttivo;

sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. Andrea GENTILI;

sentito il PM, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. Aldo POLICASTRO,
il quale ha concluso chiedendo la dichiarazione di inammissibilità del ricorso.

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Data Udienza: 14/01/2015

RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Palermo ha sostanzialmente confermato la sentenza
con la quale il Tribunale di Sciacca aveva condannato alla pena di giustizia
Leone Dario, avendolo riconosciuto responsabile del reato di cui all’art. 2 del
di n. 463 del 1983, convertito con modificazioni con legge n. 638 del 1983,
riformando la predetta sentenza esclusivamente con riferimento alla
sospensione condizionale della pena, che, in accoglimento del gravame del

Ha proposto ricorso per cassazione il Leone, deducendo, in sintesi, il vizio
della sentenza di appello, non avendo tenuto conto la Corte territoriale del
fatto che non era stata raggiunta la prova della avvenuta corresponsione dei
corrispettivi da parte del ricorrente ai propri dipendenti, elemento questo
necessario ai fini della integrazione del reato, e che, comunque, la sua
omissione non era sostenuta da un adeguato elemento soggettivo come
evidenziato dal fatto che, una volta venuto materialmente a conoscenza della
circostanza che l’ente previdenziale gli aveva contestato la omissione
contributiva, cosa che si era verificata con notevole ritardo rispetto al
pervenimento della detta comunicazione presso la sua residenza e comunque
oltre il termine trimestrale concessogli per sanare le inadempienze, egli aveva
provveduto a versare, almeno in parte, quanto da lui dovuto.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso, risultato infondato, non è, pertanto, meritevole di accoglimento.
Rileva, infatti, la Corte che in base alla sua inveterata giurisprudenza,
sebbene sia vero che ai fini della integrazione del reato de quo è necessario
che il soggetto tenuto al versamento dei contributi previdenziali ne abbia
trattenuto comunque il relativo importo, poi evidentemente non versato
all’ente competente, dalle retribuzioni corrisposte ai propri dipendenti, che,
tuttavia, l’avvenuta prova di tale corresponsione è pianamente desumibile
dal contenuto dei cosiddetti modelli DM 10 che il datore di lavoro
periodicamente trasmette, anche tramite strumenti informatici, all’ente
previdenziale.
E’, infatti, principio più volte ribadito da questa Corte che in materia di
omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali operate dal
datore di lavoro, l’onere incombente sul pubblico ministero di dimostrare
l’avvenuta corresponsione delle retribuzioni ai lavoratori dipendenti è assolto
con la produzione del modello DM 10, con la conseguenza che grava
sull’imputato il compito di provare, in difformità dalla situazione
rappresentata nelle denunce retributive inoltrate, l’assenza del materiale

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Leone, concedeva.

esborso delle somme (Corte di cassazione Sezione III penale, 19 febbraio
2014, n. 7772; idem, Sezione III penale, 16 aprile 2010, n. 14839).
La Corte palermitana ha, pertanto, fatto corretta applicazione del
ricordato e consolidato orientamento giurisprudenziale nel ritenere
raggiunta, attraverso la produzione della sopraindicata documentazione, la
prova della corresponsione da parte del Leone delle retribuzioni ai propri
dipendenti, operazione questa cui, incontestastamente, non ha però fatto

ritenute previdenziali operate su dette retribuzioni.
Con riferimento al secondo motivo di ricorso – col quale il Leone, in
sostanza, lamenta il fatto che la comunicazione con la quale l’INPS gli aveva
partecipato l’avvenuto accertamento della omissione contributiva non era
stata ricevuta da lui personalmente, sicché, data la derivante incertezza sulla
sussistenza a suo carico dell’elemento soggettivo del reato in discorso, non
sarebbe stato possibile affermare la sua penale responsabilità – rileva il
Collegio la evidente inconferenza dell’assunto difensivo.
Deve, infatti, precisarsi che, in linea di principio la comunicazione da
parte dell’INPS dell’avvenuto accertamento della omissione previdenziale
operato nei confronti del soggetto tenuto al versamento non è certamente
elemento necessario ai fini della integrazione in capo all’omittente
dell’elemento soggettivo del reato in questione, dovendo il datore di lavoro
interessato dall’obbligo contributivo essere a priori ben consapevole dei suoi
doveri e, quindi, a prescindere dalla comunicazione a lui indirizzata
dell’avvenuto accertamento della riscontrata omissione.
A ben vedere, infatti, se si dovesse aderire alla tesi del ricorrente la
omissione contributiva diventerebbe tale, cioè consapevole inadempimento
di una prestazione dovuta, solo dopo la ricezione dell’avviso di
accertamento, con le derivanti conseguenze, che qui si indicano a mero titolo
di esempio, ai fini della decorrenza della prescrizione ovvero della legge
applicabile, ratione temporis, laddove si verifichi una successione di leggi nel
tempo.
Esso diversamente da quanto ritenuto dal ricorrente è, invece, elemento
che va ad incidere solo sulla punibilità della di già verificatasi omissione,
essendo detta punibilità condizionata dall’inutile decorrere del termine di tre
mesi dalla avvenuta ricezione da parte dell’interessato della ricordata
contestazione.
La tesi del ricorrente è, peraltro, anche errata con riferimento al caso di
specie in quanto, a prescindere dal soggetto che materialmente riceva la
comunicazione inviata dall’Ente previdenziale, essa, conformemente alla
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seguito, come da rubrica elevata ai danni del ricorrente, il versamento delle

previsione contenuta nell’art. 1335 cod. civ., si reputa conosciuta dal suo
destinatario sin dal momento in cui essa raggiunge l’indirizzo di quest’ultimo,
laddove il destinatario non provi di essere stato, senza sua colpa, nella
impossibilità di riceverla.
Anche in questo caso pertanto la censura del ricorrente non ha colto nel
segno, mentre immune da vizi ne è risultata sul punto la impugnata
sentenza della Corte di appello di Palermo che ha ritenuto tardivo, e quindi

integrale, dei contributi intervenuto oltre il termine di tre mesi dalla ricezione
presso la sede della Società amministrata dal ricorrente dell’accertamento
della avvenuta omissione contributiva.
Al rigetto del ricorso presentato dal Leone segue la sua condanna al
pagamento delle spese processuali.

PQM
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso in Roma, il 30 ottobre 2014

ininfluente sulla integrazione del reato, il pagamento, peraltro neppure

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