Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 26458 del 04/05/2015


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 26458 Anno 2015
Presidente: VESSICHELLI MARIA
Relatore: PISTORELLI LUCA

SENTENZA

sui ricorsi proposti dal difensore di:
Bernagozzi Luisa, nata a Sant’Agostino, il 26/4/1951;
Nizzoli Davide, nato a Busto Arsizio, il 8/8/1971;

avverso la sentenza d2 16/10/2013 della Corte d’appello di Milano;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Luca Pistorelli;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. Enrico
Delehaye, che ha concluso per il rigetto dei ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
1.Con la sentenza impugnata la Corte d’appello di Milano ha confermato la condanna di
Bernagozzi Luisa e di Nizzoli Davide, amministratori della fallita N.T.S. s.r.l. per i reati
di bancarotta fraudolenta documentale e da operazione dolose, ritenendo in
quest’ultimo assorbito quello di cui all’art. 217 n. 4 legge fall. originariamente

Data Udienza: 04/05/2015

contestato in aggiunta, e, in parziale riforma della pronunzia di primo grado, ha assolto
i predetti imputati dalle ulteriori contestazioni di bancarotta fraudolenta patrimoniale e
di omesso deposito delle scritture contabili, provvedendo altresì alla rimodulazione delle
pene previo giudizio di bilanciamento tra le attenuanti generiche e l’aggravante della
pluralità dei fatti di bancarotta invece omesso dal primo giudice.
2. Avverso la sentenía ricorrono gli imputati con atti distinti proposti dal comune

2.1 II ricorso proposto nell’interesse di Bernagozzi Luisa articola tre motivi.
2.1.1 Con il primo deduce errata applicazione della legge penale, violazione di legge e
correlati difetti di motivazione in merito alla affermata responsabilità dell’imputata per
il reato di bancarotta documentale. Sotto un primo profilo viene lamentato, in relazione
alla contestata distruzione del libro soci, come la Corte territoriale abbia erroneamente
ritenuto irrilevante l’abolizione ad opera del d.l. n. 185/2008 dell’obbligo per le società
a responsabilità limitata di tenere tale scrittura, in grado invece di determinare
l’abrogazione parziale con effetto necessariamente retroattivo della fattispecie
incriminatrice con riguardo alle condotte di cui la stessa scrittura sia stata
eventualmente oggetto. Sotto altro profilo viene invece denunciato il difetto di
motivazione in merito alla sussistenza dell’elemento soggettivo necessario per la
configurazione della fattispecie prevista nella seconda parte dell’art. 216 comma 1 n. 2
legge fall. piuttosto che di quella prevista dall’art. 217 comma 2 della stessa legge.
2.1.2 Con il secondo motivo la ricorrente eccepisce il difetto di motivazione in merito ai
rilievi svolti con l’atto d’appello sulla configurabilità del reato di operazioni dolose.
Quanto alla mancato versamento dell’aumento di capitale la sentenza non avrebbe
spiegato come tale inadempimento possa considerarsi causa del fallimento attesa la
modesta entità dell’operazione, soprattutto se confrontata al passivo già maturata al
momento della sua deliberazione. Con riguardo invece alla minusvalenza relativa alla
svendita delle quote della S.N.A. s.r.I., la Corte territoriale, sebbene per l’appunto
specificamente sollecitata cori ir gravame di merito, non ha preso in considerazione le
dichiarazioni del teste Di Paola, dalle quali si evinceva come la valutazione delle quote
al momento dell’acquisto fosse stata influenzata dal fatto che acquisendo la società
veniva acquisito contestualmente il suo parco automezzi, poi invece rivenduto, talchè al
momento della loro cessione il patrimonio della S.N.A. si era notevolmente ridotto.
2.1.3 Con il terzo motivo vengono dedotte plurime violazioni dell’art. 597 comma 4
c.p.p. In proposito viene rilevato innanzi tutto come attraverso il giudizio di equivalenza
tra le attenuanti generiche e l’aggravante della pluralità dei fatto di bancarotta la Corte
territoriale abbia in realtà, in assenza di appello del pubblico ministero, riformato in
senso peggiorativo per l’imputata la decisione di primo grado, giacchè il Tribunale,
seppure omettendo il giudizio di bilanciamento ed applicando autonomamente le due

difensore.

circostanze, aveva riconosciuto una diminuzione di un terzo della pena per le
generiche. In secondo luogo, pur avendo assolto la Bernagozzi da due imputazioni e
ritenuto assorbito un terzo reato nell’imputazione di operazione dolose non ha
provveduto ad una ricommisurazione della pena in senso più favorevole.
2.2 Il ricorso del Nizzoli si articola a sua volta su tre motivi. I primi due sono in realtà
sovrapponibili ai corrispettivi motivi del ricorso della madre, mentre il terzo, con il
quale analogamente si lamenta la violazione del divieto di reformatio in pejus, viene

