Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 26525 del 01/04/2015


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 6 Num. 26525 Anno 2015
Presidente: IPPOLITO FRANCESCO
Relatore: MOGINI STEFANO

SENTENZA
sul ricorso proposto da
DE GIOVANNI FABRIZIO, nato a Napoli il 27.4.1983;
avverso la sentenza emessa dalla Corte d’Appello’di Palermo il 16.1.2014;
visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso;
udita la relazione del consigliere Stefano Mogini;
udito il sostituto procuratore generale Roberto Aniello, che ha concluso per l’inammissibilità
del ricorso;
udito l’Avv. Pilerio Plastina, difensore di fiducia del ricorrente, che ha insistito per
l’accoglimento del ricorso e l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata per
intervenuta prescrizione.

Ritenuto in fatto
1. Fabrizio De Giovanni ricorre per mezzo del suo difensore di fiducia, Avv. Pilerio Plastina,
avverso la sentenza in epigrafe, pronunciata in sede di rinvio dalla Corte d’Appello di Palermo e
con la quale e’ stata confermata nei confronti del ricorrente la sentenza del Tribunale di
Agrigento del 2.5.2005 che, esclusa l’aggravante di cui all’art. 7 L. 203/91, lo aveva

Data Udienza: 01/04/2015

condannato alla pena di due anni e nove mesi di reclusione per il reato di attribuzione fittizia di
beni di cui all’art. 12 quinquies D.L. 306/92, (capo 1 dell’imputazione). L’accusa riguarda
l’attribuzione fittizia della titolarità della METTE STIFTUNG – fondazione con sede a Vaduz
(Liechtenstein) a sua volta titolare di un conto corrente bancario denominato ULTRASON
intrattenuto presso la Banca Unione di Credito di Lugano per un importo complessivo pari a 1,2
miliardi di Lire – operata da Micciche’ Giovanni – soggetto imputato dapprima di partecipazione
ad associazione mafiosa e quindi di concorso esterno nell’associazione di tipo mafioso
denominata Cosa Nostra – in favore del De Giovanni al fine di eludere le disposizioni di legge

procedere nei confronti del Micciche’ per essere il reato di cui sopra estinto per intervenuta
morte dell’imputato e, sul presupposto dell’accertamento incidentale della sua responsabilità
per quel reato, ha confermato la confisca disposta in primo grado ai sensi dell’art. 240 primo
comma c.p. della provvista del conto corrente ULTRASON. Come sopra anticipato, la sentenza
impugnata è stata pronunciata in sede di rinvio a seguito di annullamento di precedente
sentenza d’appello disposto dalla Quinta Sezione di questa Corte con sentenza n. 23472012 del
27.1.2012 in punto di diritto alla prova degli imputati, a seguito di modifica dell’imputazione ex
art. 516 c.p.p. verificatasi nel corso del giudizio, alla luce dei principi fissati dalla Corte
Costituzionale con la sentenza n. 241/1992.

2. Il ricorrente deduce con il primo motivo di ricorso erronea applicazione dell’art. 12 quinquies
D.L. 306/1992 e connesso difetto di motivazione. Non essendo la provvista del conto corrente
ULTRASON di origine illecita o di valore sproporzionato rispetto al reddito dichiarato o
all’attività economica del Micciche’, essa non avrebbe potuto essere oggetto di misure ablative
di prevenzione neppure laddove quest’ultimo fosse stato condannato per il reato di concorso
esterno in associazione mafiosa per il quale era stato perseguito in separato procedimento, di
poi peraltro conclusosi con la sua assoluzione. L’oggettiva inesistenza dell’elusione di misure di
prevenzione patrimoniali renderebbe irrilevante la finalità perseguita dai soggetti che hanno
proceduto all’intestazione fittizia. Inoltre, la sentenza impugnata ricava la prova del dolo
specifico necessario all’integrazione del delitto di cui all’art. 12 quinquies D.L. 306/92 dalla sola
testimonianza del fiduciario della fondazione METTE STIFTUNG, tale Grandini, senza
considerare tutte le altre, di segno opposto, acquisite dalla Corte territoriale a seguito del
rinvio operato da questa Corte.

