Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 26490 del 14/05/2015


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 26490 Anno 2015
Presidente: GENTILE MARIO
Relatore: RECCHIONE SANDRA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
MOZZILLO NUNZIO N. IL 06/05/1979
avverso la sentenza n. 9259/2014 GIP TRIBUNALE di MILANO, del
16/12/2014
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. SANDRA RECCHIONE;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott. 9/u4n-e)(
J
Q.,CL, e)-Are/10
bon.A,,D

Udit i difensor Avv.;

Data Udienza: 14/05/2015

RITENUTO IN FATTO

1. Il giudice per le indagini preliminari di Milano applicava all’imputato Mozzillo Nullo la pena
concordata di anni uno mesi otto di reclusione ed euro 600 di multa per due rapine tentate.

2. Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione il difensore dell’ imputato che
deduceva vizio di motivazione.

1.11 ricorso è manifestamente infondato
1.1. Come La Corte di legittimità ha ripetutamente affermato (cfr. ex plurimis Cass. S.U. 27
settembre 1995, Serafino), l’obbligo della motivazione della sentenza di applicazione
concordata della pena va conformato alla particolare natura della medesima e deve ritenersi
adempiuto qualora il giudice dia atto, ancorché succintamente, ovvero implicitamente di aver
proceduto alla delibazione degli elementi positivi richiesti e di quelli negativi, ovvero che non
debba essere pronunciata sentenza di proscioglimento a norma dell’art. 129 cod. proc.pen.
(Cass. Sez. 4, n. 34494 13/07/2006; Cass. sez. 1, n. 3980\94 Magliulo, rv 199479).
In particolare, il giudizio sintetico sulla congruità della pena offerto nella sentenza impugnata
offre un sostegno motivazionale coerente con i parametri di legge tenuto conto della
particolare natura del rito che vede il giudice procedere ad una ratifica ad un accordo tra le
parti che comporta una rinuncia allo sviluppo del processo con le forme ordinarie, con
conseguente riduzione degli oneri motivazionali che si ritengono assolti anche attraverso il
ricorso a formule sintetiche.
Sotto altro profilo, si rileva che la adesione a tale accordo, nella misura in cui la pena
proposto sia legale, elide l’interesse della parte al ricorso per cassazione che deve, anche in
relazione a tale aspetto, essere dichiarato inammissibile.
Invero, l’interesse ad impugnare richiamato dall’art. 568 cod. proc.pen., comma 4 cod. proc.
pen. quale condizione di ammissibilità di qualsiasi impugnazione, deve essere correlato agli
effetti primari e diretti del provvedimento da impugnare e sussiste solo se il gravame sia
idoneo a costituire, attraverso l’eliminazione di un provvedimento pregiudizievole, una
situazione pratica più vantaggiosa per l’impugnante rispetto a quella esistente.
Dunque sussiste un interesse concreto solo ove dalla denunciata violazione sia derivata una
lesione dei diritti che si intendono tutelare e nel nuovo giudizio possa ipoteticamente
raggiungersi un risultato non solo teoricamente corretto, ma anche praticamente favorevole
(cfr. Cass. S.U. n. 42 del 13.12.95, dep. 29.12.95; Cass. n. 6301/97; Cass. n. 514/98; Cass.
Sez. 2, n. 15715 del 28.5.2004, dep. 8.6.2004; Cass. Sez. 1, n. 47496 del 17.10.2003, dep.
11.12.2003, nonché numerose altre analoghe). In altre parole, l’interesse ad impugnare non è
costituito dalla mera aspirazione della parte all’esattezza tecnico-giuridica della motivazione del

CONSIDERATO IN DIRITTO

provvedimento, ma dall’interesse a conseguire – dalla riforma o dall’annullamento del
provvedimento impugnato – un concreto vantaggio (Cass. Sez. 2, n. 31048 del 13/06/2013,
Rv. 257066).
Nel caso di specie non si rinviene l’ interesse del ricorrente che si duole della motivazione di
accoglimento di una sua esplicita richiesta di pattegg ia mento.
Manifestamente infondate sono anche le doglianze avanzate in ordine alla sinteticità della
motivazione qualora riferite alla qualificazione giuridica. In assenza di errori di inquadramento
non si rinviene l’interesse al ricorso della parte che ha aderito all’accordo.
secondo la consolidata

giurisprudenza della Corte di legittimità il giudice,

nell’applicare la pena concordata, la possibilità di ricorrere per cassazione deducendo l’erronea
qualificazione del fatto contenuta in sentenza deve essere limitata ai casi di errore manifesto,
ossia ai casi in cui sussiste l’eventualità che l’accordo sulla pena si trasformi in accordo sui
reati, mentre deve essere esclusa tutte le volte in cui la diversa qualificazione presenti margini
di opinabilità (Cass. sez. 6 n. 45688 del 20/11/2008, Bastea, Rv. 241666; Cass., sez. 4 n.
10692 del 11/3/2010, Hernandez, Rv. 246394).

2. Alla inammissibilità del ricorso segue, a norma dell’art. 616 cod. proc.pen., la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al pagamento a favore della Cassa delle
Ammende, non emergendo ragioni di esonero, della somma di euro 1500 a titolo di sanzione
pecuniaria.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
e di euro 1500.00 alla Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il giorno 14 maggio 2014

L’estensore

Il Presidente

Peraltro,

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