Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 26359 del 12/06/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 26359 Anno 2015
Presidente: VECCHIO MASSIMO
Relatore: TARDIO ANGELA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
PALMIERI CIRO N. IL 12/02/1962
avverso l’ordinanza n. 34/2013 TRIBUNALE di FERRARA, del
16/05/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANGELA TARDIO;

Data Udienza: 12/06/2014

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 16 maggio 2013, depositata il 23 maggio 2013, il
Tribunale di Ferrara, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha rigettato l’istanza
avanzata da Palmieri Ciro, volta al riconoscimento del vincolo della continuazione
tra i reati giudicati con la sentenza del 25 settembre 2009 della Corte di appello

Tribunale di Napoli, esecutiva il 18 gennaio 2011, e la sentenza del 27 aprile
2010 della Corte di appello di Bologna, che aveva confermato la sentenza del 9
luglio 2009 del Tribunale di Ferrara, esecutiva il 12 giugno 2010.
2. Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione, per mezzo
del suo difensore, l’interessato Palmieri, che ne ha chiesto l’annullamento sulla
base di unico motivo con il quale ha dedotto inosservanza e/o erronea
applicazione della legge penale o di altre norme giuridiche e mancanza,
contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione, ai sensi dell’art. 606,
comma 1, lett. b) ed e) , cod. proc. pen., per avere il Giudice ritenuto non
provata la sussistenza delle condizioni per applicare l’istituto della continuazione,
e ha richiamato le condanne da lui riportate per partecipazione all’associazione
camorristica, cui è stata collegata la sua intera vita criminale, e le emergenze
della nota riepilogativa dei Carabinieri del Comando provinciale di Napoli del 18
luglio 2007, erroneamente interpretata dal Giudice dell’esecuzione.
3. In esito al preliminare esame presidenziale, il ricorso in data 23 ottobre
2013 è stato rimesso a questa Sezione per la decisione in camera di consiglio ai
sensi degli artt. 591, comma 1, e 606, comma 3, cod. proc. pen.
4.

Il 23 maggio 2014 sono pervenuti motivi aggiunti nell’interesse del

ricorrente, che ha ulteriormente denunciato l’incorso vizio motivazionale con
riferimento agli artt. 671 cod. proc. pen. e 81 cod. pen. e ha chiesto
l’annullamento dell’ordinanza, previa assegnazione del ricorso ad altra Sezione,
rappresentando che l’inquadramento della rapina perpetrata in Ferrara
nell’attività dell’associazione camorristica, cui egli faceva parte, si desumeva non
dalla lettura delle sentenze oggetto della richiesta, ma dal ripercorso contenuto
della richiamata nota informativa del 18 luglio 2007.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. È inaccoglibile la richiesta avanzata dal ricorrente dì assegnazione del
ricorso a Sezione di questa Corte diversa da questa, poiché la trattazione del
ricorso in camera di consiglio consegue al rilievo preliminare della sussistenza di
2

di Napoli, che aveva confermato quella del 24 ottobre 2008 del G.u.p. del

una causa d’inammissibilità dello stesso ai sensi degli artt. 610 e 611 cod. proc.
pen., la cui conformità al dettato costituzionale è stata ripetutamente affermata
dalla giurisprudenza di questa Corte.
2. Nel merito il ricorso è manifestamente infondato.
2.1. La nozione di continuazione delineata nell’art. 81, comma 2, cod. pen.,
richiede che i fatti siano riferibili a un “medesimo”, e dunque originario, disegno
criminoso.
Detta unicità di disegno, necessaria per il riconoscimento della continuazione

tendenza a porre in essere determinati reati o comunque con una scelta di vita
che implica la reiterazione di determinate condotte criminose. Occorre, invece,
che si abbia una iniziale programmazione e deliberazione di compiere una
pluralità di reati, che possono essere anche non dettagliatamente ab origine
progettati e organizzati, purché siano almeno in linea generale previsti in
funzione di

“adattamento”

alle eventualità del caso, come mezzo al

conseguimento di un unico fine, prefissato e sufficientemente specifico.
Deve, pertanto, escludersi che una tale programmazione possa essere
desunta sulla sola base dell’analogia dei singoli reati o del contesto in cui essi
sono maturati. Né l’inciso “anche in tempi diversi”,

contenuto nell’art. 81,

comma 2, cod. pen., consente di escludere rilevanza all’aspetto del tempo di
commissione dei reati, non potendo ritenersi che la vicinanza temporale
costituisca di per sé “indizio necessario” dell’esistenza del medesimo disegno
criminoso, né escludersi che la distanza temporale possa costituire in concreto
un limite logico alla possibilità di ravvisare la continuazione per le difficoltà di
programmazione e deliberazione a lunga scadenza dei singoli episodi criminosi.
2.2. Nella specie, il Giudice dell’esecuzione, che ha preso in considerazione i
reati, cui il ricorrente ha riferito la sua richiesta, e i dati di fatto tratti dalle
sentenze in atti, ha plausibilmente rappresentato, seguendo linee argomentative
congrue sul piano logico e corrette in diritto, la mancanza di elementi probativi
del previo inserimento della rapina, commessa in Ferrara 1’8 giugno 2007, nel
contesto dell’attuazione criminosa del programma del clan

“Vomero”,

in

conclamata difficoltà operativa già da diversi mesi, e quindi della riconducibilità
della rapina, giudicata con la seconda sentenza, a un

“identitario disegno

criminoso” rispetto all’appartenenza associativa, giudicata con la prima sentenza.
Nel suo articolato percorso argomentativo il Giudice, che non ha prescisso
dal critico confronto con le deduzioni difensive, ha ragionevolmente valorizzato,
sotto un primo profilo, l’assenza di alcun riferimento nella seconda indicata
sentenza alla commissione della rapina in un contesto criminoso organizzato e la
non coincidenza di alcuno dei coimputati del ricorrente in detto delitto con quelli
giudicati con la prima indicata sentenza, e, sotto un secondo profilo, il
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in fase di cognizione e in fase esecutiva, non può identificarsi con la generale

dimostrato allontanamento degli assodati rimasti in libertà, a fronte della
difficoltà operativa del clan nel contesto spaziale di riferimento, da detto contesto
per operare in altra zona, in tal senso apprezzando anche le conversazioni
intercettate.
2.3. Né il ricorrente, nel criticare la correttezza e la tenuta logica del
provvedimento impugnato, ha indicato in che cosa sarebbe consistito l’originario
e unitario disegno criminoso tra i due reati, limitandosi a opporre una diversa
valutazione delle risultanze processuali secondo un modello argomentativo non

irrilevante vertendo il giudizio non sul vincolo derivante dal generico programma
dell’ente criminale, ma sulla rapportabilità dei reati giudicati con le sentenze cui
è stata riferita la richiesta a una più specifica originaria ideazione criminosa sulla
quale poggia l’istituto della continuazione.
3. Il ricorso deve essere, pertanto, dichiarato inammissibile, con condanna
del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché -valutato il
contenuto del ricorso e in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella
determinazione della causa d’inammissibilità- al versamento della somma,
ritenuta congrua, di mille euro in favore della Cassa delle ammende.

P.Q . M .

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di mille euro alla Cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, in data 12 giugno 2014

Il Consigliere estensore

Il Pre idente

solo invasivo di un ambito fattuale, estraneo al giudizio di legittimità, ma

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