Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 26670 del 22/05/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 26670 Anno 2015
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: RAMACCI LUCA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
FERRUA GIANCARLO N. IL 22/11/1937
avverso la sentenza n. 296/2014 CORTE APPELLO di CAGLIARI, del
08/07/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUCA RAMACCI;

Data Udienza: 22/05/2015

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Ritenuto:

— che la Corte di appello di Cagliari, con sentenza dell’8/7/2014 ha confermato la sentenza con la
quale il Tribunale di quella città, in data 5/11/2013 aveva affermato la responsabilità penale di
FERRUA Giancarlo per il reato di cui agli articoli 81 cod. pen. e 2, comma ibis legge 638\83;

— che, nella specie, risulta accertato che il predetto aveva omesso il versamento all’INPS delle
ritenute previdenziali operate sulle retribuzioni corrisposte ai lavoratori e che tale circostanza era
stata ritenuta dimostrata, dai giudici di merito, in base al contenuto dei modelli DM 10;
— che la questione dedotta in punto di rapporto di specialità tra diverse disposizioni risulta non
dedotta nei motivi di appello e prospettata per la prima volta in questa sede;
— che l’effettiva corresponsione delle retribuzioni ai lavoratori dipendenti, a fronte di un’imputazione
di omesso versamento delle relative ritenute previdenziali ed assistenziali, può essere provata sia
mediante il ricorso a prove documentali (nella specie, i cosiddetti modelli DM/10 trasmessi dal
datore di lavoro all’INPS) e testimoniali, sia mediante il ricorso alla prova indiziaria ((Sez. III n.
14839, 16 aprile 2010; Sez. III n. 46451, 2 dicembre 2009; Sez. III n. 26064, 6 luglio 2007). Per ciò
che concerne, in particolare,i modelli DM/10 si è ulteriormente chiarito che essi hanno natura
ricognitiva della situazione debitoria del datore di lavoro e la loro presentazione equivale
all’attestazione di aver corrisposto le retribuzioni in relazione alle quali è stato omesso il versamento
dei contributi (Sez. III n.37145, 10 settembre 2013)
— che le censure concernenti asserite carenze argomentative sui singoli passaggi della ricostruzione
fattuale dell’episodio e dell’attribuzione dello stesso alla persona dell’imputato non sono proponibili
nel giudizio di legittimità, quando la struttura razionale della decisione sia sorretta, come nella
specie, da logico e coerente apparato argomentativo, esteso a tutti gli elementi offerti dal processo, e
il ricorrente si limiti sostanzialmente a sollecitare la rilettura del quadro probatorio, alla stregua di
una diversa ricostruzione del fatto, e, con essa, il riesame nel merito della sentenza impugnata;
— che la richiesta di diminuzione della sanzione in misura pari al minimo edittale non può essere
proposta al giudice di legittimità;
— che il ricorso, conseguentemente, deve essere dichiarato inammissibile e alla declaratoria di
inammissibilità — non potendosi escludere che essa sia ascrivibile a colpa del ricorrente (Corte Cost.
7-13 giugno 2000, n. 186) — segue l’onere delle spese del procedimento, nonché quello del
versamento, in favore della Cassa delle ammende, della somma, equitativamente fissata, di euro
1.000,00
P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento
e della somma di euro 1.000,00 (mille/00) alla Cassa delle ammende.
Così deliberato in ROMA, nella camera di consiglio del 22/5/2015
Deposi-1-AT”

— che avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, deducendo violazione di
legge e vizio di motivazione;

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