Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 26376 del 12/06/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 26376 Anno 2015
Presidente: VECCHIO MASSIMO
Relatore: TARDIO ANGELA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
MAGGIOLINI NICOLA N. IL 24/12/1963
avverso la sentenza n. 79/2012 CORTE APPELLO di GENOVA, del
14/06/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANGELA TARDIO;

Data Udienza: 12/06/2014

RITENUTO IN FATTO

1. Il 14 giugno 2013 la Corte di appello di Genova ha confermato la
sentenza del 23 maggio 2011 del Tribunale di Sanremo – sezione distaccata di
Ventimiglia, che aveva dichiarato Maggiolini Nicola colpevole del reato previsto
dall’art. 9, comma 1, legge n. 1423 del 1956 per avere contravvenuto agli

allo stesso applicata con decreto del 23 aprile 2008 del Tribunale di Imperia,
associandosi ad altri pregiudicati in tre occasioni (11 agosto, 3 settembre e 5
settembre 2008), e l’aveva condannato, esclusa la contestata recidiva, alla pena
di mesi quattro di arresto.
2. Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione, con atto
personale, l’imputato, che ne ha chiesto l’annullamento sulla base di unico
motivo, con il quale ha denunciato, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod.
proc. pen., manifesta illogicità della motivazione, dolendosi della mancanza di
adeguato riscontro alle doglianze difensive, opposte con i motivi di appello, con
riguardo alla entità della pena base e alla mancata concessione delle circostanze
attenuanti generiche.
3. In esito al preliminare esame presidenziale, il ricorso è stato rimesso a
questa Sezione per la decisione in camera di consiglio ai sensi degli artt. 591,
comma 1, e 606, comma 3, cod. proc. pen.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile perché fondato su motivi privi del requisito della
specificità.
1.1. Tale requisito, normativamente previsto dall’art. 581 lett. c) cod. proc.
pen., secondo il quale devono essere enunciati nell’atto di impugnazione “i
motivi, con l’indicazione specifica delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto
che sorreggono ogni richiesta”, trova la sua ragione d’essere nella necessità di
porre il giudice dell’impugnazione in grado di individuare i punti e i capi del
provvedimento impugnato, oggetto delle censure, e di esercitare il proprio
sindacato, inerendo al concetto stesso di

“motivo”

d’impugnazione

l’individuazione di questi punti ai quali la censura si riferisce.
Questo implica, a carico del titolare del diritto di impugnazione, non
solamente l’onere di dedurre le censure che intende muovere a uno o più punti
determinati dell’atto impugnato, ma anche quello di esprimere un vaglio critico in
ordine a ciascuno di essi, formulando argomentazioni che espongano critiche

obblighi imposti con la misura di prevenzione della sorveglianza speciale di P.S.,

analitiche e, in definitiva, le ragioni del dissenso rispetto alle motivazioni del
provvedimento impugnato, le quali siano capaci di contrastare quelle in esso
contenute al fine di dimostrare che il ragionamento del giudice è carente o
errato.
1.2. Non corrispondono, quindi, al requisito della specificità il motivo che
risulti intrinsecamente indeterminato o che difetti della necessaria, precisa e
concreta correlazione con le ragioni poste a fondamento del provvedimento
impugnato, finendo con il potersi adattare alla impugnativa di un qualunque

dep. 11/10/2004, Burzotta, Rv. 230634; Sez. 2, n. 19551 del 15/05/2008,
dep. 19/05/2008, Lo Piccolo, Rv. 240109; Sez. 5, n. 28011 del 15/02/2013,
dep. 26/06/2013, Sammarco, Rv. 255568), né il motivo che si risolva nella
pedissequa reiterazione di quelli già dedotti in appello e puntualmente disattesi
dalla corte di merito (tra le altre, Sez. 5, n. 11933 del 27/01/2005, dep.
25/03/2005, Giagnorio, Rv. 231708; Sez. 6, n. 20377 del 11/03/2009,
dep. 14/05/2009, Arnone, Rv. 243838), o il motivo che si limiti a enunciare
ragioni e argomenti già illustrati in atti o memorie presentate al giudice a quo, in
modo disancorato dalla motivazione del provvedimento impugnato (tra le altre,
Sez. 6, n. 22445 del 08/05/2009, dep. 28/05/2009, P.M. in proc. Candita, Rv.
244181; Sez. 3, n. 29612 del 05/05/2010, dep. 27/07/2010, P.G., P.C. in proc.
R., Rv. 247741).
1.3. Nella specie, la Corte di appello, in risposta ai motivi di gravame, ha
valorizzato, a ragione del diniego delle attenuanti generiche e della non
riducibilità della pena di mesi quattro di arresto “assai prossima al minimo
edittale”, specifici elementi negativi di cui all’art. 133 cod. pen., quali i numerosi
precedenti penali (quindici condanne per un maggior numero di delitti, commessi
e giudicati dal 1987 al 2001), la gravità del fatto contestato “suscettibile di
agevolare la commissione di reati”, il carattere per nulla episodico delle violazioni
e la sensibile intensità del dolo in esse ravvisabile, unitamente alla mancanza di
elementi realmente favorevoli all’imputato.
1.4. Di tali argomentazioni il ricorrente non si è fatto alcun carico, e,
ignorandole, si è limitato a rilevare, in termini generici e assertivi, che non vi è
stata risposta ai motivi di appello, che neppure ha enunciato.
2. L’inammissibilità del ricorso, che ha precluso la corretta instaurazione
dinanzi a questa Corte del rapporto processuale d’impugnazione, osta alla
verifica, di ufficio, dell’eventuale decorso del termine di prescrizione in data
successiva alla sentenza di appello (Sez. U, n. 23428 del 22/03/2005,
dep. 22/06/2005, Bracale, Rv. 2311644).
3. Segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali,
nonché -valutato il contenuto del ricorso e in mancanza di elementi atti a
3

provvedimento (tra le altre, Sez. 1, n. 395298 del 30/09/2004,

escludere la colpa nella determinazione della causa d’inammissibilità- al
versamento della somma, ritenuta congrua, di mille euro in favore della Cassa
delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di mille euro alla Cassa delle

Così deciso in Roma, il 12 giugno 2014

Il Consigliere estensore

Il Pre dente

ammende.

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