Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 26623 del 21/05/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 26623 Anno 2015
Presidente: SAVANI PIERO
Relatore: SAVANI PIERO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
CIRRITO ALESSIO N. IL 15/03/1980
avverso la sentenza n. 317/2014 CORTE APPELLO di MILANO, del
14/07/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. PIERO SAVANI;

Data Udienza: 21/05/2015

P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di €. 1.000,00# alla Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 21 maggio 2015.

IN FATTO E DIRITTO
Con la sentenza in epigrafe la Corte d’appello di Milano ha confermato la sentenza emessa in data 28 novembre 2013 dal locale Tribunale, appellata da CIRRITO Alessio, dichiarato responsabile del delitto di sostituzione di persona, commesso il 6 aprile 2010.
Propone ricorso per cassazione l’imputato deducendo vizio di motivazione sulla responsabilità.
Il ricorso è inammissibile, in quanto, a prescindere dalla sua genericità, tende a sottoporre al giudizio di legittimità aspetti attinenti alla ricostruzione del fatto e all’apprezzamento del materiale
probatorio rimessi alla esclusiva competenza del giudice di merito.
Nel caso in esame, la Corte di appello ha ineccepibilmente osservato che la prova del fatto riposa
nell’accertamento documentale che attesta quali indicazioni personali avesse fornito l’imputato
al momento dell’accesso in pronto soccorso, ed è del tutto logica la motivazione della sentenza
laddove rileva come il prevenuto avesse correttamente fornito il nome proprio e la data di nascita
e come tale circostanza rendesse implausibile che avesse fornito per errore il cognome di un altro
soggetto, o che l’indicazione del cognome si potesse far risalire ad altra persona, atteso che
l’ingresso in pronto soccorso mai potrebbe avvenire sulla base della mera indicazione del nome
proprio del paziente.
La tesi sostenuta dal ricorrente volta ad accreditare una diversa origine dell’indicazione di quel
cognome è appunto una questione in fatto, che non può essere presa in considerazione, a fronte
della motivazione adeguata, conforme a regole della logica e priva di vizi giuridici, resa dai giudici di merito.
All’inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 C.P.P., la condanna del ricorrente
al pagamento delle spese del procedimento e — per i profili di colpa correlati all’irritualità
dell’impugnazione — di una somma in favore della Cassa delle ammende nella misura che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in €. 1.000,00#.

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