Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 26393 del 10/03/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 26393 Anno 2015
Presidente: GENTILE MARIO
Relatore: DE CRESCIENZO UGO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
FIORENTINO FLORA N. IL 02/11/1949
MARSANO DOMIRIA N. IL 11/02/1977
avverso la sentenza n. 301/2013 CORTE APPELLO di LECCE, del
24/10/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. UGO DE CRESCIENZO;

Data Udienza: 10/03/2015

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MOTIVI DELLA DECISIONE
FIORENTINO Flora e MARSANO Domina ricorrendo per Cassazione avverso
il provvedimento in epigrafe indicato, lamentano
– il vizio di carenza di motivazione in riferimento alla indicazione dei criteri
con i quali è stata determinata la pena;
– il vizio di carenza di motivazione in riferimento alle ragioni per le quali
non sono state riconosciute le attenuanti generiche.

Come già affermato in numerose precedenti decisioni assunte in sede di
legittimità, alle quali questo Collegio ritiene di aderire, va qui ribadito che:
“La specifica e dettagliata motivazione in ordine alla quantità di pena
irrogata, specie in relazione alle diminuzioni o aumenti per circostanze, è
necessaria soltanto se la pena sia di gran lunga superiore alla misura
media di quella edittale, potendo altrimenti essere sufficienti a dare conto
dell’impiego dei criteri di cui all’art. 133 c.p. le espressioni del tipo: «pena
congrua», «pena equa» o «congruo aumento», come pure il richiamo alla
gravità del reato o alla capacità a delinquere”. [Cass. pen., sez. Il,
26.6.2009, n. 36245 in Ced Cass. Rv 245596]. A ciò si aggiunga ancora
che: Le statuizioni relative al giudizio di comparazione tra opposte
circostanze, implicando una valutazione discrezionale tipica del giudizio di
merito, sfuggono al sindacato di legittimità qualora non siano frutto di
mero arbitrio o di ragionamento illogico e siano sorrette da sufficiente
motivazione, tale dovendo ritenersi quella che per giustificare la soluzione
dell’equivalenza si sia limitata a ritenerla la più idonea a realizzare
l’adeguatezza della pena irrogata in concreto. [Cass. pen. SU 25.2.2010, n.
10713 in Ced Cass., rv. 245931].
La motivazione della decisione impugnata appare conforme ai suddetti
principi e supera le critiche mosse.
Per le suddette ragioni il ricorso è inammissibile e i ricorrenti devono
essere condannati al pagamento delle spese processuali e ciascuno della
somma di € 1.000,00 alla Cassa delle ammende
P. Q. M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle
spese processuali e ciascuno della somma di € 1.000,00 alla Cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma il 10.3.2015

Il ricorso è manifestamente infondato.

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