3. Col secondo motivo il ricorrente deduce vizio di motivazione conseguente a travisamento
della prova. I testi escussi dalla Corte del rinvio (Galli, Poma e Moscarelli), contrariamente a
quanto esposto in motivazione (p. 31 e ss.), avrebbero tutti riferito di non aver avuto notizia
dai funzionari della BUC di Lugano dell’esistenza di un blocco operativo di natura giudiziaria del
c/c ULTRASON, disposto in via informale dall’autorità giudiziaria svizzera su richiesta della
Procura della Repubblica di Palermo. L’avere la Corte territoriale desunto il dolo specifico degli

in materia di misure di prevenzione. La sentenza impugnata ha inoltre dichiarato non doversi

imputati da quella circostanza fa sì che il giudice di merito abbia fondato il proprio
convincimento su una prova che non esiste ovvero di contenuto incontestabilmente diverso da
quello reale.

4. Il ricorrente deduce poi contraddittorietà della motivazione laddove la Corte territoriale trae
conferma delle dichiarazioni rese in primo grado dal teste Grandini dalla testimonianza
Moscarelli, acquisita dal giudice del rinvio e riscontrata favorevolmente da altri elementi di

5. Deduce infine mancanza di motivazione sul punto del dissenso del p.m. all’applicazione della
pena proposta ex art. 444 c.p.p. dal ricorrente. La pena proposta (anni uno e mesi quattro di
reclusione) non sarebbe stata notevolmente inferiore a quella effettivamente irrogata ad esito
del giudizio di merito, ove a quest’ultima fosse stata applicata la riduzione per il rito (anni uno
e mesi dieci di reclusione). Inoltre, non sarebbero provate le condotte realizzate dopo il
sequestro formale del c/c ULTRASON, che la Corte territoriale ritiene sintomatiche della
pervicace volontà del ricorrente di perseguire l’annullamento dell’intervenuto sequestro e sulle
quali fonda la determinazione in concreto della pena inflitta in misura prossima ai massimi
edittali.

Considerato in diritto

1. Il ricorso è inammissibile. Il Collegio osserva che il primo motivo di ricorso, nella parte
riguardante la problematica del reato impossibile (art. 12 quinquies L. 306/1992), legata
all’esito favorevole per il Miccichè di tutte le vicende giudiziarie nelle quali è stato coinvolto,
rappresenta questione coperta da giudicato, perché già esaminata e rigettata, sotto tutti i
profili riproposti in questa sede, dalla sentenza della Quinta Sezione (n. 234/2012 del
27.1.2012; cfr. in particolare paragrafi 2, 2.1, 2.2) che aveva disposto per altra ragione
l’annullamento con rinvio della prima decisione di appello pronunciata in questo procedimento
dalla Corte palermitana.

2. Inammissibili devono altresì ritenersi le questioni relative alla sussistenza del dolo specifico
del delitto di intestazione fittizia, con riferimento: a) alla pretesa illogica valutazione della
testimonianza Grandini in presenza di plurime deposizioni di segno opposto; b) al dedotto
travisamento delle testimonianze Galli, Ponna e Moscarelli (testi escussi dalla Corte territoriale
in sede di rinvio); c) alla lamentata contraddittorietà della conferma delle dichiarazioni rese in
primo grado dal teste Grandini che la Corte territoriale trae dalla deposizione Moscarelli. Tali
censure – pur presentate utilizzando l’etichetta dell’illogicità e contraddittorietà della
motivazione e del travisamento delle prove – sollecitano invero una diversa ed alternativa
valutazione di merito del compendio probatorio che chiaramente esorbita dal sindacato di

