Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 26466 del 17/02/2015


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 26466 Anno 2015
Presidente: VESSICHELLI MARIA
Relatore: GUARDIANO ALFREDO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE
DI ROMA
nei confronti di:
MONNI FEDERICO N. IL 24/09/1970
CIUFFREDA NUNZIA N. IL 29/10/1969
FRATONI MATILDE N. IL 18/02/1976
ORSINI GIAMPIERO N. IL 29/04/1956
CILIA UMBERTO N. IL 24/07/1955
SCHIAFFINI OLGA N. IL 23/03/1968
SCHIAFFINI FRANCO N. IL 31/01/1944
SCHIAFFINI MAURIZIO N. IL 08/01/1959
SCHIAFFINI LAURA N. IL 09/06/1960
STEFANELLI ANTONIO N. IL 12/02/1952
SCHIAFFINI TRAVEL S.P.A.
avverso la sentenza n. 5751/2010 GIUDICE UDIENZA
PRELIMINARE di ROMA, del 23/12/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ALFREDO
GUARDIANO;
lette/sentite le conchAoni del Pi Dott.

Data Udienza: 17/02/2015

udito il pubblico ministero nella persona del sostituto procuratore
generale dott. Eduardo Vittorio Scardaccione, che ha concluso per
l’inammissibilità del ricorso del pubblico ministero;
uditi per i resistenti, i rispettivi difensori, avv. Sergio Usai, avv.

Di Francesco, avv. Maria Teresa Napolitano, avv. Francesco
Sacchi ed avv. Ernesto Stajano, che hanno tutti concluso per
l’inammissibilità ovvero per il rigetto del ricorso

FATTO E DIRITTO

1. Con sentenza pronunciata il 20.6.2013 in sede di udienza
preliminare il giudice per le indagini preliminari presso il tribunale
di Roma dichiarava non doversi procedere nei confronti di Monni
Federico, Ciuffreda Nunzia, Fratoni Matilde, Orsini Giampiero, Cilia
Umberto, Schiaffini Olga, Schiaffini Franco, Schiaffini Maurizio,
Schiaffini Laura, Stefanelli Antonio, nonché nei confronti della
società “Schiaffini Travel s.p.a.”, in relazione ai reati, loro
rispettivamente ascritti, di cui agli artt. 110, 353, co. 2, c.p. (capo
A); 110, 483, 61, n. 2, c.p. (capo B); 483, 61, n. 2, c.p. (capo C e
capo D); 110, 356, c.p. (capo E); 479 81, 61, n. 2, c.p. (capo F e
capo G); 483, 81, 61, n. 2, c.p. (capo H); 110, 640, co. 2, n. 1,
81, c.p. (capo I); 24, d. Igs. 8.6.2001, n. 231, in relazione al
delitto di truffa di cui al capo H (capo L), con la formula perché il
fatto non sussiste.
Il giudice procedente individuava delle insanabili criticità
dell’impianto accusatorio, che rendevano assolutamente inutile
procedere al dibattimento, evidenziando: 1) quanto al reato di
turbata libertà degli incanti, che in realtà non sussiste alcuna

Nicola Pisani, avv. Luca Petrucci, avv. Paolo Mazzà, avv. Roberto

violazione dell’art. 34, d. Igs. n. 163 del 2006, dell’art. 5, co. 1 e
2, del disciplinare di gara, dell’art. 2359, c.c., che prevedono il
divieto di partecipazione alla medesima gara pubblica per i
concorrenti che si trovino in uno dei rapporti di collegamento o

Travel, né la Autoservizi Stefanelli”, società raggruppate in A.T.I.,
per partecipare alla gara, sono da considerarsi concorrenti
autonomi, non avendo partecipato alla gara separatamente, con
offerte distinte; 2) che non si comprende quale sia stata la
condotta penalmente rilevante ascrivibile a Schiaffini Laura,
Schiaffini Franco, consiglieri della Schiaffini Travel; 3) che il cd.
atto di proroga nell’esecuzione del contratto di affidamento del
servizio oggetto della gara (servizio speciale di trasporto a
chiamata per disabili nel bacino della provincia di Roma), non
assume rilievo ai fini della sussistenza del delitto di cui all’art. 353,
c.p., essendo intervenuto ad aggiudicazione avvenuta, quindi
dopo la consumazione del reato; 4) che non è configurabile il
delitto di cui all’art. 356, c.p. (capo E), come si evince dalla stessa
formulazione dell’imputazione, in cui concorrono accanto ai
soggetti privati, aggiudicatari del servizio, anche i pubblici
funzionari Orsini, Manetti, Cherubini e Colaceci, in quanto,
presupponendo il delitto di cui si discute un destinatario, persona
fisica, che agendo in nome e per conto dell’ente pubblico, sia
suscettibile di essere indotto in errore dalla falsa rappresentazione
dell’oggetto e delle qualità del servizio o dell’opera forniti dal
soggetto privato, appare evidente che, ove, come nel caso in
esame, il soggetto pubblico sia già a conoscenza delle difformità
dell’esecuzione dalle previsioni contrattuali, il reato non è
ipotizzabile; del resto, aggiunge ad ulteriore sostegno del suo

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controllo specificati dalla norma del codice, in quanto né la “Cilia

assunto il giudice per le indagini preliminari, non si può nemmeno
attribuire agli imputati la difformità delle caratteristiche tecniche
dei mezzi da destinare al servizio, trattandosi di mezzi messi a
disposizione dallo stesso ente pubblico appaltante ed utilizzati dal

5) che, quanto ai reati di falso e truffa di cui ai capi F); G); H) ed
I), il pubblico ministero ha addebitato ipotesi di false attestazioni
e certificazioni inerenti la regolarità e la quantità delle prestazioni
effettuate nei bimestri indicati in imputazione, pur essendo di
solare evidenza che la mancata installazione dei sistemi di
telerilevamento e di remotizzazione dei dati non permetteva altre
metodologie per la quantificazione del compenso del gestore
diverse dalla verifica cartacea dei documenti di viaggio e dagli
accertamenti a campione, di cui non è stata dimostrata la falsità,
essendo, peraltro, specificamente previsto nel contratto di
affidamento che, nelle more dell’attivazione e completamento dei
suddetti sistemi, l’impresa aggiudicataria provvedesse a sue spese
all’autocertificazione dei dati inerenti il servizio, anche ai fini della
fatturazione, come ribadito anche nella nota del 19.10.2009.
In definitiva il giudice per le indagini preliminari approfondendo lo
sguardo sulle singole ipotesi di reato oggetto di contestazione,
denuncia

l’incompletezza

delle

indagini

e

l’assenza

di

comportamenti penalmente rilevanti da parte degli imputati, in
quanto la pubblica amministrazione ha agito nell’esercizio dei suoi
poteri discrezionali, evidenziando l’inutilità di procedere ad un
giudizio, che non potrebbe mai giungere agli esiti prospettati dalla
pubblica accusa, anche in ragione della mancanza di utili elementi
di

riscontro

all’ipotesi

accusatoria

nel

contenuto

conversazioni intercettate nel corso delle indagini.

3

delle

precedente gestore dello stesso servizio nel triennio 2005-2008;

2. Avverso tale decisione, di cui chiede l’annullamento, ha
proposto ricorso per cassazione il procuratore della Repubblica
presso il tribunale di Roma.
Il ricorrente, con particolare riferimento al reato di cui al capo E),

sussistente dal giudice per le indagini preliminari presso il
tribunale di Roma in sede di adozione del sequestro preventivo,
avente ad oggetto gli autoveicoli destinati al servizio, disposto con
provvedimento del 29.3.2010, confermato dal tribunale del
riesame con ordinanza a sua volta sottoposta positivamente al
vaglio della Suprema Corte; quanto ai rilievi del giudice per le
indagini preliminari, osserva il pubblico ministero ricorrente che
dalle intercettazioni telefoniche emerge con chiarezza come gli
indagati, dopo l’esecuzione del sequestro preventivo, abbiano
cercato di dimostrare la regolarità dei mezzi di trasporto
attraverso una produzione documentale, rivelatasi inattendibile o
predisposta ad arte, tentando affannosamente di far apparire
regolarizzate le manchevolezze accertate dalla polizia giudiziaria;
ulteriore rilievo svolto dall’organo della pubblica accusa con il suo
ricorso attiene al mancato possesso dei requisiti tecnici degli
automezzi, che incombeva comunque all’aggiudicatario garantire,
evidenziando come gli automezzi destinati al servizio non fossero
tutti forniti esclusivamente dalla Provincia e che comunque si è
provveduto a liquidare all’aggiudicatario una parte delle sue
competenze, nonostante l’intervenuto sequestro dei veicoli,
l’impossibilità di quantificare la prestazione resa d ed i reiterati
inadempimenti dell’aggiudicatario nell’attivare il servizio di
telerilevamento.

