Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 26534 del 09/06/2015


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 26534 Anno 2015
Presidente: IPPOLITO FRANCESCO
Relatore: PAOLONI GIACOMO

SENTENZA
sul ricorso proposto da
BEKKARI Mohammed, nato in Marocco il 17/07/1983,
avverso la sentenza del 25/02/2014 della Corte di Appello di Brescia;
esaminati gli atti, il ricorso e la sentenza impugnata;
udita la relazione svolta dal consigliere Giacomo Paoloni;
udito il pubblico ministero in persona del sostituto Procuratore generale Eduardo V.
Scardaccione, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.

FATTO E DIRITTO
1. L’imputato cittadino marocchino Mohamnned Bekkari impugna di persona per
cassazione la sentenza della Corte di Appello di Brescia, che -in parziale riforma della
sentenza di condanna emessa all’esito di giudizio abbreviato il 29.6.2009 dal Tribunale
di Brescia- ha dichiarato improcedibili per prescrizione alcuni episodi del contestato
reato di cui all’art. 495 c.p., confermando la penale responsabilità del prevenuto per i
residui fatti ex art. 495 c.p. e per il più grave reato continuato di detenzione per fini di
spaccio e illecita cessione (almeno tre episodi) di dosi di cocaina. Accogliendo un motivo
aggiunto di gravame dell’imputato, i giudici di appello hanno ritenuto sussistere un
rapporto di continuazione criminosa tra i fatti in giudizio e il reato di cui all’art. 73 co. 5
d.P.R. 309/90 oggetto di separata sentenza irrevocabile di condanna emessa il
10.9.2009 dal Tribunale di Brescia. Per l’effetto la pena inflitta al Bekkari è stata

Data Udienza: 09/06/2015

rideterminata, valutato più grave il fatto reato giudicato dalla sentenza già definitiva,
nella complessiva misura di un anno e sei mesi di reclusione ed euro 3.500 di multa.
2. Con il ricorso, nulla eccependo in ordine alla sua penale responsabilità, il
ricorrente formula un’unica censura per erronea applicazione dell’art. 163 c.p. e difetto
di motivazione.
Riconoscendo il vincolo della continuazione della condotta criminosa con l’omologa
condotta giudicata da altra sentenza irrevocabile di condanna, la Corte di Appello ha

-nel caso di specie- la sentenza del Tribunale di Brescia del 29.6.2009 (parzialmente
riformata dalla decisione oggi impugnata) gli aveva riconosciuto. La pena finale
complessiva inflitta al Bekkari è, d’altra parte, largamente inferiore al limite di legge
stabilito per il beneficio in parola (art. 163 co. 1 c.p.). Il silenzio sul punto della
sentenza di appello ha prodotto, quindi, una tacita revoca del beneficio della
sospensione condizionale già riconosciuto al ricorrente dalla citata sentenza del
Tribunale di Brescia del 29.6.2009 con connessa evidente violazione del giudicato e del
divieto di reformatio in peius.
3. Il descritto motivo di censura è infondato e non può condurre all’accoglimento
del ricorso in parte qua. Nondimeno l’impugnata decisione di appello deve essere
annullata limitatamente alla misura della pena, avuto riguardo alle recenti modifiche
della normativa penale disciplinante le sostanze stupefacenti.
3.1. Fermo restando il principio per cui la sospensione condizionale della pena può
essere concessa, nei limiti di legge, non solo a chi è stato condannato con una unica
sentenza per più reati unificati dalla continuazione, ma anche a chi sia dichiarato
colpevole con separate sentenze per un unico reato continuato, atteso che in tal caso la
pluralità di condanne è assimilabile ad una condanna unica

(ex multis: Sez. 2, n.

1477/01 del 13.11.2000, Panebianco, Rv. 217889; Sez. 1, n. 39217 del 12.2.2014,
Sforza, Rv. 260502), deve riconoscersi che nel caso del Bekkari la Corte di Appello di
Brescia ha espressamente individuato come fatto reato più grave quello reso oggetto
dell’anteriore sentenza irrevocabile di condanna emessa il 10.9.2009 dal Tribunale di
Brescia, che (come da copia della decisione allegata ai motivi aggiunti di appello
dell’imputato) ha negato in modo esplicito al prevenuto la sospensione condizionale ex
art. 163 c.p., formulando nei suoi confronti una specifica infausta prognosi
comportamentale (beneficio negato quindi, come è perfino superfluo aggiungere, per
una pena ben inferiore rispetto a quella risultante dalla continuazione, ritenuta dalla
Corte di Appello di Brescia con l’impugnata decisione, tra tale sentenza e la sentenza di
condanna del 29.6.2009 del Tribunale di Brescia).

