Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 26515 del 05/06/2015


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 26515 Anno 2015
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: RAMACCI LUCA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CANNAVO’ NUNZIO N. IL 18/12/1970
avverso la sentenza n. 952/2013 CORTE APPELLO di MESSINA, del
28/03/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 05/06/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. LUCA RAMACCI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per 2 l a
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v.

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Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

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<1.A.k.12 Data Udienza: 05/06/2015 RITENUTO IN FATTO 1. La Corte di appello di Messina, con sentenza del 28/3/2014 ha confermato la decisione con la quale, in data 15/11/2012, il Tribunale di quella città aveva riconosciuto Nunzio CANNAVÒ responsabile dei reati di cui agli artt. 44, lett. c) d.P.R. 380\01 e 633, 639-bis cod. pen., per la realizzazione di un muro di abilitativo ed invadendo senza titolo la sede stradale (Taormina, 21/9/2010). Avverso tale pronuncia il predetto propone personalmente ricorso per cassazione. 2. Con un primo motivo di ricorso deduce la violazione di legge osservando che l'intervento edilizio sarebbe stato assentito da una «autorizzazione sindacale», la quale, preceduta dall'autorizzazione paesaggistica, avrebbe dovuto ritenersi sostanzialmente assimilabile ad una d.i.a. e che, in ogni caso, la realizzazione di un muro di recinzione non richiederebbe il permesso di costruire. 3. Con un secondo motivo di ricorso lamenta la mancanza di motivazione con riferimento al reato di cui agli artt. 633 e 639-bis cod. pen. 4. Con un terzo motivo di ricorso denuncia il vizio di motivazione in punto di determinazione della pena, risultando la motivazione riferita a fatti e soggetto diverso. Insiste, pertanto, per l'accoglimento del ricorso. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso è solo in parte fondato, nei termini di seguito specificati. Va rilevato, con riferimento al primo motivo di ricorso, che la Corte territoriale ha opportunamente richiamato per relationem contenuti della decisione di primo grado, dando atto del fatto che il Tribunale ha ritenuto illegittimamente assentite le opere realizzate, che avrebbero richiesto il permesso di costruire. La Corte territoriale, quanto alle contestate difformità dal progetto, rileva, altresì, che trattandosi di intervento eseguito in area sottoposta a vincolo 1 recinzione in zona sottoposta a vincolo paesaggistico in difformità dal titolo paesaggistico, in ragione di quanto disposto dall'art. 44, lett. c) d.P.R. 380\01 non rileva la natura parziale o totale delle difformità riscontrate. 2. Entrambi gli assunti appaiono corretti. La giurisprudenza di questa Corte ha infatti affermato che la realizzazione di un muro di recinzione necessita del previo rilascio del permesso a costruire allorquando, avuto riguardo alla sua struttura e all'estensione dell'area relativa, lo stesso sia tale da modificare l'assetto urbanistico del territorio, così rientrando P.R. n. 380 del 2001 (Sez. 3, n. 52040 del 11/11/2014, Langella e altro, Rv. 261521; Sez. 3, n. 20131 del 25/3/2009, Galati, non massimata; Sez. 3, n. 4755 del 13/12/2007 (dep. 2008), Romano, Rv. 238788 ed altre prec. conf.). Nella fattispecie, avuto riguardo alla natura e consistenza dell'intervento descritto nel capo di imputazione (un muro in blocchi di cemento e pilastri in cemento armato di m. 2,20 di altezza, con apertura per la collocazione di un cancello in ferro) risulta correttamente rilevata la attitudine ad una permanente modificazione del territorio. Si tratta, in definitiva, di intervento edilizio che giustamente il primo giudice aveva ritenuto soggetto a permesso di costruire. Il motivo di ricorso è dunque infondato. 3. A conclusioni diverse deve invece pervenirsi con riferimento al secondo motivo di ricorso, atteso che, effettivamente, la motivazione è del tutto mancante per ciò che concerne il delitto di cui al capo b) dell'imputazione. Come viene rilevato in ricorso, infatti, la sentenza impugnata contiene un solo periodo, monco, del seguente tenore: «quanto alla questione del reato di invasione arbitraria del suolo comunale» senza alcuna ulteriore specificazione. Correttamente è stata dedotta, pertanto, la mancanza assoluta di motivazione. 4. Parimenti corrette risultano, inoltre, le censure formulate con il terzo motivo di ricorso, poiché effettivamente la Corte del merito, nel ritenere congrua la sanzione irrogata, formula alcune considerazioni del tutto prive di coerenza e logica in quanto completamente avulse dal percorso argomentativo precedentemente sviluppato, così da sembrare, come adombrato dal ricorrente, effettivamente riferite a tutt'altro procedimento, come si è indotti a ritenere dal riferimento ad una «imputata» e dall'ulteriore affermazione che la stessa «...operava nel contesto di una attività commerciale, con fini di lucro ed era ben consapevole di porre in essere una condotta priva anche di verifiche di sicurezza 2 nel novero degli «interventi di nuova costruzione» di cui all'art. 3 lett. e) del d. connesse agli adempimenti per la staticità delle opere». 5. Quanto evidenziato impone dunque l'annullamento con rinvio della sentenza impugnata limitatamente alla mancanza di motivazione in ordine al reato di cui agli artt. 633 e 639-bis cod. pen. ed alla valutazione sulla congruità della pena, mentre il ricorso va rigettato nel resto, con l'ulteriore precisazione che il giudicato formatosi sull'accertamento del reato urbanistico di cui al capo a) dell'imputazione e della conseguente responsabilità dell'imputato impedisce la pronuncia d'annullamento. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata limitatamente al reato di cui agli artt. 633 e 639-bis cod. pen. ed alla determinazione della pena con rinvio alla Corte di appello di Reggio Calabria. Rigetta nel resto il ricorso. Così deciso in data 5.6.2015 declaratoria di estinzione di detto reato per prescrizione sopravvenuta alla

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