4

evidenza, innanzitutto, che l’ipotersi di reato è stata ritenuta

In relazione, infine, al reato di turbata libertà degli incanti, il
pubblico ministero ricorrente sottolinea che la proroga di
centottanta giorni concessa dalla stazione appaltante solo al
contraente prescelto per regolarizzare i mezzi di trasporto, induce

alla scadenza del termine per decisione della stessa stazione
appaltante.
Tale ingiustificato favoritismo (ben centottanta giorni oltre i
sessanta già previsti) ha, di conseguenza, ad avviso del pubblico
ministero, dilatato i termini della procedura pubblica, non essendo
il contratto, in pendenza del termine, eseguibile, per cui l’indebita
preferenza, frutto di collusione tra funzionari ed impresa, si è
verificata all’interno della procedura medesima, che non si è
perfezionata per decisione degli stessi contraenti.
3.

Con memorie depositate in cancelleria, l’avv. Scacchi,

nell’interesse di Schiaffini Maurizio, l’avv. Usai, nell’interesse di
Monni Federicol’avv. Pisani, nell’interesse di Ciuffreda Nunzia e
l’avv. Maria Teresa Napolitano, nell’interesse di Schiaffini Olga,
Franco e Laura, illustravano le ragioni per cui il ricorso del
pubblico ministro va dichiarato inammissibile o rigettato.
4.

Il ricorso del pubblico ministero non può essere preso in

considerazione, risultando affetto da una radicale inammissibilità.
Non può non rilevarsi, al riguardo, che il suddetto ricorso
(incomprensibilmente redatto, a partire dalla pagina n. 2, su carta
recante l’intestazione “Procura della Repubblica presso il Tribunale
ordinario di Milano”) non contiene l’indicazione dei vizi da cui
sarebbe affetto il provvedimento impugnato in questa sede di
legittimità, lacuna già di per sé sufficiente a renderlo
inammissibile in considerazione della sua genericità, per omessa

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7)-

a ritenere la perdurante pendenza della procedura di scelta sino

indicazione dei motivi che, ai sensi dell’art. 606, co. 1, c.p.p.,
legittimano il ricorso per cassazione.
Costituisce, infatti, infatti una specifica causa di inammissibilità la
genericità dei motivi di ricorso, per violazione dell’art. 581, lett.

per cassazione, le regole cui bisogna attenersi nel proporre
l’impugnazione, stabilisce che nel relativo atto scritto debbano
essere enunciati, tra gli altri, “i motivi, con l’indicazione specifica
delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che sorreggono
ogni richiesta”; violazione che, ai sensi dell’art. 591, co. 1, lett. c),
c.p.p., determina l’inammissibilità dell’impugnazione stessa (cfr.
Cass., sez. VI, 30.10.2008, n. 47414, rv. 242129; Cass., sez. VI,
21.12.2000, n. 8596, rv. 219087).
Né va taciuto, a riprova della genericità del ricorso, che non tutte
le articolate questioni giuridiche affrontate, con approfondita
motivazione, dal giudice per le indagini preliminari e risolte in
senso negativo per l’ipotesi accusatoria, come quelle relative alla
configurabilità dei delitti di cui ai capi A) e B) dell’imputazione,
hanno formato oggetto di esaustivi rilievi da parte del pubblico
ministero ricorrente, che ha operato una selezione dei profili su
cui intervenire, proponendo, in questa prospettiva parziale,
rispetto alla ricchezza dell’apparato motivazionale del giudice
procedente, una lettura alternativa sul merito dei risultati
investigativi, che esula dal perimetro dell’intervento consentito
alla Corte di Cassazione.
Come affermato, infatti, dall’orientamento dominante nella
giurisprudenza del Supremo Collegio, in sede di legittimità il
controllo sulla motivazione della sentenza di non luogo a
procedere pronunciata dal giudice per le indagini preliminari ai

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c), c.p.p., che nel dettare, in generale, quindi anche per il ricorso

4

sensi dell’art. 425, c.p.p., non può avere per oggetto gli elementi
acquisiti dal pubblico ministero, ma solo la giustificazione adottata
dal giudice nel valutarli e, quindi, la riconoscibilità del criterio
prognostico adottato nella valutazione d’insieme degli elementi

(cfr., ex plurimis, Cass., sez. V, 18/03/2010, n. 15364, rv.
246874; Cass., sez. II, 28/01/2014, n. 5669, rv. 258211) profili
assolutamente negletti nel ricorso del pubblico ministero, che,
peraltro, indebitamente fa riferimento ai provvedimenti
intervenuti nella fase cautelare reale, governata, come è noto da
parametri diversi e meno stringenti in ordine alla astratta
configurabilità dei reati posti a fondamento del titolo cautelare.
5. Sulla base delle svolte considerazione il ricorso va, dunque,
dichiarato inammissibile.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso del P.M.
Così deciso in Roma il 17.2.2015

acquisiti e nell’escludere che l’accusa sia sostenibile in giudizio

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