2

omesso di pronunciarsi sul beneficio della sospensione condizionale della pena, che pure

Ne discende, per ciò, che il beneficio concesso con la sentenza oggetto di appello
rimane vanificato e assorbito nell’unitaria decisione di merito individuante nei fatti
giudicati dalla sentenza già irrevocabile gli episodi di maggiore gravità per gli effetti di
cui all’art. 81 co. 2 c.p. Sentenza, questa, che ha motivatamente escluso l’applicabilità
dell’art. 163 c.p. in favore del Bekkari, con decisione che la Corte di Appello non ha
ritenuto di poter modificare, in totale assenza di una istanza di rivalutazione ex art. 163
c.p. dello stesso imputato (arg. ex plurimis: Sez. 3, n. 580/08 del 7.12.2007, Gentile,

3.2 La rilevata infondatezza della doglianza del ricorrente non elide, come detto,
la necessità di una rivisitazione del trattamento punitivo applicato al ricorrente alla luce
della qualificazione dei reati ascrittigli, con entrambe le sentenze “in continuazione” tra
loro, come fatti di lieve entità ai sensi del comma 5 dell’art. 73 L.S., applicato quale
circostanza attenuante ad effetto speciale e non come autonoma ipotesi di reato (quale
che sia la tipologia di sostanza stupefacente oggetto della condotta criminosa) alla
stregua della riformata vigente disciplina. Rivisitazione, cui procederà in sede di rinvio il
giudice di merito, imposta -del resto- anche dalle recenti decisioni delle Sezioni Unite
adottate il 26.2.2015 (sentenze in corso di deposito).
L’art. 73 co. 5 L.S. è stato modificato, in sede di (sola) conversione con
modificazione del D.L. 20.3.2014 n. 36, dalla L. 16.5.2014 n. 79 (art, 1, co. 24-ter) che
ha così definitivamente interpolato il comma 5 dell’art. 73 L.S.:

“Salvo che il fatto

costituisca più grave reato, chiunque commette uno dei fatti previsti dal presente
articolo che, per i mezzi, la modalità o le circostanze dell’azione ovvero per la qualità e
quantità delle sostanze, è di lieve entità, è punito con le pene della reclusione da sei
mesi a quattro anni e della multa da euro 1.032 a euro 10.329”. L’art. 73 co. 5 L.S.,
ipotesi autonoma di reato, è tornato ad essere applicabile -come già statuito dalla L.
21.2.2014 n. 10- sia a droghe pesanti che a droghe leggere con una pena inferiore nel
minimo e nel massimo rispetto a quella prevista da detta legge n. 10/2014.
Quest’ultima novella normativa è entrata in vigore il 21.5.2014 (G.U. n. 115 del
20.5.2014), cioè dopo la pronuncia della sentenza di appello nei confronti del ricorrente
Bekkari (25.2.2014).
Le due sentenze di primo grado (Tribunale Brescia 29.6.2009 e 10.9.2009), hanno
applicato al ricorrente l’art. 73 co. 5 L.S. nel regime anteriore alla sentenza
costituzionale n. 32/2014 e ai descritti interventi normativi del dicembre 2013 e del
maggio 2014 e, quindi, considerandolo come circostanza attenuante speciale.
Ne consegue, allora, che al ricorrente è stata inflitta una pena determinata dai
giudici di merito in base a parametri normativi che, pur non trascendendo la cornice
edittale della norma incriminatrice oggi vigente ex art. 73 co. 5 L.S., appaiono in tutta
evidenza distonici rispetto al diverso coefficiente di offensività delle fattispecie criminose

3

Rv. 238583; Sez. 3, n. 23444 del 12.5.2011, Aprile, Rv. 250655).

del fatto lieve ascritte all’imputato. L’evenienza rende necessaria una riconsiderazione
del trattamento sanzionatorio, sì da renderlo adeguato, in applicazione del principio di
retroattività della lex mitior a beneficio dell’imputato (art. 2 co. 4 c.p.), alla diversa e
più favorevole cornice edittale dell’art. 73 co. 5 L.S. oggi vigente e qualificabile come
autonoma fattispecie criminosa.
Rivalutazione cui procederà il giudice di merito di secondo grado, che si farà carico
di rivedere anche l’apprezzamento delle circostanze del reato, espungendo dall’accusa

all’allora attenuante ex art. 73 co. 5 L.S.) la ritenuta aggravante della clandestinità ai
sensi dell’art. 61 n. 11-bis c.p. (disposizione dichiarata costituzionalmente illegittima
con sentenza n. 249/2010 della Corte Costituzionale).
Si impone, quindi, l’annullamento con rinvio in parte qua dell’impugnata decisione.
Annullamento che lascia ferme le statuizioni sulla responsabilità penale del Bekkari,
sulle quali con la presente sentenza di legittimità interviene il giudicato.
P. Q. M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente al trattamento sanzionatorio e rinvia,
per nuovo giudizio sul punto, ad altra sezione della Corte di Appello di Brescia.
Rigetta nel resto il ricorso.
Roma, 9 giugno 2015

contestata (benché non abbia inciso sull’entità della pena per la prevalenza assegnata

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