Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 2636 del 11/12/2013


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Penale Ord. Sez. 3 Num. 2636 Anno 2014
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: ORILIA LORENZO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
TALLONE FRANCESCO N. IL 05/01/1942
avverso l’ordinanza n. 54/2011 TRIBUNALE di ALESSANDRIA, del
20/09/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LORENZO ORILIA;
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Data Udienza: 11/12/2013

RITENUTO IN FATTO
1. Il Tribunale di Alessandria, in funzione di Giudice dell’Esecuzione, ha applicato a
Tallone Francesco l’indulto, dichiarando parzialmente condonata la pena di cui alla
sentenza n. 666/2010 in relazione a reati tributari. In particolare, l’applicazione
dell’indulto è stata limitata alla pena per i reati contestati al capo 6 e, quanto al capo 7,
limitatamente ai reati commessi nel 2005.
2- Il Tallone propone, tramite difensore, ricorso per cassazione denunziando, ai

al diniego dell’applicazione dell’indulto per i fatti commessi nel 2006.
3. Il Procuratore Generale ha concluso per iscritto chiedendo la trasmissione degli
atti al Tribunale di Alessandria quale giudice dell’esecuzione, previa qualificazione del
ricorso come opposizione ai sensi dell’art. 667 comma 4 cpp.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il codice di rito (artt. 676 comma 1 e 667 comma 4 cpp) prevede, tra le altre
competenze del giudice dell’esecuzione, anche quelle in materia di estinzione della pena
quando la stessa non consegue alla liberazione condizionale o all’affidamento in prova al
servizio sociale, disponendo che i provvedimenti siano adottati dal giudice dell’esecuzione
senza formalità e cioè senza fissazione dell’udienza di comparizione delle parti (de plano)
e che contro tali provvedimenti gli interessati possano proporre opposizione davanti allo
stesso giudice, il quale dovrà procedere con le forme dell’incidente di esecuzione di cui
all’art. 666 cod.proc.pen., previa fissazione dell’udienza.
Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, avverso il provvedimento
adottato dal giudice dell’esecuzione in tema di applicazione dell’indulto, sia che questi
abbia provveduto “de plano” ai sensi dell’art. 667, comma quarto, cod. proc. pen., sia che
abbia irritualmente proceduto nelle forme dell’udienza camerale di cui all’art. 666, comma
terzo, cod. proc. pen., è prevista solo la facoltà di proporre opposizione e non già ricorso
per cassazione, che deve essere qualificato come opposizione, con la conseguente
trasmissione degli atti allo stesso giudice dell’esecuzione (cfr. Sez. 1, Sentenza n. 23606
del 05/06/2008 Cc. dep. 11/06/2008 Rv. 239730; Sez.

1, Sentenza n. 4120 del

16/01/2008 Cc. dep. 28/01/2008 Rv. 239076; Sez. 1, Sentenza n. 39919 del 27/09/2007
Cc. dep. 29/10/2007 Rv. 238046).
Questo Collegio ritiene senz’altro di dare continuità a tale orientamento poiché,
diversamente opinando l’interessato si vedrebbe comunque privato della fase del
“riesame” del provvedimento da parte del giudice dell’esecuzione, il quale, al contrario del
giudice di legittimità, ha cognizione piena delle doglianze ed è il giudice deputato a
prendere in esame tutte le questioni che il ricorrente non è stato in grado di sottoporre ad
un giudice di merito in quanto sostanzialmente privato di un grado di giudizio in una
materia per cui il legislatore ha previsto la fase della opposizione proprio per la sua
peculiarità.
2

sensi dell’art. 606 lett. b) e c) cpp, l’erronea applicazione dell’art. 672 cpp con riferimento

Ciò posto, l’impugnazione, erroneamente diretta a questa Corte, deve essere
qualificata come opposizione, con conseguente trasmissione degli atti al giudice
dell’esecuzione perché provveda sulla opposizione proposta in base al combinato disposto
di cui agli artt. 676 corna primo, 667, comma 4, e 666 cod.proc.pen.
P.Q.M.

qualifica l’impugnazione come opposizione ai sensi dell’art. 667 comma 4 cpp, e rinvia gli
atti al Tribunale di Alessandria per l’ulteriore corso del giudizio.

Così deciso in Roma, il 11.12.2013.

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