Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 2670 del 25/11/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 2670 Anno 2014
Presidente: ESPOSITO ANTONIO
Relatore: VERGA GIOVANNA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CARRI PIERANGELO N. IL 02/12/1948
avverso la sentenza n. 2163/2011 CORTE APPELLO di BRESCIA, del
15/06/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 07/11/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GIOVANNA VERGA
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
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che ha concluso per i

Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv.

Data Udienza: 25/11/2013

MOTIVI DELLA DECISIONE
Con sentenza del 15 giugno 2012 la Corte di appello di Brescia decidendo a seguito di rinvio
dalla Corte di Cassazione (sentenza numero 23110 del 2011) ribadiva la responsabilità per il
delitto di falsa testimonianza di Carri Pierangelo, mediatore immobiliare, che nella causa civile
promossa da Nicoli Ennio contro Scozzaro per la risoluzione di un contratto di comodato,
avente ad oggetto un terreno concesso agli Scozzaro per usi agricoli, aveva affermato che il
terreno al momento della sua deposizione non era più limitato da rete e che Nicoli Ennio aveva

Ricorre per cassazione Carri Pierangelo deducendo per la sentenza impugnata è incorsa in:
1. vizio della motivazione, omessa decisione su un punto decisivo della controversia;
omessa valutazione delle risultanze istruttorie. Rileva che la corte di cassazione con la
sentenza di annullamento aveva evidenziato come la circostanza della permanenzaa o
meno di un pezzo residuo della recinzione in plastica e l’eliminazione di quella metallica
incideva sull’accertamento della falsità del dichiarato e sull’atteggiamento soggettivo del
dichiarante, posto che la completezza o meno del manufatto aveva rilevanza sulla
funzionalità della stessa come recinzione e, quindi, sulla percezione dei fatti, avuta
presente dal dichiarante nel momento della sua testimonianza. Sostiene che la corte
d’appello arriva ancora alla declaratoria di responsabilità apparentemente seguendo un
diverso percorso ma che non prescinde dalla valutazione, ancora una volta errata e
contraddittoria, delle dichiarazioni dei testi (Nicoli Ennio e Nicoli Mauro) e nell’errata o
quanto meno non compiuta valutazione della valenza e portata della causa civile
promossa dal Nicoli medesimo per la restituzione del terreno. In ordine alla mancata
eliminazione della recinzione la corte territoriale affonda la propria decisione sulla
affermazioni di testi non disinteressati e che hanno reso deposizioni contraddittorie.
Inoltre i giudici d’appello non si soffermano con la dovuta attenzione sulle fotografie dei
luoghi. In particolare la corte d’appello non valuta nè dirimeme la questione, né dà sul
punto una motivazione approfondita e convincente se la completezza o meno del
manufatto incide sulla funzionalità della stessa come recinzione e quindi sulla
percezione dei fatti da parte del dichiarante, rilevante ai fini dell’accertamento
dell’elemento soggettivo in capo all’imputato. Contraddittorio è anche l’assunto dei
giudici in ordine al contenuto e alla portata della difesa degli acquirenti nella causa
civile;
2. violazione di legge vizio della motivazione omessa decisione su un punto decisivo della
controversia; omessa valutazione delle risultanze istruttorie. Lamenta che la corte
d’appello ancora una volta con motivazione contraddittoria oltre che erronea non ha
seguito i rilievi mossi dalla corte di cassazione in relazione alla frase incriminata: Nicoli
Ennio aveva autorizzato la recinzione dell’area. Ancora una volta la falsità di tale

autorizzato la recinzione dell’area in precedenza.

dichiarazione si basa sulle dichiarazioni di Nicoli Mauro e Nicoli Ennio che sono stati
smentiti sul punto dal teste Bellini;
3. erronea applicazione dell’articolo 372 codice penale sussistenza del cosiddetto vero
soggettivo. Evidenzia che la mancata contestazione da parte di Nicoli Ennio per un
lungo periodo di tempo e la circostanza che lo Scozzaro aveva riferito al Carri di essere
stato autorizzato alla recinzione porta a ritenere sussistente il convincimento in capo
all’imputato della sussistenza dell’autorizzazione
4. violazione di legge erronea applicazione dell’articolo 372, omessa motivazione in ordine

