Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 26448 del 10/03/2015


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 26448 Anno 2015
Presidente: LOMBARDI ALFREDO MARIA
Relatore: LIGNOLA FERDINANDO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
SHEHI BLEDAR N. IL 18/12/1970
avverso la sentenza n. 5758/2009 CORTE APPELLO di BOLOGNA,
del 24/01/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 10/03/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. FERDINANDO LIGNOLA
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv.

Data Udienza: 10/03/2015

Il Sostituto Procuratore generale della Corte di cassazione, dr. Mario Pinelli,
ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza in data 13 ottobre 2008, il G.U.P. presso il Tribunale di
Ravenna, all’esito del giudizio abbreviato, condannava alla pena di giustizia

durante un controllo per l’identificazione veniva trovato in possesso di un
documento falso valido per l’espatrio con apposta la propria effigie, rilasciato
dalle autorità bulgare, reato posto in continuazione con quelli già giudicati dal
Ttribunale di Ravenna con sentenza del 24 aprile 2008. In particolare il giudice di
primo grado riteneva sussistere il delitto di fabbricazione di passaporto falso, in
luogo di quello di possesso di tale documento, ritenendo che la fattispecie
aggravata fosse compiutamente descritta in fatto nel capo di imputazione.
2. La Corte d’appello di Bologna, con sentenza del 24 gennaio 2014, ritenuta
l’ipotesi di cui al primo comma dell’art. 497-bis cod. pen. rideterminava la pena
in misura più lieve, confermando nel resto la condanna.
3-. H•a proposto ricorso per -cassazione- ‘imputato, per il tramite del zliferrsore-,-

avv. Carlo Benini, deducendo inosservanza di norme processuali stabilite a pena
di nullità, per violazione dell’articolo 521 cod. proc. pen., poiché a suo giudizio
la Corte territoriale, una volta constatato che

“la contestazione di cui

all’imputazione è equivoca in ordine alla partecipazione alla contraffazione” e che
“la riqualificazione operata dal giudice di primo grado, pertanto, ha messo in
grado l’imputato di compiuta difesa”,

avrebbe dovuto annullare la decisione

impugnata e trasmettere gli atti al giudice di primo grado, per un nuovo giudizio.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile.
2. La doglianza in ordine alla violazione dell’articolo 521 cod. proc. pen. è
ma n ftestamerrte-infon-data.– Proprio per ricondurre la decisione alla contestazione originaria di possesso
del documento falso, la Corte territoriale ha escluso che potesse affermarsi il
delitto di fabbricazione del documento di identificazione falso (art.

497-bis,

comma 2, cod. pen.), perché non chiaramente contestato, ed ha rideterminato in
melius la pena, in accoglimento della richiesta difensiva già proposta in primo
grado (e riportata nella sentenza del G.U.P. di Ravenna) e riproposta con il primo
(e principale) motivo di appello. Solo in subordine era stata eccepita una nullità

Shehi Bledar per il delitto di cui all’articolo 497-bis, comma 2, cod. pen., perché

per violazione dell’art. 521 cod. proc. pen., in modo del tutto generico.
Nessun problema di rispetto del principio di correlazione tra accusa e
sentenza può residuare, alla luce del tenore letterale della contestazione, che si
riporta testualmente: “del reato p. e p. dall’art. 497 bis c.p. perché durante un
controllo per l’identificazione, veniva trovato in possesso di un documento falso
valido per l’espatrio (passaporto) con apposta la propria effige… omissis”.
3. Né è sostenibile che il giudice di appello avrebbe dovuto trasmettere gli

sentenza di primo grado e la contemporanea trasmissione degli atti al P.M.
competente, perché si proceda a un nuovo giudizio, presuppone che si accerti
che il fatto è diverso da quello contestato; in tal caso il giudice di secondo grado
non può decidere, in quanto sottrarrebbe all’imputato un grado di giudizio e ne
violerebbe conseguentemente in maniera irreparabile il diritto di difesa.
Nei caso in esame, invece, la Corte di merito non ha offerto indicazioni sulla
diversità del fatto rispetto a quello contestato, ma ha posto il problema della
corretta qualificazione giuridica del fatto, così come contestato e accertato,
riconducendolo a quella correttamente enunciata nell’imputazione.
4. In conclusione il ricorso è inammissibile; alla rilevata inammissibilità del
ricorso . conseguoncrle statutzioni -di– cui -all’art. 616 cod. proc. pen., – con condanna
del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché (trattandosi di causa
di inammissibilità riconducibile alla volontà, e quindi a colpa, del ricorrente: cfr.
Corte Costituzionale sent. n. 186 del 7-13 giugno 2000) al versamento, a favore
della cassa delle ammende, di una somma che si ritiene equo e congruo
determinare in €1.000.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1000 in favore della cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, il 10 marzo 2015
Il consigliere estensore

Il presidente

atti al giudice di primo grado per un nuovo giudizio, poiché l’annullamento della

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