Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 26389 del 10/03/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 26389 Anno 2015
Presidente: GENTILE MARIO
Relatore: DE CRESCIENZO UGO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
VIANELLO RENATA N. IL 07/02/1949
avverso la sentenza n. 3503/2013 CORTE APPELLO di VENEZIA, del
13/01/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. UGO DE CRESCIENZO;

Data Udienza: 10/03/2015

MOTIVI DELLA DECISIONE
L’imputato VIANELLO Renata, personalmente ricorrendo per Cassazione avverso il
provvedimento in epigrafe riportato, lamenta:
§1) Vizio di motivazione ex art. 606 I^ comma lett. b) cpp, per violazione dell’art. 597 cpp
§2.) vizio di motivazione ex art. 606 I^ comma lett. b) cpp per non essere stata formulata
alcuna pronuncia sui beni sottoposti a sequestro.

Il ricorso è manifestamente infondato.

sia incorsa nella violazione dell’art. 597 cpp, non emergendo, nella parte motiva della
decisione, che la Corte territoriale abbia fatto un illegittimo recupero di circostanze
aggravanti già escluse in primo grado. Va anzi dato atto che la Corte d’Appello, nella sua
succinta motivazione ha fatto richiamo a quanto già deciso dal Tribunale e ha accolto lo
specifico motivo del riconoscimento delle attenuanti generiche, procedendo quindi ad
una riduzione della pena originariamente irrogata in primo grado. Va inoltre posto in
rilievo che in relazione al delitto di cui al capo B) la Corte d’Appello si è limitata ad irrogare
una pena in aumento a titolo di continuazione e non ha affermato l’esistenza di alcuna
aggravante di cui al V^ comma dell’art. 644 cpp.
Il secondo motivo di ricorso è manifestamente infondato ex art. 606 III^ comma cpp,
poiché in questa sede viene dedotta una doglianza non specificamente dedotta in grado di
appello.
Per le suddette ragioni il ricorso è inammissibile e il ricorrente deve essere condannato al
pagamento delle spese processuali e della somma di € 1.000,00 alla Cassa delle ammende
attesa la pretestuosità delle ragioni del gravame

P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di C 1.000,00 alla Cassa delle ammende.

Così deciso in Roma il 10.3.2015

Dalla lettura della decisione impugnata non si ha modo di rilevare che la Corte d’Appello

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