Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 26369 del 12/06/2014


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Ord. Sez. 7 Num. 26369 Anno 2015
Presidente: VECCHIO MASSIMO
Relatore: TARDIO ANGELA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
MICCI ALBERTO PAOLO N. IL 26/08/1983
avverso l’ordinanza n. 875/2012 GIP TRIBUNALE di TORINO, del
16/07/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANGELA TARDIO;

t

il

Data Udienza: 12/06/2014

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 16 luglio 2013, il G.i.p. del Tribunale di Torino,
decidendo quale giudice dell’esecuzione, ha rigettato l’istanza avanzata da Micci

giudicati con le cinque sentenze definitive di condanna indicate nella richiesta e
richiamate nella premessa della stessa ordinanza, dando conto delle valutazioni
già svolte in sede di cognizione e rilevando la mancanza di elementi probativi
della riconducibilità delle distinte condotte, non ancora unificate, a un medesimo
disegno criminoso.
2. Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione, tramite il
difensore di fiducia, l’interessato, che ne ha chiesto l’annullamento sulla base di
unico motivo, con il quale ha denunciato violazione di legge, ai sensi dell’art.
606, comma 1, lett. b) , cod. proc. pen., in relazione agli artt. 81 cod. pen. e 671
cod. proc. pen., e mancanza e/o manifesta illogicità della motivazione, ai sensi
dell’art. 606, comma 1, lett.

e), cod. proc. pen., con riguardo alla ritenuta

insussistenza della unicità del disegno criminoso tra i reati oggetto della richiesta
e non ritenuti avvinti, in sede di merito, dal vincolo della continuazione.
3. In esito al preliminare esame presidenziale, il ricorso è stato rimesso a
questa Sezione per la decisione in camera di consiglio ai sensi degli artt. 591,
comma 1, e 606, comma 3, cod. proc. pen.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è manifestamente infondato.
2. A norma dell’art. 671 cod. proc. pen. il giudice dell’esecuzione può
applicare in executivis l’istituto della continuazione, che non sia stato escluso dal
giudice della cognizione, nel caso di più sentenze o decreti penali irrevocabili,
pronunciati in procedimenti distinti contro la stessa persona, e rideterminare, per
l’effetto, le pene inflitte per i reati separatamente giudicati.
2.1. Secondo principi consolidati nella giurisprudenza di questa Corte, per la
configurabilità della continuazione è necessaria un’unica complessa deliberazione
preventiva, definita nei suoi dati essenziali, alla quale segua, per ogni singola
azione, una deliberazione specifica, mentre deve escludersi che un programma
solo generico di attività delinquenziale da sviluppare nel tempo secondo
contingenti opportunità o un mero sistema di vita siano idonei a far riconoscere il
2

it

Alberto Paolo, volta al riconoscimento del vincolo della continuazione tra i reati

rapporto descritto nell’art. 81 cod. pen. (tra le altre, Sez. 1, n. 44862 del
05/11/2008, dep. 02/12/2008, Lombardo, Rv. 242098; Sez. 1, n. 11564 del
13/11/2012, dep. 12/03/2013, Daniele, Rv. 255156), rilevando la generica
deliberazione di reiterare comportamenti penalmente illeciti soltanto, in quanto
espressiva di un’attitudine soggettiva a violare la legge, a fini del tutto diversi -e
negativi per il reo- come la recidiva e l’abitualità criminosa (tra le altre, Sez. 5,
n. 10917 del 12/01/2012, dep. 20/03/2012, Abbassi, Rv. 252950).
La prova di detta congiunta previsione -ritenuta meritevole di trattamento

