Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 26445 del 17/02/2015


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 26445 Anno 2015
Presidente: VESSICHELLI MARIA
Relatore: GUARDIANO ALFREDO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
BARONE GIACOMO N. IL 26/04/1964
avverso la sentenza n. 4069/2013 CORTE APPELLO di PALERMO,
del 16/09/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 17/02/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ALFREDO GUARDIANO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. toL-0-,1che ha concluso per
31
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941ce.,
o

Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv.

Data Udienza: 17/02/2015

42nt)

FATTO E DIRITTO

1. Con sentenza pronunciata il 16.9.2014 la corte di appello di
Palermo confermava la sentenza con cui il tribunale di Trapani,

la responsabilità penale di Barone Giacomo in relazione ai reati di
cui agli artt. 640, co. 1, c.p. (capo a); 61, n. 2, 477, 482, c.p.
(capo b); 48, 480, c.p. (capo c); 81, cpv., 48, 479, c.p. (capo d);
61, n. 2, 483, c.p. (capo e); 477, 482 (capo f); 81, cpv., 477,
482, c.p., (capo g), condannandolo unificati i reati in questione
sotto il vincolo della continuazione, alla pena di anni due mesi due
di reclusione, di cui mesi quattro di reclusione, complessivamente
inflitti a titolo di aumento per la continuazione con riferimento ai
reati di cui ai capi b); c); e) e g), venivano dichiarati dallo stesso
giudice di primo grado estinti in applicazione dell’indulto.
2.

Avverso la sentenza della corte dì appello ha proposto

tempestivo ricorso per cassazione il Barone, Caruso, a mezzo del
suo difensore di fiducia, avv. Leonardo Salato, lamentando: 1)
violazione di legge, in relazione agli artt. 640, co. 1, c.p. e 124,
c.p., in quanto, in relazione al delitto di truffa di cui al capo a)
dell’imputazione, la persona offesa Corrado Massimiliano ha
sporto querela solo il 31 maggio 2006, oltre il termine di tre mesi
previsto dalla legge , in quanto già in data 31 luglio 2005 il
Corrado era a conoscenza di tutti gli elementi che gli avrebbero
consentito di querelare l’imputato per la truffa in suo danno; 2)
violazione di legge in relazione all’art. 157, c.p., in quanto la corte
territoriale non si è avveduta che il termine di prescrizione relativo
~1,0
al reato di cui al capo e) dell’imputazione si- è ~dito il
15.3.2014, quindi circa sei mesi prima della pronuncia della

sezione distaccata di Alcamo, in data 11.6.2012, aveva affermato

sentenza di secondo grado; 3) violazione di legge e vizio di
motivazione della sentenza impugnata, in quanto, in relazione ai
reati di cui ai capi b); f) e g), la responsabilità del Barone non può
essere affermata per il solo fatto dell’accertata detenzione da

domiciliare del 9.8.2006, e dell’esistenza a suo carico di
precedenti penali specifici, essendo configurabile a carico del
Barone, piuttosto, a tutto voler concedere, la diversa ipotesi di
reato di cui all’art. 489, c.p.
3. In via preliminare va rilevata l’intervenuta estinzione per
prescrizione del delitto di cui all’art. 483, c.p., di cui al capo e),
denunciata dal ricorrente.
Ed invero, trattandosi di reato consumato in data 19.3.2005, alla
luce della disciplina di cui agli artt. 157 e ss., c.p., antecedente
alle modifiche apportate dall’art. 6, co., 1, I. 5 dicembre 2005, n.
251, applicabile nel caso concreto, il relativo termine di
prescrizione, nella sua estensione massima (pari a sette anni e sei
mesi), considerati gli atti interruttivi intervenuti, ed in presenza di
cause di sospensione del relativo decorso per un periodo
corrispondente a sessantuno giorni, risulta perento il 19.11.2012.
Di conseguenza, in ossequio al principio della immediata
declaratoria di determinate cause di non punibilità sancito dall’art.
129 c.p.p., trattandosi di una causa di estinzione del reato
verificatasi prima della pronuncia della sentenza di secondo grado
essa va rilevata in questa sede, non risultando, peraltro, nessuna
delle ipotesi previste dall’art. 129, co. 2, c.p.p., che imporrebbero
una pronuncia più favorevole nei confronti dell’imputato.
Come affermato, infatti, dalla giurisprudenza dominante in sede di
legittimità, il principio della immediata declaratoria di determinate

