Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 26469 del 17/02/2015


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 26469 Anno 2015
Presidente: VESSICHELLI MARIA
Relatore: POSITANO GABRIELE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
TORNICCHIO ANDREA N. IL 27/06/1973
avverso l’ordinanza n. 680/2014 TRIB. LIBERTA’ di GENOVA, del
19/12/2014
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GABRIELE POSITANO;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott.

Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 17/02/2015

Il Procuratore generale della Corte di Cassazione, dr Eduardo Scardaccione,

conclude

chiedendo l’inammissibilità del ricorso
RITENUTO IN FATTO
1. Tornicchio Andrea propone personalmente ricorso per cassazione contro l’ordinanza
emessa dal Tribunale del Riesame di Genova, in data 19 dicembre 2014, che rigettava
l’appello proposto dall’indagato avverso l’ordinanza con cui la Corte d’Appello di Genova

massima in atto, con quella degli arresti domiciliari, relativamente ai reati di bancarotta
fraudolenta per distrazione e bancarotta documentale, contestati al ricorrente nella sua
qualità di amministratore di fatto della S.p.A. CREA, dichiarata fallita dal Tribunale di
Genova, in data 11 agosto 2011.
2. Avverso tale provvedimento propone ricorso per cassazione l’imputato lamentando
l’incongruità della motivazione e ribadendo che la misura afflittiva, se concessa,
interverrebbe in una posizione giuridica ormai mutata per il richiedente.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. L’ordinanza impugnata non merita censura, attesa l’inammissibilità del ricorso.
2. Con il ricorso per cassazione l’imputato lamenta la chiara prevenzione nei suoi confronti
da parte degli organi collegiali che avrebbero rigettato le richieste di sostituzione della
misura, con quella meno afflittiva, ribadendo la mancanza di pericolo di fuga e
evidenziando che, per il decorso del tempo, la pena oggetto di condanna risultava
scontata nella misura di due terzi.
3. Il ricorso é inammissibile. Il provvedimento impugnato fa applicazione del principio,
costantemente osservato dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui, in tema di
richiesta di revoca della misura cautelare in carcere, il tempo trascorso può acquistare
una positiva rilevanza per escludere il rischio di reiterazione del reato non certo “ex se”

aveva rigettato, in data 26 novembre 2014, la richiesta di sostituzione della misura

ma solo se accompagnato da altri elementi che siano sintomatici di un mutamento della
complessiva situazione inerente lo “status libertatis” del soggetto (Sez. 4, Sentenza n.
121 del 03/11/2005 Cc. (dep. 05/01/2006) Rv. 232628).
4. Nel caso di specie, nel provvedimento impugnato si da atto della reiterazione della
prognosi di massima pericolosità e di elevato pericolo di fuga, per ben tre volte, nello
spazio temporale di circa un anno, decorso tra il momento di emissione della misura
cautelare della custodia in carcere e quello della sua sostituzione con la misura degli
arresti domiciliari.

7L/

5. Si evidenzia, altresì, nello stesso provvedimento, la mancata indicazione, da parte del
ricorrente, di elementi ulteriori e diversi da quello rappresentato dal semplice decorso
del tempo, capaci, in linea di principio, di giustificare la ritenuta attenuazione delle
esigenze cautelari.
6. Il giudice a quo ha motivato la propria decisione valorizzando, ai fini di giustificare
l’inadeguatezza della meno gravosa misura applicata, l’intensità del pericolo di fuga
all’estero del ricorrente, il ruolo particolarmente sollecito della convivente anche ai fini

comunicazione con estranei, in presenza di tecnologie avanzate quali telefoni cellulari e
computer.
7. A fronte di tale completa e logica motivazione, il ricorrente, evocando solo formalmente
il vizio della motivazione, deduce generiche doglianze relative anche alle condizioni
familiari e altre circostanze di fatto che questa Corte di legittimità non è in grado, ne’ è
legittimata ad apprezzare.
8. D’altra parte, il ricorrente non ha neppure allegato di avere dettagliatamente
sottoposto, quantomeno con memoria, al Tribunale della libertà, circostanze di fatto
rilevanti che, quindi, negligentemente il giudice del merito avrebbe pretermesso.
9. Alla pronuncia di inammissibilità consegue ex art. 616 cod. proc. pen, la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché al versamento, in favore della
Cassa delle ammende, di una somma che, in ragione delle questioni dedotte, appare
equo determinare in euro 1.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
e della somma di euro 1.000 in favore della Cassa delle Ammende.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 comma 1 ter disp.att. c.p.p.
Così deciso il 17/02/2015

dell’espletamento della sua attività e, infine, l’assoluta inefficienza del divieto di

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