Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 26368 del 12/06/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 26368 Anno 2015
Presidente: VECCHIO MASSIMO
Relatore: TARDIO ANGELA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
UDDIN SALAH N. IL 02/01/1972
avverso l’ordinanza n. 1634/2013 TRIB. SORVEGLIANZA di
BRESCIA, del 30/07/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANGELA TARDIO;

Data Udienza: 12/06/2014

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 30 luglio 2013, il Tribunale di sorveglianza di Brescia
ha revocato la misura degli arresti domiciliari esecutivi nei confronti di Uddin
Salah, condannato con sentenza del 15 ottobre 2012 del G.u.p. del Tribunale di

prosecuzione della misura.
2. Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione, per mezzo
del suo difensore, l’interessato, che ne ha chiesto l’annullamento sulla base di
unico motivo, con il quale ha denunciato la incorsa violazione di legge in
relazione agli artt. 47-ter, comma 1-ter, 51 e 71-ter Ord. Pen., dolendosi della
intervenuta enfatizzazione di un mero litigio tra conviventi, entrambi venuti alle
mani, riportando reciproche lesioni con conseguenze lievissime, e i cui rapporti si
erano rasserenati dopo pochi giorni, con irripetibilità di quanto accaduto in
conseguenza del cambio di domicilio della donna.
3. In esito al preliminare esame presidenziale, il ricorso è stato rimesso a
questa Sezione per la decisione in camera di consiglio ai sensi degli artt. 591,
comma 1, e 606, comma 3, cod. proc. pen.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è manifestamente infondato e deve essere, pertanto, dichiarato
inammissibile.
2. L’ordinanza -dando conto delle emergenze della documentazione in atti e
rappresentando che, pur nella difficoltà di una esatta ricostruzione del
movimentato episodio del 5 giugno 2013, il comportamento tenuto dal
condannato era stato indubbiamente contrastante con il senso di responsabilità
esigibile dal detenuto beneficiario di una misura alternativa alla detenzione- ha
ritenuto, con corretto e logico iter argonnentativo, che la condotta serbata in
ambito familiare dal ricorrente, violenta nei confronti della compagna ricorsa a
cure sanitarie, era “inescusabile” e “incompatibile con la prosecuzione della
misura”, e ha ragionevolmente rimarcato che il clima familiare in cui l’episodio si
era inserito, nonostante l’avvenuta riappacificazione, non rispondeva all’esigenza
di garantire lo svolgimento della misura proficuo e conforme alla sua finalità
risocializzante.
3. Il ricorrente, che dissentendo da tale analisi ha contrapposto la sua
lettura delle risultanze fattuali, orientata al ridimensionamento del litigio e alla
2

Brescia, ritenendo la condotta dallo stesso tenuta incompatibile con la

valorizzazione della sua ricomposizione, ha svolto osservazioni che si sono risolte
in una sostanziale critica nel merito della decisione impugnata quanto alla
disamina e alla valutazione della sua condotta, non consentita in questa sede.
3. Alla dichiarazione d’inammissibilità del ricorso segue la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché -valutato il contenuto
del ricorso e in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella
determinazione della causa d’inammissibilità- al versamento della somma,

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di mille euro alla Cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, il 12 giugno 2014

Il Consigliere estensore

Il Pres dente

ritenuta congrua, di mille euro in favore della Cassa delle ammende.

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