2

parte sua dei documenti falsi, rinvenuti all’esito della perquisizione

cause di non punibilità sancito dall’art. 129 c.p.p., impone che nel
giudizio di cassazione, qualora ricorrano contestualmente una
causa estintiva del reato e una nullità processuale anche assoluta
e insanabile, si dia prevalenza alla prima, salvo che l’operatività

valutazioni riservati al giudice di merito, nel qual caso (non
ricorrente nella fattispecie in esame) assume rilievo pregiudiziale
la nullità, in quanto funzionale alla necessaria rinnovazione del
relativo giudizio (cfr., ex plurimis, Cass., sez. VI, 26.3.2008, n.
21459, P., rv. 240066).
Il

giudice

di

legittimità,

del

resto,

come

affermato

dall’orientamento dominante in sede di legittimità, può rilevare
d’ufficio la prescrizione del reato maturata prima della pronunzia
della sentenza impugnata e non rilevata dal giudice d’appello, pur
se non dedotta in quella sede, e nonostante l’inammissibilità del
ricorso per cassazione, ma solo se, a tal fine, non occorra, come
nella fattispecie in esame, alcuna attività di apprezzamento delle
prove finalizzata all’individuazione di un “dies a quo” diverso da
quello indicato nell’imputazione contestata e ritenuto nella
sentenza di primo grado (cfr.,

ex plurimis,

Cass., sez. III,

30/01/2014, n. 14438, rv. 259135).
4 Nel resto il ricorso del Barone non può essere accolto.
Ed invero, quanto al primo motivo di ricorso, ne va dichiarata
l’inammissibilità, ai sensi dell’art. 606, co. 3, c.p.p., in quanto con
esso si deduce una violazione di legge (tardività della querela),
che non è stata dedotta in sede di appello e non può, quindi,
essere prospettata per la prima volta in questa sede di legittimità.
Con riferimento al secondo motivo di ricorso, se ne deve rilevare,
invece, l’infondatezza.

3

della causa estintiva non presupponga specifici accertamenti e

Non appare revocabile in dubbio che la condotta dell’imputato sia
riconducibile al paradigma normativo di cui agli artt. 477 e 489,
c.p., piuttosto che alla previsione di cui all’art. 489, c.p., come
correttamente affermato dai giudici di merito.

infatti, la cui disponibilità in capo al Barone non forma oggetto di
contestazione, sono immediatamente riconducibili all’imputato,
trattandosi, da un lato di documenti originariamente a lui rilasciati
(come la carta di identità n. Al 2114642, di cui al capo b e la
tessera elettorale n. 047532835, di cui al capo f), tutti contraffatti
mediante l’apposizione delle generalità di tal Barone Domenico,
dall’altro di documenti, indicati nel capo g), apparentemente
rilasciati a tal Barone Girolamo, soggetto inesistente, che egli
utilizzava per aprire un conto corrente postale presso l’ufficio di
Alcamo delle Poste Italiane, tra cui spicca la carta di identità n.
AG6568021, recante una fotografia riproducente l’effige del
suddetto Barone Giacomo.
Appare, dunque, logicamente coerente ritenere il Barone
responsabile della contraffazione dei documenti di cui ai capi b) ed
f), mediante l’apposizione di dati falsi sulla carta di identità e sulla
tessera elettorale, a lui imputabile, avendone, in qualità di
legittimo titolare, la completa e diretta disponibilità.
Alla stessa conclusione si perviene anche con riferimento ai
documenti di cui al capo g), in quanto solo il Barone poteva
formare o concorrere a formare la falsa carta di identità innanzi
indicata apponendovi la propria fotografia, sicché appare del tutto
coerente che egli abbia formato o concorso a formare anche gli
ulteriori documenti falsi indicati nel suddetto capo d’imputazione
(codice fiscale e certificato di residenza) inserendovi i dati falsi

4

Tutti i documenti indicati nei capi b); f) e g) dell’imputazione,

relativi all’inesistente Barone Girolamo (cfr. in tema di
responsabilità per reato di falso nel caso di apposizione sul
documento di dati falsi ovvero della fotografia dell’imputato non
corrispondente al formale intestatario del documento, Cass., sez.

1923).
5. In conclusione, in relazione al delitto di cui al capo e)
dell’imputazione la sentenza impugnata va, annullata senza rinvio,
per essere il reato estinto per prescrizione, con conseguente
eliminazione, ai sensi dell’art. 621, c.p.p., della relativa pena di
mesi uno di reclusione, inflitta a titolo di aumento per la
continuazione, e rideterminazione del trattamento sanzionatorio
nei confronti dell’imputato nella misura di anni due mesi uno di
reclusione, dovendosi rigettare nel resto il ricorso.
Il parziale accoglimento di uno dei motivi di ricorso, comporta che
il Barone non sia condannato al pagamento delle spese
processuali.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata, limitatamente al reato di cui al
capo E, senza rinvio per essere lo stesso estinto per prescrizione
ed elimina la relativa pena di un mese di reclusione,
rideterminando il trattamento sanzionatorio in anni 2 mesi 1 di
reclusione. Rigetta nel resto.
Così deciso in Roma il 17.2.2015

V, 26.3.1987, n. 8101, rv. 176364; Cass., sez. V, 26/11/2010, n.

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