Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 2637 del 11/12/2013


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 2637 Anno 2014
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: ORILIA LORENZO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
BAHBAH JAMAL N. IL 01/01/1980
avverso il decreto n. 14/2012 TRIB.SEZ.DIST. di NARDO’, del
10/10/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LORENZO ORILIA;
lette/sgt-ite le conclusioni del PG Dqt-t :,ilicuLutcAl..11, -ee

Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 11/12/2013

RITENUTO IN FATTO
1. difensore di Bahbah Jamal ha proposto ricorso per Cassazione avverso il
decreto del Tribunale di Lecce sez. Nardò in sede esecutiva, emesso in data
10.10.2012 ai sensi dell’art. 666 comma 2 cpp, con il quale è stata dichiarata
inammissibile l’istanza di revoca della sentenza 7.10.2009 per intervenuta

“aboliti°

criminis” ed in particolare del reato di cui all’art. 171 ter lett. c della legge n.
633/1941.
Il ricorrente ha dedotto l’erronea applicazione del principio di diritto contenuto
Schwibbert

della Corte di Giustizia Europea dell’8.11.2007 e

nella sentenza

costantemente ribadito dalla Suprema Corte in relazione all’art. 171 ter comma 1 lett.
c della legge n. 633/1941. Il Procuratore Generale ha rassegnato conclusioni scritte
chiedendo che il ricorso venga dichiarato inammissibile
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è manifestamente infondato e pertanto va dichiarato inammissibile.
Torna ancora una volta all’esame della Corte la questione dell’applicabilità della
sentenza Schwibbert della Corte di Giustizia CE: in proposito, confermandosi la
costante giurisprudenza di legittimità, va rilevato che come già più volte affermato da
questa Corte, la non opponibilità ai privati della normativa sul contrassegno SIAE,
quale effetto della mancata comunicazione dello stesso alla Commissione Europea in
adempimento della normativa comunitaria relativa alle “regole tecniche”, comporta il
venir meno unicamente dei reati caratterizzati dalla sola mancanza del contrassegno
suddetto, continuando dunque ad essere vietata e sanzionata penalmente qualsiasi
attività che comporti l’abusiva diffusione, riproduzione o contraffazione delle opere
dell’ingegno, (Sez. 3, Sentenza n. 12520 del 24/02/2011 Ud. dep. 28/03/2011 Rv.
249921; sez. 3^, 24.6.2008 n. 34555, Cissoko, RV 240753). Di conseguenza, se la
violazione si riferisce alla sola mancanza del contrassegno SIAE trova applicazione la
sentenza Schwibbert, se invece la violazione del diritto d’autore si riferisce alla abusiva
riproduzione o duplicazione di opere tutelate dal diritto d’autore, che ha formato
oggetto di accertamento, la pronuncia non può trovare applicazione (cfr. cass. n.
12520 /2011 cit.).
Nel caso di specie, all’imputato non era stata contestata affatto l’ipotesi di
mancanza del contrassegno SIAE, ma solo il reato di detenzione per la vendita di
supporti illecitamente duplicati e riprodotti (art. 171 ter comma 1 lett. c), per cui il
richiamo alla sentenza Schwibbert si rivela inappropriato.
La tesi del ricorrente è il frutto di una erronea lettura della sentenza invocata
(Sez. 7, Sentenza n. 21579 del 06/03/2008 Cc. dep. 29/05/2008 Rv. 239957) perché
in tale pronuncia – peraltro relativa ad altra fattispecie – si afferma che

“questa

diversa ipotesi di reato” (e cioè la violazione dell’art. 171 ter lett. c di cui oggi si
discute, ndr) “infatti, non è incisa dalla inapplicabilità dell’obbligo del contrassegno

2

Siae, se non indirettamente nel senso che la mancanza di tale contrassegno non può
essere considerata neppure un semplice indizio della illecita duplicazione o
riproduzione”.
Come si vede, questa sentenza non esclude affatto la rilevanza penale del reato di
detenzione per la vendita di supporti illecitamente duplicati e riprodotti.
Quanto al valore indiziario della mancanza di timbro SIAE, va osservato che la tesi
positiva è invece accolta dalla prevalente e più recente giurisprudenza di legittimità

20/08/2009 Ud. dep. 27/08/2009 Rv. 244412), per cui l’affermazione di cui alla
sentenza 21579/2008 può ritenersi ormai superata.
In ogni caso, nella fattispecie, come risulta dalla sentenza 7.10.2009 di cui si è
chiesta la revoca, l’illecita duplicazione o riproduzione era stata ricavata da altri
importanti elementi di fatto, tra cui l’avvenuta masterizzazione e la collocazione di tutti
i CD in contenitori in plastica con copertine fotocopiate di opere musicali note, mentre
la mancanza del bollino SIAE era stata riportata in aggiunta (cfr. pag. 2).
E’ infine appena il caso di rilevare che lo stesso ricorrente finisce poi per
condividere il suddetto orientamento laddove richiama a pag. 6 la sentenza
13816/2008 che riconosce, anch’essa, alla mancanza di contrassegno SIAE il valore di
mero indizio ai fini dell’accertamento della illecita duplicazione o riproduzione.
Non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità (Corte Cost. sentenza 13.6.2000 n. 186), alla condanna della parte
ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento
della sanzione pecuniaria ai sensi dell’art. 616 cpp nella misura indicata in dispositivo.

P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali nonché della somma di C. 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma il 11.12.2013.

(cfr. tra le varie Sez. 3, Sentenza n. 25891 del 2013; Sez. F, Sentenza n. 33471 del

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