Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 2654 del 16/01/2014


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 2654 Anno 2014
Presidente: MILO NICOLA
Relatore: CITTERIO CARLO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
ROSA GIL CECILIA N. IL 12/12/1972
avverso la sentenza n. 4262/2012 CORTE APPELLO di ROMA, del
21/01/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 16/01/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. CARLO CITTERIO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per
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Udito, per la part

l’Avv

UditoRdifensor(Avv. \(›M zucA.:

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Data Udienza: 16/01/2014

/13 RG

1

CONSIDERATO IN FATTO
1. Cecilia Rosa Gli ricorre a mezzo del difensore avverso la sentenza con cui la
Corte d’appello di Roma ha confermato la sua colpevolezza per il delitto associativo
ex art. 74 dPR 309/90, limitatamente alla mera condotta di partecipazione, nonché
per due episodi specifici di violazione dell’art. 73 dPR 309/90 in relazione a condotte

Non contesta la condanna per tali ultimi due reati (capo 2 e 3), ma enuncia
due motivi di violazione di legge in ordine all’affermazione di colpevolezza per la
condotta di partecipazione e alla mancata applicazione dell’attenuante del comma 6
dell’art. 74 dPR 309/90.
Secondo la ricorrente dalle intercettazioni, che costituirebbero il nucleo della
prova a suo carico, non potrebbero evincersi elementi per sostenere la stabilità e
permanenza dei rapporti tra i vari soggetti coinvolti nelle due vicende specifiche,
piuttosto che il ripetuto concorso in episodi occasionali; in particolare la Rosa Gil
ripropone la tesi già allegata al Giudice d’appello, di una prosecuzione della propria
attività proprio e solo in ragione della inesperienza criminosa con la conseguente
necessità di attivarsi per adempiere obblighi assunti e non in grado di soddisfare,
con la condotta di ‘corriere-ovulatore’ che aveva portato al suo arresto in aeroporto
il 4.11.2007, rispetto ad attività associativa contestata come accertata nel
precedente mese di giugno, evidenziando come dagli atti emerga l’intento di taluno
dei coimputati di proseguire l’attività senza la ricorrente, a riprova dell’assenza di
stabile partecipazione di questa nell’attività degli altri.
Con il secondo motivo deduce vada valutata “l’opportunità di applicare la
diminuente specifica del sesto comma dell’art. 74 dPR 309/90, previo
riconoscimento dell’attenuante del quinto comma per i reati sub 2 e 3”, con la
conseguente “riforma” della sentenza impugnata, non essendovi prova certa dei
quantitativi gestiti.

RAGIONI DELLA DECISIONE
2. Il ricorso va dichiarato inammissibile, perché entrambi i motivi sono sia
V2,4A.LIA‘L.,* _
diversi da quelli consentiti cheeei__à,
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In concreto, la ricorrente si limita con il primo motivo a riproporre proprie
deduzioni probatorie già sottoposte nei medesimi termini in fatto alla Corte
d’appello, che ha fornito risposte puntuali (p. 3, sulla correlazione tra le varie

di importazione.

/13 RG

2

ramificazioni delinquenziali, la loro stretta coordinazione volta a rinvenire e
confermare i momenti del reperimento all’estero dello stupefacente, l’acquisto, il
trasporto e la ricerca del canale di smercio; sull’affectio societatis oggettiva, per la
reazione dei correi dopo l’arresto della coimputata Diablona con cinque chilogrammi
di cocaina, e soggettiva, per l’attività dall’odierna ricorrente posta in atto dopo tale
arresto; sul ridimensionamento del ruolo e dei progetti della Rosa Gil in relazione
all’evoluzione del contesto) con le quali il ricorso non si confronta, limitandosi

Ciò vale anche per il secondo motivo, avendo la Corte distrettuale richiamato
espressamente quantità dello stupefacente e gravità delle condotte, evincibili già
dai capi di imputazione dei due reati-fine per i quali è intervenuta non contraddetta
condanna (il capo 3 facendo riferimento ad un controvalore di almeno 40 mila euro
e lo stesso capo 2 contestando una complessa condotta di importazione già
logicamente incompatibile con il fatto lieve).
Consegue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e
della somma, equa al caso, di euro 1000 in favore della Cassa delle ammende.

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1000 in favore della Casa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 16.1.2014

appunto alla reiterazione delle proprie prospettazioni di stretto merito.

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