Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 26452 del 04/05/2015


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 26452 Anno 2015
Presidente: VESSICHELLI MARIA
Relatore: PISTORELLI LUCA

SENTENZA

sul ricorso proposto dal difensore di:
Vitelli Angelo, nato a Bari, il 30/3/1970;

avverso la sentenza del 10/6/2013 della Corte d’appello di Bari;
visti gli atti, il .provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Luca Pistorelli;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. Enrico
Delehaye, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito per l’imputato l’avv. Massimo Campolmi, che ha concluso chiedendo
l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con la sentenza impugnata la Corte d’appello di Bari ha confermato la condanna di
Vitelli Angelo per il reato di bancarotta semplice documentale commesso nella sua
qualità di amministratore della Holding s.r.l. dichiarata fallita il 20 febbraio 2006,

Data Udienza: 04/05/2015

mentre in parziale riforma della pronunzia di primo grado, ha assolto l’imputato per il
concorrente reato di omesso deposito delle scritture contabili ritenendo il fatto non più
previsto dalla legge come reato.
2. Avverso la sentenza ricorre l’imputato a mezzo del proprio difensore articolando tre
motivi.
2.1 COP il primo Motivo deduce errata applicazione della legge penale, “eccependo

fallibilità introdotte dall’art. 1 d. Igs. n. 5/2006, alla luce delle quali la Holding s.r.l. non
sarebbe più assoggettabile a fallimento. Pur nella consapevolezza dell’orientamento
espresso dalle Sezioni Unite con la sentenza Niccoli sul tema in oggetto, il ricorrente
prospetta la necessità di una lettura costituzionalmente orientata dell’art. 2 comma 3
c.p. e della norma incriminatrice finalizzata ad interpretare quest’ultima nel senso di
considerare autore proprio del reato contestato non già l’imprenditore fallito, bensì
quello “fallibile” e cioè assoggettabile a fallimento, con la conseguente rilevanza delle
modifiche normative ricordate in quanto concorrenti a definire la qualifica del soggetto
attivo del reato, consentendo così di riassorbire l’evidente disparità di trattamento
esistente tra colui che hanno posto in essere la medesima condotta, rispettivamente,
prima e dopo l’entrata in vigore della citata novella. In subordine richiede di sollevare
questione di legittimità costituzionale in relazione ai profili evidenziati.
2.2 Anche con il secondo motivo il ricorrente denuncia l’errata applicazione della legge
penale, rilevando come il significato attribuibile al precetto contenuto nel secondo
comma dell’art. 217 comma 2 legge fall. – contrariamente a quanto sostenuto dalla
sentenza impugnata – non possa essere che quello per cui è punito l’imprenditore che
nei tre anni precedenti alla dichiarazione di fallimento abbia omesso di tenere le
scritture contabili obbligatorie ovvero le abbia tenute in modo irregolare, con la
conseguenza che eventuali condotte che – come nel caso di specie – non si siano
protratte per tutto l’arco temporale definito dalla norma incriminatrice devono ritenersi
atipkhe e dunque penalmente irrilevanti. Ancora con lo stesso motivo il ricorrente
deduce vizi della motivazione in merito all’omessa considerazione delle conclusioni del
consulente della difesa sulla possibilità di estrapolare dal libro inventari tutti i dati
relativi al bilancio. Infine viene eccepita l’inoffensività del fatto contestato in quanto
relativo ad un periodo in cui la fallita già aveva cessato la sua attività.
2.3 Con il terzo ed ultimo motivo il ricorrente lamenta infine difetto di motivazione sulla
determinazione dell’entità della riduzione della pena disposta a seguito dell’assoluzione
dell’imputato per il reato di omesso deposito delle scritture contabili.
CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile.

l’intervenuta abolitío críminis a seguito delle modifiche dei requisiti soggettivi di

2. Manifestamente infondato è il primo motivo proposto dal ricorrente.
2.1 Come peraltro ricordato nello stesso ricorso, le Sezioni Unite hanno già chiarito
come il giudice penale investito del giudizio relativo a reati di bancarotta non può
sindacare la sentenza dichiarativa di fallimento – la quale nella struttura dei reati di
bancarotta assume rilevanza nella sua natura di provvedimento giurisdizionale e non
per i fatti con essa accertati – quanto al presupposto oggettivo dello stato di insolvenza
dell’impresa e ai presupposti soggettivi inerenti alle condizioni previste per la fallibilità

