Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 2669 del 25/11/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 2669 Anno 2014
Presidente: ESPOSITO ANTONIO
Relatore: VERGA GIOVANNA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PILI GIAN PAOLO N. IL 23/12/1955
avverso la sentenza n. 1029/2009 CORTE APPELLO di CAGLIARI,
del 10/12/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 07/11/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GIOVANNA VERGA
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.L…o,. ■-vyyl
che ha concluso per ìe
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Udito, per la parte civile, l’Avv
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Uditi difensor Avv.

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441

Data Udienza: 25/11/2013

MOTIVI DELLA DECISIONE

Ricorre per cassazione Pili Gian Paolo avverso la sentenza della Corte d’appello di Cagliari del
10.12.2012 che ha confermato la sentenza del locale tribunale che in data 22 aprile 2009 lo
aveva condannato per violazione degli articoli 640 codice penale e 498 codice penale.
Deduce che la sentenza impugnata è incorsa in:
1. vizio della motivazione sostiene che da quanto ritenuto nella stessa sentenza deve
ritenersi pacifico che la parte offesa fosse a conoscenza già dai primi giorni di giugno
del 2005 della illeicità delle operazioni poste in delle dall’imputato e che quindi il
termine di proposizione della querela decorre da tale data essendo del tutto irrilevante,
diversamente da quello ritenuto dai giudici di merito il fatto che la condotta contestata
sia proseguita nei mesi successivi. La querela è stata presentata solo il 14 ottobre 2005
e quindi oltre i termini di legge;
2. violazione di legge in relazione all’articolo 124 comma uno codice penale. Contesta la
valutazione operata dalla corte territoriale circa la consumazione del reato con
conseguente decorrenza del termine per presentare la querela dal momento del
protesto di ciascun assegno.
La Parte Civile depositava memoria con la quale chiedeva il rigetto del ricorso e la liquidazione
delle spese.
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, giacché i motivi in esso dedotti sono
manifestamente infondati e ripropongono le stesse ragioni già discusse e ritenute infondate dal
giudice del gravame, dovendosi gli stessi considerare, per di più, non specifici. La mancanza di
specificità del motivo, invero, dev’essere apprezzata non solo per la sua genericità, come
indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla
decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione, questa non potendo
ignorare le esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio di aspecificità,
conducente a mente dell’art. 591 cod. proc. pen., comma primo, lett. c), all’inammissibilità.
Sulla manifesta infondatezza, in particolare, del motivo, diretto a sostenere la tardività della
querela deve rilevarsi che l’atteggiamento univoco della dottrina, rispecchiato dalla
giurisprudenza ha richiesto sempre che il termine trimestrale decorra solo dal momento in cui
il titolare del relativo diritto abbia piena conoscenza del fatto in tutte le sue componenti, in
modo che il suo processo valutativo possa permettere una consapevole determinazione in
ordine alla proposizione o meno della querela. In sintesi quello che il legislatore ha richiesto
con la previsione di cui al primo comma dell’articolo 124 è una piena consapevolezza del
soggetto in ordine alle ragioni sottostanti alla propria richiesta di punizione, non ritenendo
sufficienti una situazione soggettiva di mero dubbio o sospetto. Deve aggiungersi che in tema
di querela, posto che è principio generale del nostro ordinamento processuale quello per cui la
prova dei fatti negativi non può essere data, mentre può essere data quella del fatto positivo
contrario, l’onere della prova dell’intempestività incombe su chi la allega e a tal fine non è
I

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sufficiente affidarsi a semplici presunzioni o supposizioni, ma deve essere fornita una prova
contraria rigorosa. Del resto, poiché il termine per la presentazione della querela decorre dal
momento in cui la conoscenza del fatto da parte della persona offesa è certa, l’eventuale
incertezza circa il momento di tale conoscenza deve essere interpretata a favore del querelante
Nel caso in esame i giudici di merito si sono attenuti a tali principi e con una valutazione in
fatto incensurabile in questa sede hanno ritenuto non tardiva la querela presentata.
Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000,00 in favore della Cassa delle

spese dalla stessa sostenute liquidate in complessivi euro 2500,00 oltre Iva e cpa
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
e della somma di Euro 1000,00 in favore tell..Casa delle Ammende, condanna il ricorrente
ai) I CL, DQJYY1
alla rifusione in favore della parte civile elle spese dalla stessa sostenute liquidate in
complessivi euro 2500,00 oltre Iva e cpa.
Così deliberato in Roma il 25.11.2013

Ammende. Il ricorrente deve essere condannato alla rifusione in favore della parte civile delle

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