determina a commettere gli illeciti in forza di un singolo impulso, invece che di
spinte criminose indipendenti e reiterate- deve essere di regola ricavata, poiché
attiene alla “inesplorabile interiorità psichica” del soggetto, da indici esteriori
significativi, alla luce dell’esperienza, del dato progettuale sottostante alle
condotte poste in essere (tra le altre, Sez. 4, n. 16066 del 17/12/2008,
dep. 16/04/2009, Di Maria, Rv. 243632).
2.2. Indici esteriori apprezzabili vanno individuati in elementi costituiti dalla
distanza cronologica tra i fatti, dalle modalità della condotta, dalla tipologia dei
reati, dal bene tutelato, dalla omogeneità delle violazioni, dalla causale, dalle
condizioni di tempo e di luogo (Sez. 1, n. 44862 del 05/11/2008, citata), senza
che ciascuno di essi, singolarmente considerato, costituisca indizio necessario di
una unitarietà progettuale degli illeciti, mentre, aggiunto a un altro, incrementa
la possibilità dell’accertamento dell’esistenza di un medesimo disegno criminoso,
in proporzione logica corrispondente all’aumento di circostanze indiziarie
favorevoli (Sez. 1, n. 12905 del 17/03/2010, dep. 07/04/2010, Bonasera, Rv.
246838).
In tal modo, di per sé l’omogeneità delle violazioni e la contiguità temporale
di alcune di esse, seppure indicative di una scelta delinquenziale, non
consentono, da sole, di ritenere che i reati siano frutto di determinazioni volitive
risalenti a un’unica deliberazione di fondo (tra le altre, Sez. 3, n. 21496 del
02/05/2006, dep. 21/06/2006, Moretti, Rv. 235523; Sez. 3, n. 3111 del
20/11/2013, dep. 23/01/2014, P., Rv. 259094), con la conseguenza che
l’identità del disegno criminoso deve essere negata qualora la successione degli
episodi sia tale da escludere, malgrado la contiguità spazio-temporale e il nesso
funzionale tra le diverse fattispecie incriminatrici, la preventiva programmazione
dei reati, ed emerga, invece, l’occasionalità di quelli compiuti successivamente
rispetto a quello cronologicamente anteriore (tra le altre, Sez. 6, n. 44214 del
24/10/2012, dep. 14/11/2012, Natali, Rv. 254793).
2.3. Si è anche osservato che, in tema di continuazione, l’arresto del
soggetto, intervenuto dopo la commissione di un reato, non è, di per sé, idoneo

3

sanzionatorio più benevolo per la minore capacità a delinquere di chi si

a escludere la sussistenza del medesimo disegno criminoso con i reati
successivamente commessi, né, di conseguenza, è ostativo all’applicabilità del
regime di cui all’art. 81 cod. pen. È al giudice di merito che compete di verificare
se, in concreto, l’arresto abbia costituito momento di frattura nella unicità del
disegno criminoso e, quindi, ragione valida per escludere l’applicazione
dell’istituto della continuazione (tra le altre, Sez. 6, n. 49868 del 06/12/2013,
dep. 11/12/2013, Giordano, Rv. 258365).
La valutazione, poi, circa la sussistenza dell’unicità del disegno criminoso

che è sindacabile in sede di legittimità solo ove non sia sorretta da adeguata
motivazione (tra le altre, Sez. 4, n. 25094 del 13/06/2007, dep. 28/06/2007,
Coluccia, Rv. 237014; Sez. 6, n. 49969 del 21/09/2012, dep. 28/12/2012,
Pappalardo, Rv. 254006).
3. Il Giudice dell’esecuzione, in linea con tali condivisi principi, ha
correttamente interpretato il parametro normativo di cui all’art. 81, comma 2,
cod. pen. e, con motivazione logica ed esaustiva, ha escluso la riconducibilità
delle condotte ascritte a un sottostante originario disegno criminoso, dopo avere
indicato quelle tra esse già valutate come unite in continuazione.
A tal fine il Giudice, seguendo linee argomentative esenti da vizi e resistenti
alle censure difensive, ha valorizzato, in senso contrario all’accoglimento della
richiesta, “la distanza cronologica” tra i reati e “la soluzione di continuità della
significativa carcerazione subita dall’interessato” in periodi cadenti tra il 2002 e il
2008, coerentemente apprezzata come “solida frattura nella eventuale unica
risoluzione criminosa”,

e ha ritenuto tali dati assorbenti, rispetto alla pur

omogenea tipologia dei reati, per la dimostrazione della differenza delle spinte
criminogene poste a fondamento della consumazione degli illeciti e, quindi, della
non riconducibilità degli stessi a una originaria programmazione e deliberazione.
Né introduce elementi di illogicità manifesta nel discorso giustificativo della
decisione l’eccepito errore di data dei fatti di cui alle sentenze del 26 giugno
2006 e del 10 gennaio 2005, indicati nell’ordinanza come commessi tra fine di
maggio e i primi giorni di luglio 2007, invece che 2003, poiché l’incorso errore
materiale non ha avuto incidenza sulla disamina svolta in rapporto agli
individuati elementi contrari all’applicazione del chiesto istituto.
4 Il ricorso deve essere, pertanto, dichiarato inammissibile.
Segue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese del procedimento e -per i profili di colpa correlati alla
irritualità dell’impugnazione- al versamento di una somma in favore della Cassa
delle ammende nella misura che si stima equo determinare in mille euro.

4

costituisce questione di fatto rimessa all’apprezzamento del giudice di merito,

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di mille euro alla Cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, il 12 giugno 2014
Il Presi ente

Il Consigliere estensore

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA