Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 2660 del 16/01/2014


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Penale Ord. Sez. 6 Num. 2660 Anno 2014
Presidente: MILO NICOLA
Relatore: CITTERIO CARLO

NA

sul ricorso proposto da:
RONGA LUIGI N. IL 01/04/1979
avverso la sentenza n. 47384/2012 CORTE DI CASSAZIONE di
ROMA, del 27/03/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. CARLO CITTERIO;
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Data Udienza: 16/01/2014

48812/13 RG

1

ORDINANZA
CONSIDERATO IN FATTO
1. Luigi Ronga ricorre ai sensi dell’art. 625 bis c.p.p. avverso la sentenza 832
del 27.3 – 29.5.2013 di questa Corte suprema, che ha dichiarato inammissibile il
suo ricorso ordinario proposto nei confronti della sentenza 2.12.2011 della Corte

nell’equivoco in cui la Seconda sezione sarebbe incorsa nella lettura delle
dichiarazioni rese da Alfonso Cesarano all’udienza d’appello del 28.6.2011, che
riporta e allega: in esse, Cesarano avrebbe attribuito la cessione di droga a Ciro
Petti e non a lui. L’errore sarebbe stato determinante, per l’insufficienza delle sole
conversazioni intercettate, atteso che sia la Corte d’appello che quella di Cassazione
avrebbero considerato le dichiarazioni di Cesarano loro riscontro.

RAGIONI DELLA DECISIONE
2. Il ricorso è manifestamente infondato, dovendosene pertanto dichiarare
l’inammissibilità con ordinanza de plano (art. 625 bis.4 c.p.p.).
La doglianza è formulata in termini generici (non è allegato l’intero testo delle
dichiarazioni rese da Cesarano nel giudizio di appello; il motivo non si confronta con
l’avvenuta affermazione di colpevolezza per delitto associativo [p. 11 sent. 832/13] e
non spiega come l’affermato errore si riverbererebbe sulla partecipazione
associativa; conseguentemente l’affermazione dell’inidoneità delle sole
intercettazioni oltre che assertiva in sé è pure generica in relazione a tale specifica
imputazione) ed è diversa da quelle consentite (prospettando come errore
percettivo determinante quella che è la riproposizione di un motivo di ricorso
espressamente valutato dalla sentenza oggi impugnata, p. 19, sentenza che ne
aveva già affermato la natura di puro merito).
Consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e
della somma, equa al caso, di euro 1500 in favore della Cassa delle ammende.

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1500 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 16.1.2014

d’appello di Napoli, deducendo che sussisterebbe errore di tipo percettivo consistito

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