contestata aggravante la Corte territoriale, ha diminuito la pena non nella misura
massima possibile, mentre la diminuzione riconosciuta in primo grado – sebbene in
difetto del giudizio di bilanciamento – era stata quella corrispondente al massimo
edittale. Non di meno anche per il Nizzoli viene denunciata la mancata
ricommisurazione della pena in conseguenza dell’intervenuta assoluzione dell’imputato
da alcune imputazioni.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. I ricorsi sono fondati nei limiti che di seguito verranno illustrati.
2. Infondata è in realtà la prima doglianza avanzata con il primo motivo di entrambi i
ricorsi.
2.1 Non è in dubbio che l’art. 16 d. I. n. 185/2008 conv. nella I. n. 2/2009, nel
modificare l’art. 2478 c.c., abbia soppresso l’obbligo per le società a responsabilità
limitata di tenere il libro dei soci, obbligo cui invece al momento del fallimento (nel
2006) la N.T.S. era, assoggettata. Tale soppressione è peraltro conseguenza del mutato
regime di pubblicità della composizione della compagine sociale introdotto
nell’occasione dal legislatore e che prevede ora l’annotazione nel registro delle imprese
delle iscrizioni che in precedenza dovevano essere effettuate nel menzionato libro soci.
2.2 La modifica normativa, contrariamente a quanto sostenuto dai ricorrenti„ .non incide
però sulla configurabilità del reato contestato agli imputati. Ed infatti l’art. 216 comma
1 n. 2 legge fall. punisce la sottrazione, distruzione e falsificazione dei libri e delle
scritture che il fallito doveva tenere ai sensi della normativa vigente al momento della
gestione dell’impresa a tutela della procedura concorsuale e del soddisfacimento degli
interessi dei creditori, cui l’ostensibilità del patrimonio del debitore – e quindi la sua
ricostruibilità – è strumentale.
2.3 E’ in quest’ottica che deve dunque essere interpretato il rinvio implicitamente
operato dalla norma incriminatrice alle disposizioni del codice civile che individuano gli
obblighi contabili dell’imprenditore commerciale, che non vengono ad integrare il
precetto penale, ma soltanto a definire un elemento normativo della fattispecie e i cui
fenomeni successori risultano dunque irrilevanti. In altri termini il precetto sotteso dalla

evidenziato come, dopo aver riconosciuto le attenuanti generiche prevalenti sulla

norma menzionata è quello di rendere disponibili alla curatela tutti i libri e le scritture
che, ai sensi degli art. 2214 e 2478 c.c., la società era tenuta ad istituire e conservare
nel periodo antecedente all’instaurazione della procedura concorsuale al fine di
consentire la ricostruzione del suo patrimonio e dei fatti gestionali, talchè la circostanza
che in epoca successiva tale obbligo sia stato ridimensionato (o come nel caso di specie
sostituito con altro) è del tutto ininfluente ai fini della perinnetrazione del fatto

3. Colgono invece nel segno le censure, sempre contenute nel menzionato primo
motivo, tese ad evidenziare il difetto di motivazione da parte della Corte territoriale
sulla sussistenza dell’elemento soggettivo della bancarotta fraudolenta documentale. In
proposito va rilevato che agli imputati sono contestate due condotte: quella di aver
sottratto o distrutto il già menzionato libro dei soci e quella di aver tenuto gli altri libri
sociali in maniera tale da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio e del
movimento degli affari della fallita. Ed in tal senso la sentenza non ha in alcun modo
motivato – e men che meno risposto alle obiezioni svolte sul punto con il gravame di
merito – in ordine alla sussistenza del dolo specifico necessario a sostenere la prima
condotta e all’effettiva desumibilità della volontarietà della seconda in ragione della
natura delle irregolarità contabili registrate dal curatore e solo genericamente evocate
dai giudici di merito.

4. Analogo difetto di motivazione rilevabile è quello denunciato con il secondo motivo
dei due ricorsi con riguardo all’effettiva realizzazione di una minusvalenza in occasione
della vendita delle quote della S.N.A., atteso che con i motivi d’appello i ricorrenti
avevano lamentato l’omessa considerazione da parte del Tribunale delle spiegazioni
offerte dal teste Di Paola in ordine all’effettiva perdita di valore delle suddette quote al
momento della loro cessione a seguito della pregressa vendita dei cespiti che
qualificavano il patrimonio della società. La circostanza è ovviamente rilevante ai fini
della configurabilità del reato di operazioni dolose contestato, giacchè se le quote sono
state vendute ad un prezzo non incompatibile con il loro effettivo valore deve allora
verificarsi l’eventuale illiceità della causa della minusvalenza conseguita e della sua
effettiva incidenza sul dissesto della fallita. Era dunque doveroso fornire un-a risposta
alla doglianza difensiva, anche solo per confutare la fondatezza o l’effettività di quanto
asseritamente attribuito al Di Paola ovvero l’ininfluenza delle sue dichiarazioni ai fini
della sussistenza del reato alla luce del complesso delle risultanze processuali. Dovere
cui la Corte territoriale si è sottratta in maniera ingiustificata.

5. Ed anche con riguardo all’operazione dolosa ad oggetto l’omissione dei versamenti
necessari alla ricostituzione del capitale sociale la motivazione della sentenza si rivela

penalmente rilevante.

assai lacunosa, limitandosi all’apodittica affermazione della efficienza causale della
condotta in merito alla produzione del dissesto o anche solo del suo aggravamento, non
tenendo conto dell’esiguo valore dell’aumento del capitale sociale deliberato, sia in
termini assoluti, che relativamente all’entità del dissesto già conclamatosi.

6. L’accoglimento dei motivi illustrati comporta l’assorbimento di quelli relativi al
trattamento sanzionatorio e l’annullamento della sentenza con rinvio ad altra sezione

individuate lacune motivazionali.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo esame ad altra sezione della Corte
d’appello di Milano.

della Corte d’appello di Milano per nuovo esame in ordine ai punti cui attengono le

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