Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 26383 del 10/03/2015
Penale Ord. Sez. 7 Num. 26383 Anno 2015
Presidente: GENTILE MARIO
Relatore: DE CRESCIENZO UGO
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
LALLOUCHI CHEMSEDDINE N. IL 04/08/1988
avverso la sentenza n. 1563/2013 CORTE APPELLO di NAPOLI, del
03/05/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. UGO DE CRESCIENZO;
Data Udienza: 10/03/2015
MOTIVI DELLA DECISIONE
L’imputato LALLOUCHI Cheseddine, ricorrendo per Cassazione avverso il
provvedimento in epigrafe indicato, lamenta
– vizio di carenza di motivazione in ordine alla dolo di ricettazione
– il vizio di motivazione nel punto in cui è stato affermato il mancato
riconoscimento delle attenuanti generiche.
Con riferimento al primo motive di ricorso va osservato che In sede di
giudizio di legittimità sono rilevabili esclusivamente i vizi argomentativi
che incidano sui requisiti minimi di esistenza e di logicità del discorso
motivazionale svolto nel provvedimento e non sul contenuto della
decisione. Il controllo di logicità deve rimanere all’interno del
provvedimento impugnato e non è possibile procedere a una nuova o
diversa valutazione degli elementi indizianti o a un diverso esame degli
elementi materiali e fattuali delle vicende indagate
Con riferimento al secondo motivo di ricorso, va osservato che il
riconoscimento o il diniego delle circostanze attenuanti generiche è
rimesso al potere discrezionale del giudice di merito, il cui esercizio deve
essere motivato nei soli limiti atti a far emergere in misura sufficiente il
pensiero del decidente circa l’adeguamento della pena in concreto inflitta
alla gravità effettiva del reato e alla personalità del reo; pertanto nella
determinazione della sanzione ben possono essere presi in esame uno o
alcuni soltanto degli elementi indicati dall’art. 133 c.p. purché della scelta
decisoria adottata si dia adeguatamente conto in motivazione. [Cass. pen.,
sez. IV, 15.2.2007, Usala]. La Corte ha reso esaustiva spiegazione sul
punto, sia con riferimento alla gravità del fatto, sia con riferimento alla
personalità dell’impiutato
Per le suddette ragioni il ricorso è inammissibile e il ricorrente deve essere
condannato al pagamento delle spese processuali e della somma di €
1.000,00 alla Cassa delle ammende, soì equitativamente determinata la
sanzione amministrativa di cui all’art. 616 cod.proc.pen. ravvisandosi
aspetti di responsabilità ivi richiamati
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese processuali e della somma di € 1.000,00 alla Cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma il 10.3.2015
Il ricorso è manifestamente infondato.