Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 26631 del 21/05/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 26631 Anno 2015
Presidente: SAVANI PIERO
Relatore: SAVANI PIERO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
CALAMIA ANTONINO N. IL 08/11/1968
CALAMIA GIULIANA N. IL 06/01/1970
avverso la sentenza n. 2984/2012 CORTE APPELLO di PALERMO,
del 17/04/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. PIERO SAVANI;

Data Udienza: 21/05/2015

IN FATTO E DIRITTO
Con la sentenza in epigrafe la Corte d’appello di Palermo, assolti i prevenuti da una delle ipotesi di
bancarotta fraudolenta loro ascritte e rideterminata la pena, ha confermato nel resto la sentenza
emessa in data 22 febbraio 2012 dal locale Tribunale, appellata da CALAMIA Antonino e
CALAMIA Giuliana, dichiarati responsabili del delitto bancarotta fraudolenta in concorso,
commesso il 7 gennaio 2005.
Propongono ricorso per cassazione gli imputati, integrato di memoria, che deducono nullità del
giudizio di appello per avervi partecipato un giudice incompatibile in quanto come Giudice
dell’Udienza preliminare del Tribunale aveva disposto il rinvio a giudizio degli imputati, nonché
violazione di legge e difetto di motivazione sulla responsabilità per la bancarotta fraudolenta
docunientale, anche per non esser stata qualificata come bancarotta semplice, e sul trattamento
sanzionatorio.
Osserva il Collegio che i ricorsi sono destituiti di specificità e comunque manifestamente infondati.
Invero l’incompatibilità ex art. 34, cod. proc. pen. non attiene alla capacità del giudice e non
determina, pertanto, la nullità del provvedimento ex artt. 178 e 179, cod. proc. pen., ma costituisce
soltanto motivo di possibile astensione ovvero di ricusazione dello stesso giudice, che deve essere
fatto valere tempestivamente con la procedura di cui all’art. 37 cod. proc. pen.. (Sez. II, n. 12896 del
5/3/2015, Verdoni, Rv. 262780; in fattispecie, nella quale il medesimo magistrato aveva presieduto
il Tribunale, che aveva emesso la sentenza di primo grado, ed era stato poi componente del collegio
di appello; conf. n. 13593 del 2010, Rv. 246716; n. 25013 del 2013, Rv. 257033; n. 24919 del 2014
Rv. 262302) che non risulta esser stata attivata.
Quanto al merito la Corte territoriale ha adeguatamente motivato in tema di bancarotta fraudolenta
documentale escludendo la possibilità di configurare la bancarotta semplice in una situazione in cui
al curatore era stata fornita documentazione parziale inidonea a ricostruire le vicende contabili della
società, irrilevante essendo la solo ipotetica possibilità di ricostruzione mediante documentazione
extracontabile.
Altrettanto correttamente il giudice d’appello ha valutato la posizione di amministratore di fatto di
CALAMIA Antonino, collegata ad emergenze di fatto che il ricorso in fondo non contesta, ma delle
quali pretende una diversa valutazione da parte del giudice di legittimità.
Anche quanto al trattamento sanzionatorio i ricorsi sono manifestamente infondati, evocando
apprezzamenti di fatto non suscettibili di autonoma considerazione in sede di legittimità, laddove la
Corte di Appello ha adeguatamente rilevato che i rilevanti precedenti di entrambi avevano
giustificato la valutazione di mera equivalenza delle attenuanti generiche per l’imputata e la
negazione delle attenuanti per il fratello, e si tratta di valutazione corretta con riferimento ai
parametri di cui agli artt. 133, 62 bis e 69 c.p.
All’inammissibilità dei ricorsi consegue, ai sensi dell’art. 616 C.P.P., la condanna di ciascun
ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e — per i profili di colpa correlati all’irritualità
dell’impugnazione — di una somma in favore della Cassa delle ammende nella misura che, in
ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in €. 1.000,00# per ognuno.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese
processuali e ciascuno al versamento della somma di €. 1.000,00# alla Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 21 maggio 2015.

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