Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 26364 del 12/06/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 26364 Anno 2015
Presidente: VECCHIO MASSIMO
Relatore: TARDIO ANGELA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
MAZZELLA ROSARIO N. IL 09/10/1976
avverso l’ordinanza n. 4731/2012 TRIB. SORVEGLIANZA di
NAPOLI, del 11/02/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANGELA TARDIO;

Data Udienza: 12/06/2014

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza dell’Il febbraio 2013 il Tribunale di sorveglianza di Napoli
Roma ha rigettato l’istanza di affidamento in prova al servizio sociale e, in
subordine, di detenzione domiciliare, avanzata da Mazzella Rosario, nei cui
confronti la Procura della Repubblica il 17 maggio 2012 aveva sospeso, ai sensi

condanna alla pena di mesi uno di reclusione, emessa il 23 dicembre 2011 dalla
sezione distaccata di Ischia, ritenendo la inidoneità delle misure richieste a
favorire il reinserimento del reo e la prevenzione della commissione di altre
fattispecie di reato e rappresentandone anche la incompatibilità allo stato con
l’assenza di un domicilio.
2. Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione, con atto
personale, l’interessato Mazzella, che ne ha chiesto l’annullamento sulla base di
unico motivo, con il quale ha dedotto violazione di legge e mancanza di
motivazione in relazione al diniego delle misure richieste e al punto relativo allo
svolgimento da parte sua di

“una vita regolare attraverso soprattutto

l’espletamento di un lavoro stabile”, ampiamente evidenziato e documento e
verificabile attraverso il mero esame degli atti.
3. In esito al preliminare esame presidenziale, il ricorso è stato rimesso a
questa Sezione per la decisione in camera di consiglio ai sensi degli artt. 591,
comma 1, e 606, comma 3, cod. proc. pen.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile.
2.

Le doglianze relative al diniego delle misure richieste sono, infatti,

generiche perché non sono correlate alle ragioni argomentate della decisione
impugnata, che ha fatto congruo riferimento sia alle ripercorse risultanze
istruttorie relative alla personalità dell’istante (condannato in primo grado per
reato commesso dopo la commissione del reato di cui alla pendente procedura di
sorveglianza; denunciato per vari reati nel settembre 2012; raggiunto da avviso
orale del 22 ottobre 2012 del Questore di Napoli), sia alla situazione abitativa del
medesimo, non essendo noto il suo domicilio né avendo riferito nulla al riguardo
il padre e il datore di lavoro.
Quanto agli aspetti che attengono all’asserita omessa considerazione dello
svolgimento da parte del ricorrente di una vita regolare e di un lavoro stabile,
deve rilevarsi che, mentre nulla è stato allegato dal medesimo né specificamente
2

(1

dell’art. 656 cod. proc. pen., l’ordine di esecuzione in relazione alla sentenza di

trascritto in contrasto con il principio di autosufficienza del ricorso, il
provvedimento impugnato ha ragionevolmente valorizzato come elemento
negativo, in aggiunta alle circostanze attinenti ai precedenti e alle pendenze
giudiziarie e di polizia, non la mancanza di lavoro ma l’assenza di un domicilio
del ricorrente, che nulla ha eccepito in merito.
3. Alla dichiarazione d’inammissibilità del ricorso segue di diritto la condanna
del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi
atti a escludere la colpa nella determinazione della causa d’inammissibilità, al

appare congruo determinare in mille euro.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di mille euro alla Cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, il 12 giugno 2014

Il Consigliere estensore

Il Presi ente

versamento a favore della Cassa delle ammende di sanzione pecuniaria, che

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