Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 2665 del 25/11/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 2665 Anno 2014
Presidente: ESPOSITO ANTONIO
Relatore: VERGA GIOVANNA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
BONFIRRARO SALVATORE N. IL 24/01/1967
avverso la sentenza n. 581/2010 CORTE APPELLO di
CALTANISSETTA, del 17/01/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 07/11/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GIOVANNA VERGA
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. („GLAA.- )- -;
che ha concluso per
2

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 25/11/2013

MOTIVI DELLA DECISIONE

Ricorre per cassazione Bonfirraro Salvatore avverso la sentenza della corte d’appello di
Caltanissetta che ha confermato la sentenza del tribunale di Ravenna che lo ha condannato per
ricettazione di un telefono cellulare da lui ricevuto dal figlio minorenne che lo aveva preso in
violazione dell’articolo 647 codice penale.
A fondamento del ricorso deduce che la sentenza impugnata è incorsa in:
1. vizio della motivazione per avere il giudice di secondo grado richiamato le medesime

valutazione;
2. violazione di legge e vizio della motivazione anche per travisamento della prova.
Sostiene l’insussistenza dell’elemento soggettivo del reato considerato che non era
intenzione del ricorrente trattenere il telefonino come evidenziato dagli atti processuali.
In particolare il giudice di secondo grado ha ignorato che nel caso di specie il figlio
aveva consegnato il telefono al padre per il legame familiare sussistente tra i due;
3. violazione di legge e vizio della motivazione. Il giudice di secondo grado non ha tenuto in
considerazione che la parte offesa ha rimesso la querela;
4. violazione di legge per mancata applicazione dell’articolo 110 con riferimento al reato di
appropriazione indebita evidenzia che risulta dagli atti che il figlio appena rinvenuto il
telefonino ha chiamato il padre

Il ricorso è fondato alla luce delle seguenti considerazioni.
Il fatto, secondo le argomentazioni espresse nelle sentenze di merito, deve meglio essere
qualificato come concorso nel reato di appropriazione indebita commessa dal figlio minore. E’
incontestato che Bonfirraro Alessandro ha chiamato il padre con lo stesso telefonino oggetto
di contestazione per ragguagliarlo del fatto che l’aveva rinvenuto ed evidentemente per
sapere cosa farne, considerato il tenore della frase nell’occasione pronunciata dall’imputato:
“poi vedremo”. Il reato si perfeziona con l’interversio possesionis ,vale a dire con il momento in
cui l’autore abbia compiuto un atto di dominio sia esso di consumazione o di alienazione della
cosa,con la volontà espressa o implicita di tenere questa come propria, consumazione che nel
caso di specie si è realizzata solo dopo che il padre, con le parole espresse, ha rafforzato il
proposito criminoso già presente nel comportamento del figlio. Deve aggiungersi che non
esclude il dolo, consistente nella coscienza e volontà di usare la cosa come propria, il proposito
del soggetto attivo di restituire la cosa in quanto, a parte la incertezza di realizzazione di un
simile proposito, esso si traduce in un’intenzione che si proietta su una fase successiva
la consumazione del reato, la quale si verifica, trattandosi di reato istantaneo, nel momento in
cui l’agente compie l’atto di disposizioni uti domini con la volontà espressa o implicita di usare
la cosa di cui ha il possesso come se fosse propria.

1

Lv

considerazioni del primo giudice senza un approccio critico e senza alcuna autonomia di

Considerata la intervenuta rimessione di querela la sentenza impugnata deve essere annullata
senza rinvio per estinzione del reato. Le spese devono essere poste a carico del querelato.
P.Q.M.
Qualificato il fatto come concorso nel reato di cui all’articolo 647 odice penale annulla senza
rinvio la sentenza impugnata perché estinto il reato per remissio e di querela. Spese a carico
del querelato

Così deliberato in Roma il 25.11.2013

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