Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 26444 del 17/02/2015


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 26444 Anno 2015
Presidente: VESSICHELLI MARIA
Relatore: GUARDIANO ALFREDO

Data Udienza: 17/02/2015

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CARUSO PIETRO N. IL 29/07/1963
avverso la sentenza n. 1/2014 TRIBUNALE di SULMONA, del
15/04/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 17/02/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ALFREDO GUARDIANO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. *9.-oL.c.~17che ha concluso per
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Udito, per la parte civile, l’Avv
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FATTO E DIRITTO

1. Con sentenza pronunciata il 15.4.2014 il tribunale di Sulmona,
in qualità di giudice di appello, confermava la sentenza con cui il

condannato Caruso Pietro alla pena ritenuta di giustizia ed al
risarcimento dei danni derivanti da reato in favore della costituita
parte civile, liquidati nella somma di euro 2000,00, in relazione ai
reati di cui agli artt. 581, c.p. (capo a); 594, c.p. (capo b); 612,
c.p. (capo c), commessi in danno di Maddamma Roberto.
2. Avverso la sentenza del tribunale ha proposto tempestivo
ricorso per cassazione il Caruso, a mezzo dei propri difensori di
fiducia, lamentando: 1) la manifesta illogicità della motivazione,
che deriva dal contrasto tra il contenuto delle dichiarazioni rese
dalla parte civile e la versione dei fatti fornita dall’imputato,
confortata dalla documentazione prodotta dalla difesa di
quest’ultimo, risultando, in particolare, la narrazione proveniente
dal

Maddamma

in

ordine alla

dinamica

dell’accaduto

assolutamente non neutrale, a differenza di quanto affermato dal
giudice di secondo grado, il quale, peraltro, ha omesso di
considerare, nella valutazione sulla credibilità soggettiva della
parte civile, che il Maddamma era animato da motivi di astio nei
confronti del Caruso, per essere stato soccombente in un giudizio
civile che lo vedeva contrapposto ai genitori dell’imputato; 2) la
mancanza di motivazione sulla sussistenza delle fattispecie in
contestazione, che, a fronte della negazione del Caruso di avere
incontrato il Maddamma e di avere commesso in danno di
quest’ultimo i reati in premessi indicati, il tribunale ritiene
dimostrata sulla base di asserzioni sguarnite di contenuto logico

giudice di pace di Caste! di Sangro, in data 21.6.2013, aveva

ed affermativo; 3) omessa motivazione in ordine alla condanna al
risarcimento dei danni in favore della costituita parte civile; 4)
violazione di legge con riferimento alla mancata concessione dei
benefici della sospensione condizionale della pena e della non

3. Il ricorso non può essere accolto, essendo inammissibili, sotto
diversi profili i motivi su cui si fonda.
4. Ed invero non può non rilevarsi come il primo ed il secondo
motivo di ricorso siano del tutto generici, con conseguente
violazione dell’art. 581, lett.

c),

c.p.p., che nel dettare, in

generale, quindi anche per il ricorso in Cassazione, le regole cui
bisogna attenersi nel proporre l’impugnazione, stabilisce che nel
relativo atto scritto debbano essere enunciati, tra gli altri, “i
motivi, con l’indicazione specifica delle ragioni di diritto e degli
elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta”; violazione che, ai
sensi dell’art. 591, co. 1, lett. c), c.p.p., determina, per l’appunto,
l’inammissibilità dell’impugnazione stessa (cfr. Cass., sez. VI,
30.10.2008, n. 47414, rv. 242129; Cass., sez. VI, 21.12.2000, n.
8596, rv. 219087).
Il tribunale, del resto, con motivazione approfondita ed immune
da vizi, ha fornito adeguata risposta a tutte le doglianze formulate
nei motivi appello, fondando la sua decisione sulla narrazione
della parte civile, di cui il giudice di secondo grado ha valutato
specificamente la credibilità personale e l’attendibilità intrinseca
delle dichiarazioni rese, alla luce delle circostanze riferite dalla
stessa persona offesa, individuando, inoltre, pur non essendo
necessario, nel contenuto dei certificati medici in atti, che
attestano le percosse subite dal Maddamma, un oggettivo
elemento di riscontro a tali dichiarazioni.

2

menzione della condanna.

In tal modo il tribunale, superando motivatamente il dubbio che lo
stesso giudice di secondo grado riteneva astrattamente
configurabile sulla credibilità personale del Maddamma, in
considerazione della lite civile che lo aveva contrapposto ai

pacificamente affermati dalla giurisprudenza di legittimità in tema
di valutazione probatoria delle dichiarazioni provenienti dalla
persona offesa che si sia costituita parte civile, secondo cui le
dichiarazioni della persona offesa costituita parte civile possono
essere legittimamente poste da sole a fondamento
dell’affermazione di penale responsabilità dell’imputato, previa
verifica, corredata da idonea motivazione, della credibilità
soggettiva del dichiarante e dell’attendibilità intrinseca del suo
racconto, che peraltro deve in tal caso essere più penetrante e
rigoroso rispetto a quello cui vengono sottoposte le dichiarazioni
di qualsiasi testimone (cfr. Cass., sez. un., 19/07/2012, n. 41461,
P.M., rv. 253214).
Se a ciò si aggiunge che il tribunale, con motivazione condivisibile,
oltre a soffermarsi sulle percosse, ha evidenziato sia il carattere
oggettivamente ingiurioso dell’espressione “ladro” e quello
minaccioso dell’espressione “fargli la pelle”, rivolta, come la
prima, dall’imputato alla persona offesa, “in un pregresso
contesto di rapporti conflittuali e in circostanze concomitanti a
quelle delle percosse”, integrando, per tale ragione, “in modo
serio la prospettazione di un male ingiusto”, appare evidente
come i motivi di ricorso di cui si discute debbano ritenersi
inammissibili anche per manifesta infondatezza.
5. Inammissibile deve ritenersi anche il motivo di ricorso sub n.
3).

3

genitori del Caruso, ha fatto buon governo dei principi

In tema di liquidazione del danno morale, infatti, la relativa
valutazione del giudice, in quanto affidata ad apprezzamenti
discrezionali ed equitativi, costituisce valutazione di fatto sottratta
al sindacato di legittimità se sorretta da congrua motivazione (cfr.

in esame in cui il tribunale, lungi dall’omettere di motivare sul
punto, ha evidenziato che la quantificazione della somma dovuta
dall’imputato a titolo di risarcimento, è stata effettuata dal giudice
di primo grado facendo riferimento ai beni giuridici offesi, sicché la
doglianza difensiva al riguardo appare, al tempo stesso,
manifestamente infondata e generica
4. Ad identica soluzione deve pervenirsi anche in ordine all’ultimo
motivo di ricorso, in quanto, da un lato la concessione dei benefici
della sospensione e della non menzione della condanna inflitta in
primo grado non ha formato oggetto di una specifica richiesta in
sede di appello, per cui il giudice di secondo grado non era tenuto
a disporla d’ufficio (cfr. Cass., sez. IV, 03/12/2013, n. 1513, rv.
258487), dall’altro il ricorrente non ha indicato alcun elemento di
fatto astrattamente idoneo a fondare l’accoglimento della
richiesta, risultando anche per questa ragione il motivo
inammissibile per genericità.
5. Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue la
condanna del ricorrente, ai sensi dell’art. 616, c.p.p., al
pagamento delle spese del procedimento e della somma di euro
1000,00 a favore della cassa delle ammende, tenuto conto della
circostanza che l’evidente inammissibilità dei motivi di
impugnazione, non consente di ritenere il ricorrente medesimo
immune da colpa nella determinazione delle evidenziate ragioni di
inammissibilità (cfr. Corte Costituzionale, n. 186 del 13.6.2000).

4

Cass., sez. VI, 28/11/2013, n. 48461, rv. 258170), come nel caso

P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese processuali e della somma di euro
1000,00 in favore della cassa delle ammende.

Così deciso in Roma il 17.2.2015

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