51-(

prova, di contenuto esattamente opposto a quelle del Grandini.

legittimità laddove, come nel caso di specie, la motivazione della sentenza impugnata debba
ritenersi del tutto congrua e immune da vizi logici e giuridici. Il Collegio osserva a tale
proposito che la Corte territoriale non fa della deposizione Grandini la pietra angolare del
proprio percorso argonnentativo e sembra addirittura svalutarla a fronte del concludente valore
probatorio attribuito in ordine alla sussistenza dell’elemento psicologico del reato, da un lato,
alle assai significative, coincidenti cadenze temporali delle fittizie intestazioni rispetto a quelle
delle vicende giudiziarie del Miccichè e, dall’altro, al complesso delle operazioni immobiliari e
finanziarie simulate poste in essere dal Miccichè in concorso con il ricorrente, non altrimenti

al reato contestato (cfr. in particolare p. 20 e s., p. 25 – con preciso riferimento ai ff. 13 e ss.
della sentenza di primo grado).

3.

Vanno dichiarati inammissibili anche i motivi di ricorso concernenti il trattamento

sanzionatorio. Non è infatti censurabile in sede di legittimità la decisione dei giudici di merito
che abbiano ritenuto giustificato il dissenso a suo tempo espresso dal p.m. con riferimento alla
oggettiva gravità dei fatti e all’intensità del dolo connotante la condotta dell’imputato (v.
motivazione sul punto a p. 36 della sentenza impugnata, con preciso riferimento alla severità
del quadro innanzi descritto nella medesima sentenza), avendo tra l’altro il giudice di primo
grado quantificato la pena in misura superiore a quella proposta (e avendo la Corte territoriale
confermato la sentenza del Tribunale), in quanto trattasi di valutazioni di merito
sull’incongruità della pena proposta dall’imputato e sulla ragionevolezza dell’opposizione del
p.m. che, in quanto tali, sono sottratte al sindacato di questa Corte (Sez. 6, n. 3383 del
22.10.2002, Felletti). Si aggiunga che il giudice non è tenuto all’esito del dibattimento ad
enunciare le ragioni per le quali ritiene giustificato il dissenso del p.m. sulla richiesta di
applicazione della pena, sussistendo un obbligo di specifica motivazione solo quando, al
contrario, ritenga tale dissenso ingiustificato applicando la sanzione (Sez. 5, n. 2782 del
21.10.2014, Noale e altro).
Il Collegio osserva infine che anche la censura relativa all’asserita mancanza di prova delle
condotte realizzate dopo il sequestro formale del conto ULTRASON e ai riflessi che essa
produrrebbe sulla quantificazione della pena (quantificazione peraltro giustificata dai giudici di
merito sulla base di plurimi elementi attinenti alla gravità del reato e alla capacità a delinquere
del colpevole) sollecita una diversa valutazione di merito del compendio probatorio che deve
ritenersi preclusa in sede di legittimità, laddove, come nel caso di specie, si sia in presenza
anche a tale riguardo (p. 32), come sopra esposto, di una motivazione del tutto adeguata e
immune da vizi logici e giuridici.

4. L’inammissibilità del ricorso per cassazione preclude ogni possibilità sia di far valere sia di
rilevare d’ufficio l’estinzione del reato per prescrizione (SU, n. 32 del 22.11.2000, De Luca),
quand’anche (in via di mera ipotesi poiché nel caso di specie risultano agli atti periodi di

giustificabili – ed in effetti mai plausibilmente giustificate – se non con l’intento elusivo proprio

sospensione anche in relazione al giudizio incidentale dinanzi alla Corte Costituzionale)
maturata in data anteriore alla pronunzia della sentenza d’appello (SU, n. 23428 del
22.3.2005, Barale ; Sez. 6, n. 25807 del 14.3.2014, Rizzo e altro).

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali

Così deciso in Roma il 1 aprile 2015.

e della somma di Euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA