Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 26416 del 10/03/2015
Penale Ord. Sez. 7 Num. 26416 Anno 2015
Presidente: GENTILE MARIO
Relatore: DE CRESCIENZO UGO
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
BALBO SALVATORE N. IL 15/10/1957
avverso la sentenza n. 1146/2013 CORTE APPELLO di CATANIA, del
17/01/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. UGO DE CRESCIENZO;
Data Udienza: 10/03/2015
MOTIVI DELLA DECISIONE
L’imputato BALBO Salvatore, ricorrendo per Cassazione avverso il provvedimento in
epigrafe riportato, lamenta:
§1) Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al reato di cui all’art. 640 c.p.,
poiché nella condotta dell’imputato non sono ravvisabili artifici o raggiri
§2) violazione di legge perché il decreto di citazione per il giudizio di appello è stata
notificato in un luogo diverso dal domicilio eletto e a mani di una terza persona
Con riferimento al primo motivo di ricorso va osservato che “Ai sensi degli art. 606, 1 9
comma, e 591, 1 9 comma, lett. c), c.p.p. (in relazione al difetto dei requisiti
dell’impugnazione indicati dall’art. 581, lett. c, c.p.p.), è inammissibile il ricorso per
cassazione nel quale si propongano censure attinenti al merito della decisione,
congruamente giustificata, mancando peraltro una specifica indicazione della correlazione
fra le motivazioni della decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’atto di
impugnazione” [Cass. pen., sez. Il, 30.10.2008, n. 44912, Sozzo e, negli stessi termini, Cass.
pen., sez. Il, 15.5.2008 Ced Cass., rv. 240109].
Con riferimento al secondo motivo di ricorso, va osservato che il decreto di citazione a
giudizio è stato regolarmente consegnato e notificato in data 27.11.2013 a mani della
“moglie LA ROSA CARMELA convivente”. Nel caso in esame, a volere anche seguire la tesi
prospettata dal ricorrente si è comunque in presenza di nullità che non è riconducibile alla
disciplina dell’art. 179 cpp, ma quella della nullità che doveva essere dedotta, a pena di
decadenza, entro i termini della fase preliminare al dibattimento, circostanza
quest’ultima che non è stata provata.
Per le suddette ragioni il ricorso è inammissibile e il ricorrente deve essere condannato al
pagamento delle spese processuali e della somma di C 1.000,00 alla Cassa delle ammende
attesa la pretestuosità delle ragioni del gravame
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di C 1.000,00 alla Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 10.3.2015
Il ricorso è manifestamente infondato.