Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 26644 del 21/05/2015
Penale Ord. Sez. 7 Num. 26644 Anno 2015
Presidente: SAVANI PIERO
Relatore: SAVANI PIERO
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE
DI MACERATA
nei confronti di:
VITA LUIGI N. IL 21/12/1959
JOMMI FRANCO N. IL 20/12/1960
avverso la sentenza n. 908/2011 GIUDICE UDIENZA PRELIMINARE
di MACERATA, del 02/07/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. PIERO SAVANI;
Data Udienza: 21/05/2015
IN FATTO E DIRITTO
Con la sentenza in epigrafe il Giudice dell’Udienza preliminare del Tribunale di Macerata applicava a VITA Luigi e JOMMI Franco, a norma degli artt. 444 e 448 C.P.P., la pena concordata
con il Pubblico Ministero in ordine al delitto di bancarotta fraudolenta aggravata, commesso il 4
giugno 2010.
Propone ricorso per cassazione il Pubblico Ministero presso il Tribunale di Macerata che deduce
violazione di legge e difetto di motivazione nell’individuazione del trattamento sanzionatorio e
per la concessione della sospensione condizionale della pena.
Osserva il Collegio che i motivi di ricorso sono manifestamente infondati, atteso che il giudice,
nell’applicare la pena concordata, si è in tutto adeguato, compresa l’applicazione del beneficio di
cui ci si duole in questa sede, a quanto contenuto nell’accordo tra le parti, sia nell’individuazione
della pena base che dei successivi passaggi fino alla pena definitivamente applicata, né, secondo
la costante giurisprudenza di questa Corte (Sez. VI, n. 2519 del 14/1/1992, P.G. in proc. D’Aniello, Rv. 189380; oltre a: Rv. 189381; Rv. 191721; Rv. 203049; Rv. 206318; Rv. 213274; Rv.
215673; Rv. 233369; Rv. 256455) l’ufficio del Pubblico Ministero che abbia prestato il consenso
all’applicazione di una determinata pena su accordo delle parti è legittimato a dolersi del risultato di un accordo a cui ha partecipato, tranne non si tratti, ma non è il caso, dell’applicazione di
pena illegale (Sez. F, n. 38566 del 26/8/2014, Yossef, Rv. 261468).
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Così deciso in Roma il 21 maggio 2015.