D.Lgs. 9 gennaio 2006, n. 5 e dal D.Lgs. 12 settembre 2007, n. 169, non esercitano
influenza ai sensi dell’art. 2 c.p. sui procedimenti penali in corso (Sez. Un., n. 19601
del 28 febbraio 2008, Niccoli, Rv. 239398).
2.2 In tal senso quelle che hanno interessato la disciplina dei requisiti di fallibilità sono
vicende successorie di norme extra-penali che non integrano la fattispecie
incriminatrice e che pur influendo sulla – punibilità o meno di determinate – condotte, non
implicano una modifica della disposizione sanzionatoria penale, il cui ambito operativo è
rimasto immutato. Conseguentemente non si registra alcuna disparità di trattamento
che necessiti nell’interpretazione della norma incriminatrice un riequilibrio, atteso che il
discrimine da tenere presente è quello non già della verifica dei presupposti per la
dichiarazione di fallimento, bensì della sussistenza di una dichiarazione siffatta, ancora
oggi richiesta dalla struttura della fattispecie (Sez. 5, n. 19889/14 del 24 ottobre 2013,
Raponi, in motivazione). E ciò a tacere del fatto che quella proposta dal ricorrente non
è una mera rilettura costituzionalmente orientata della norma incriminatrice, bensì un
vero e proprio intervento manipolatore del dato testuale in grado di stravolgere
l’intenzione legislativa così come palesata dal significato della disposizione.
2.3 ‘Manifestamente infondéta è- pertanto’ ‘é te-r le stesse ragioni anche l’eccezione di
illegittimità costituzionale sollevata in subordine dal ricorrente.

3. Manifestamente infondato e per certi versi generico è altresì il secondo motivo.
3.1 La Corte territoriale ha infatti correttamente applicato il consolidato principio
affermato da questa Corte per cui nel reato di bancarotta semplice documentale, la
mancata o irregolare tenuta delle scritture contabili non deve protrarsi per l’intero
triennio precedente alla dichiarazione di fallimento, sussistendo-il -reato-anche se tale
condotta venga tenuta, durante il periodo di tempo indicato, per un arco temporale
inferiore ai tre anni, essendo la ratio dell’incriminazione rinvenibile nell’esigenza di
tutela della correttezza delle tenuta delle scritture contabili, che può essere elusa in
ogni momento ed anche per breve periodo, valendo la previsione triennale a segnalare
solo il limite temporale sino vi quale può spingersi l’accertamento al riguardo
multis Sez. 5, n. 8610/12 del 20 dicembre 2011, Cruciani, Rv. 251732).

(ex

dell’imprenditore, sicché le modifiche apportate all’art. 1 R.D. n. 267 del 1942 dal

3.2 Quanto invece ai vizi della motivazione lamentati dal ricorrente deve rilevarsi che le
censure si risolvono nella denuncia dell’omessa valutazione di un atto probatorio solo
genericamente indicato e il cui contenuto viene riportato in maniera sommaria e
parziale, non consentendosi in tal modo al giudice di legittimità di apprezzare il vizio
dedotto.
3.3 Né coglie nel segno l’obiezione relativa all’inoperatività dell’impresa, che non solo
non legittima di per sé l’omessa tenuta delle scritture contabili (condotta cui si riferisce

necessità di procedere ad annotazioni contabili.
4. Manifestamente infondato è anche il terzo motivo, atteso che la Corte territoriale,
conseguentemente all’assoluzione dell’imputato per il reato di cui all’art. 220 legge fall.,
si è correttamente limitata a ridurre la pena irrogata dal Tribunale nella misura in cui
quest’ultimo l’aveva aumentata per la continuazione con il suddetto reato, senza essere _
tenuta a dare conto di ulteriori valutazioni sulla congruità del trattamento sanzionatorio
invero non devolutegli con il gravame di merito
5. Deve infine rilevarsi che il termine di prescrizione del reato si è compiuto al più tardi
il 20 agosto 2013, non risultando dagli atti che lo stesso abbia subito sospensioni nel
corso del procedimento.
5.1 Escluso, dunque, che l’estinzione del reato per prescrizione potesse essere
dichiarata nel giudizio di merito, va rilevato che neppure può essere dichiarata d’ufficio
in questa sede, ostandovi la inammissibilità del ricorso conseguente alla genericità e
manifesta infondatezza dei motivi dedotti.
5.2 La oramai consolidata e qui condivisa giurisprudenza di questa Corte afferma,
infatti, che l’inammissibilità del ricorso per cassazione dovuta alla manifesta
infondatezza dei motivi non consente il formarsi di un valido rapporto di
impugnazione e preclude, pertanto, la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di
non punibilità a norma dell’articolo 129 c.p.p. (Sez. Un. n. 32 del 22 novembre 2000,
De Luca, rv 217266).

6. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue ai sensi dell’art. 616 c.p.p. la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della
somma, ritenuta congrua, di euro mille alla cassa delle ammende.

P.Q.M.

in parte la contestazione), ma che in ogni caso non è sinonimo del venir meno della

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma die uro 1.000 in favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso il 30/1/2015

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