Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 26657 del 21/05/2015
Penale Ord. Sez. 7 Num. 26657 Anno 2015
Presidente: SAVANI PIERO
Relatore: PALLA STEFANO
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
GIGANTE VINCENZO N. IL 27/04/1975
avverso la sentenza n. 21795/2013 CORTE APPELLO di NAPOLI, del
01/04/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. STEFANO PALLA;
Data Udienza: 21/05/2015
Gigante Vincenzo ricorre avverso la sentenza 1.4.14 della Corte di appello di Napoli che ha
confermato quella in data 26.8.13 del locale tribunale con la quale è stato condannato, per i reati di
concorso in tentato furto aggravato in esercizio pubblico e violazione di domicilio aggravata,
unificati ex art. 81 cpv. c.p. e ritenuta la contestata recidiva, alla pena di anni tre di reclusione ed €
800,00 di multa.
comma 1, lett.b),d), e) c.p.p. per non essere stata considerata la effettività della desistenza
volontaria e/o recesso,
sentenza di secondo grado riportata alle argomentazioni di quella del tribunale.
Inoltre, non erano state concesse le attenuanti generiche, per rapportare la pena alla effettività del
reato, né quelle di cui agli artt.62 n.4 e 625-bis c.p., nonostante la non gravità del danno.
Osserva la Corte che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, sia per la sua sostanziale
aspecificità, sia perché manifestamente infondato, dal momento che i giudici territoriali, con
motivazione del tutto congrua ed immune da vizi di illogicità, hanno evidenziato come l’azione
delittuosa intrapresa sia stata interrotta dall’imputato solo per l’intervento delle Forze dell’ordine,
non certo per la volontaria desistenza del Gigante.
Quest’ultimo — hanno rimarcato i giudici di appello — con la sua condotta ha recato danni di non
modesta entità, con conseguente infondatezza delle doglianze in ordine alle invocate attenuanti
mentre, con riferimento al trattamento sanzionatorio, del tutto legittimamente sono state negate le
attenuanti generiche in considerazione dei precedenti anche specifici dell’imputato, trattandosi di
parametro considerato dall’art.133 c.p. ed applicabile anche ai fini di cui all’art.62-bis c.p.
Alla inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende che reputasi equo determinare in
€1.000,00.
Deduce il ricorrente, nel chiedere l’annullamento dell ‘impugnata sentenza, violazione dell’art.606,
P .Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e
della somma di e 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Roma, 21 maggio 2015