Il ricorso è manifestamente infondato.
Nella sentenza di annullamento della precedente decisione dei giudici d’appello si legge che la
Corte aveva desunto la falsità della dichiarazione del Carri ( che aveva assistito le parti, circa
un anno prima in una trattativa che aveva portato gli Scozzaro ad acquistare da Nicoli Ennio
una casa per abitazione ed ad ottenere in comodato un appezzamento di terreno da adibire ad
orto, cui secondo il venditore, sarebbe seguita una abusiva recinzione) dalla testimonianza in
tal senso resa dal venditore e dalla inconciliabilità della autorizzazione con la successiva
pretesa di restituzione. Tale ultima asserzione di implausibilità appariva però basata non su un
dato certo, nemmeno facendo riferimento alle nozioni di comune esperienza, ma su una mera
opinione, che era contraddetta, in quanto tale, dall’opposto rilievo che nulla impediva l’assenso
alla recinzione, trattandosi di un fondo destinato ad essere adibito ad orto, tanto più che il
Nicoli era insorto contro il manufatto ben oltre un anno dopo la sua collocazione.
Secondo i giudici del giudizio rescindente illogico era ancor di più il collegamento con la
testimonianza del Nicoli, le cui ragioni di oscurità, giustificate con l’età tarda, venivano
superate proprio con riferimento all’inizio del procedimento civile, senza considerare che la
causa petendi era comunque quella della restituzione del fondo, tenuto in comodato e perciò
richiedibile al comodatario ad libitum, a prescindere dall’esistenza di opere sullo stesso.
Quanto, poi, al secondo punto di falsità della testimonianza, la motivazione dei giudici d’appello
non si era confrontata con il rilievo che il fondo fosse recintato sia con rete metallica che in
plastica, sicché l’immagine fotografica, relativa alla esistenza di quest’ultima, poteva provare
solo il permanere di un pezzo residuo e la già avvenuta eliminazione della prima. Tale
considerazione, secondo i giudici di legittimità meritava approfondimento, riservato al giudice
di merito, perché incideva sull’accertamento della falsità del dichiarato e sull’atteggiamento
soggettivo del dichiarante, posto che la completezza o meno del manufatto incideva sulla
funzionalità della stessa come recinzione e, quindi, sulla percezione dei fatti, avuta presente
dal dichiarante nel momento della sua testimonianza.
Il giudizio rescissorio si è confrontato con i temi indicati. In particolare è stato affermato che al
di là della scarsa chiarezza delle foto scattate nel 2000 da Niccoli Mauro la deposizione di
quest’ultimo era stata sostanzialmente confermata da quella resa dal teste Raineri Giovanni,

all’elemento soggettivo.

soggetto non coinvolto nella vicenda civilistica, che aveva confermato di aver accompagnato
l’avvocato Niccoli due volte, su sua richiesta, nei luoghi di cui si discute per effettuare delle
fotografie. Nella prima occasione, nel 1999 aveva potuto vedere “un immobile con delle
recinzioni che fuoriuscivano” e nella seconda, primavera del 2000, aveva notato la stessa cosa
seppure da una posizione più distante. Aveva altresì precisato che la rete era in parte
arancione e in parte verde. Il giudice d’appello con una valutazione in fatto argomentata anche
attraverso altri elementi probatori ha ritenuto le testimonianze di Niccoli Mario e Raineri
Giovanni maggiormente credibili rispetto alle affermazione del Carri (che aveva affermato:

a una significativa modifica nel frattempo intervenuta, posto che aveva appena ricordato che
“l’area in questione era stata in precedenza delimitata con una siepe in plastica rossa da
cantiere”), le cui dichiarazioni non hanno trovato alcun concreto riscontro, non potendo
considerarsi tale quanto da lui stesso eventualmente dichiarato (e non verbalizzato in sede di
testimonianza) circa la permanenza di un piccolo pezzo di rete. I giudici di secondo grado
ritenevano importante anche quanto indicato dal giudice di primo grado secondo il quale se
davvero la recinzione fosse stata veramente e per la maggior parte tolta la difesa degli
Scozzaro lo avrebbe sicuramente eccepito nella causa civile dove il Miccoli si era
espressamente lamentato dell’occupazione abusiva del terreno e della recinzione collocata
sull’intera area goduta dagli Scozzaro , chiedendo tra l’altro la condanna dei convenuti a
rilasciare l’aria con rimozione delle recinzioni.
Con riguardo all’altro punto del giudizio rescissorio i giudici d’appello hanno ritenuto che la
falsità della dichiarazione testimoniale dell’imputato secondo cui il Niccoli Ennio aveva
autorizzato la recinzione dell’area andava fondata non tanto sulle deduzioni contenute nella
prima sentenza d’appello, oggetto di critica da parte della suprema corte, bensì più
semplicemente, così come aveva ritenuto la sentenza di primo grado, sulle attendibili
testimonianze dei testi Niccoli Mauro che aveva riferito che suo padre gli aveva sempre detto di
non avere mai autorizzato le recinzioni, né di avere stipulato accordi successivi
all’instaurazione della causa e di Niccoli Ennio che sul punto in questione si era espresso in
maniera chiara e categorica negando di avere mai autorizzato gli Scozzaro a recintare
l’immobile. Secondo i giudici d’appello non essendoci ragioni per ritenere non attendibili dette
testimonianze doveva concludersi che tale recinzione non fosse mai stata autorizzata
Ciò detto deve rilevarsi che le doglianze avanzate nei motivi di ricorso sono manifestamente
infondate posto che con le stesse il ricorrente sostanzialmente si limita a prospettare soluzioni
diverse da quella cui è pervenuto il giudice di appello la cui decisione, come indicato, non
appare in alcun modo affetta da vizi di legittimità ed è improntata ad una corretta ed integrale
valutazione dei dati acquisiti e sottoposti al suo esame.
Le deduzioni del ricorrente circa pretese carenze motivazionali risultano prive di pregio, avendo
la corte distrettuale esaurientemente dato conto, anche in virtù del continuo e puntuale
richiamo degli elementi a contrario, dei criteri cui ha informato il giudizio di merito in ordine

[1/

“attualmente il terreno non è più cintato dalla rete”, con ciò intendendo evidentemente riferirsi

alla valutazione degli elementi probatori utilizzati che l’hanno portata ad una conferma della
pronuncia di condanna.
Non sono pertanto fondati i motivi del ricorso perché il ricorrente non svolge una critica logicodeduttiva dell’apprezzamento degli elementi di prova, ne’ censura la violazione di regole
inferenziali preposte alla formazione del convincimento del giudice, ma piuttosto insiste sulla
propria, diversa, verità processuale aderente alla tesi difensiva che non può essere delibata in
sede di legittimità, allorquando la struttura razionale del discorso giustificativo nella sentenza
impugnata abbia assolto in modo corretto, l’obbligo della motivazione richiestogli, riproducendo

rescindente, mostrando non soltanto di aver preso atto delle argomentazioni e della ratio
decidendi della sentenza del Supremo Collegio, ma di aver questa fatta propria
ragionevolmente, giustificando il proprio convincimento secondo lo schema di motivazione
indicato nella sentenza di annullamento, con una sua chiara e puntuale coerenza
argomentativa, dando conto di avere valutato le tesi difensive nel rispetto delle regole della
logica e delle massime di comune esperienza e di essere pervenuta alla sussistenza del reato
valutandone tutti i presupposti: oggettivi e soggettivi.
Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000,00 in favore della Cassa delle
Ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condannaci/i ricorrente al p amento delle spese processuali
e della somma di Euro 1000,00 in favore della Cassa delle Am ende.
Così deliberato in Roma il 25.11.2013

e richiamando nella propria decisione gli elementi essenziali della motivazione della Corte

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