Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 2632 del 19/11/2013


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 2632 Anno 2014
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: ORILIA LORENZO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CUCCIA GIUSEPPE N. IL 15/12/1975
avverso l’ordinanza n. 250/2013 TRIB. LIBERTA’ di
CALTANISSETTA, del 12/07/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LORENZO ORILIA;
lege/sentite le conclusioni del PG Dott. sbu
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Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 19/11/2013

RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza del 11.7.2013 il Tribunale di Caltanissetta ha rigettato la
richiesta di riesame proposta nell’interesse di Cuccia Giuseppe contro l’ordinanza del
23.5.2013 con cui gli era stata applicata la misura cautelare della custodia in carcere in
relazione al reato di associazione finalizzata al traffico illecito di stupefacenti (art. 74
DPR n. 309/1990).
Il Tribunale ha motivato la decisione rilevando che le indagini poste a

intensa attività di intercettazione telefonica e ambientale, nonché tramite servizi di
osservazione, pedinamento e controllo, l’effettiva operatività sul territorio di Agira e
nei centri limitrofi, di due distinte organizzazioni criminali facenti capo a Scaminaci
Massimiliano e Cuccia Pietro.
Ha quindi descritto il ruolo del Cuccia Pietro – ritenuto leader indiscusso – e dei
suoi collaboratori tra i quali figurava il fratello Giuseppe (odierno ricorrente) riportando
ampi brani di conversazioni telefoniche ed ha ritenuto la sussistenza del reato
associativo e di esigenze cautelari tali da giustificare la massima misura coercitiva nei
confronti del ricorrente Cuccia Giuseppe, reputando inidonea quella degli arresti
domiciliari.
2. La difesa ricorre per cassazione deducendo, ai sensi dell’art. 606 comma 1
lett. b), c) ed e) cpp, l’erronea applicazione della legge penale e processuale, la
mancanza e illogicità della motivazione in relazione alla ritenuta gravità indiziaria per i
fatti ascritti ai capi N) ed O) (reato associativo e cessioni di sostanza) della rubrica e
alla ritenuta sussistenza delle esigenze cautelari ex art. 274 cpp. Rileva in particolare,
quanto al primo profilo (gravità indiziaria) che il ragionamento si basa su un unico dato
empirico rappresentato dal sevizio di intercettazione e che manca un’effettiva e logica
valutazione contenutistica dei colloqui intercettati, pur reclamata in sede di riesame,
sicché la motivazione appare non corretta e disancorata dal nucleo fondamentale delle
risultanze investigative. Secondo il ricorrente, prima di discutere dei ruoli, il Tribunale
avrebbe dovuto enucleare le circostanze di fatto da cui potere inferire che nel periodo
in contestazione (ottobre 2010-giugn 02011) si sia formata una organizzazione con la
finalità di porre in essere una serie indeterminata di reati: avrebbe dovuto cioè
ricercare i profili organizzativi, necessari a dimostrare l’esistenza dell’accordo diretto a
commettere più delitti in materia di stupefacenti e poi dimostrare il contributo
eventualmente ascrivibile ad ogni affiliato, mentre invece, si è dedicato
immediatamente alla individuazione del ruolo di un soggetto diverso, cioè Cuccia
Pietro.
Procede all’esame dei vari colloqui richiamati dal Tribunale e ne offre una
propria valutazione per escludere l’esistenza del “pactum” e per escludere il quadro
indiziario anche in relazione alle cessioni di sostanza contestate

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nel capo O) che,

fondamento dell’ordinanza impugnata avevano permesso di accertare attraverso una

secondo il ricorrente, integra una generica formulazione dell’ipotesi accusatoria perché
non riesce a delineare singoli episodi nei quali emerga un protagonismo effettivo
ascrivibile al ricorrente al quale viene addebitata tutta l’attività delittuosa di Cuccia
Pietro e degli altri personaggi.
Sulle esigenze cautelari, il ricorrente addebita al Tribunale di avere adottato una
motivazione apodittica in assenza di qualunque presupposto di fatto che la giustifichi
logicamente. Evidenzia che nessun concreto elemento viene indicato per giustificare un

prescrizioni connesse alla misura domiciliare.
Rileva che il Tribunale no ha in nessun modo considerato il tempo trascorso dai
fatti oggetto delle imputazioni, che cessano nel giugno del 2011, al fine di individuare
in concreto sulla base di quali elementi si possa ritenere corretta una valutazione che
affermi il rischio attuale e obiettivo di una ripresa dei contatti con l’ambiente criminale
con il quale, per espressa ammissione del Tribunale, egli non ebbe rapporti.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1- La censura riguardante l’inosservanza di legge e il vizio di motivazione sulla
sussistenza del reato associativo sussistenza del reato associativo è infondata.
Come affermato dalla giurisprudenza di questa Corte, ai fini della configurabilità
del delitto associativo ex art. 74 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, l’elemento
organizzativo assume un rilievo secondario, essendo sufficiente anche
un’organizzazione minima perché il reato si perfezioni (cfr. Sez. 2, Sentenza n. 16540
del 27/03/2013 Ud. dep. 12/04/2013 Rv. 255491; Sez. 4, Sentenza n. 22824 del
21/04/2006 Ud. dep. 03/07/2006 Rv. 234576). Ancora, per la configurabilità
dell’associazione dedita al narcotraffico non è richiesta la presenza di una complessa e
articolata organizzazione dotata di notevoli disponibilità economiche, ma è sufficiente
l’esistenza di strutture, sia pure rudimentali, deducibili dalla predisposizione di mezzi,
per il perseguimento del fine comune, create in modo da concretare un supporto
stabile e duraturo alle singole deliberazioni criminose, con il contributo dei singoli
associati (cfr. Sez. 1, Sentenza n. 30463 del 07/07/2011 Ud. (dep. 01/08/2011 ) Rv.
251011).
Essendo stato dedotto anche il vizio di motivazione, va richiamato il principio
generale di diritto secondo cui l’illogicità della motivazione, per essere apprezzabile
come vizio denunciabile, deve essere evidente, cioè di spessore tale da risultare
percepibile ictu oculi, dovendo il sindacato di legittimità al riguardo essere limitato a
rilievi di macroscopica evidenza, restando ininfluenti le minime incongruenze e
considerandosi disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente
confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata, purché siano
spiegate in modo logico e adeguato le ragioni del convincimento (cass. Sez. 3,

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severo giudizio di incapacità di autodeterminarsi correttamente nell’osservanza delle

Sentenza n. 35397 del 20/06/2007 Ud. dep. 24/09/2007; Cassazione Sezioni Unite n.
24/1999, 24.11.1999, Spina, RV. 214794).
Nel caso di specie, il Tribunale del riesame, sulla base delle attività di indagine,
ha ricostruito dettagliatamente l’attività dell’organizzazione dedita al traffico di
marijuana sul territorio di Agira e nei centri limitrofi facente capo a Cuccia Pietro,
evidenziando il ruolo di collaborazione dei familiari, tra cui il fratello Giuseppe e
l’esistenza di un discreto numero di ragazzi disposti a spacciare i quali ricevevano la

spettanza.
Ha richiamato il tenore delle diverse conversazioni intercettate da cui
emergeva, nonostante il linguaggio criptico, il reale significato dei dialoghi ed ha
considerato altresì gli episodi relativi agli arresti di taluni degli indagati e i numerosi
controlli nei confronti degli acquirenti.
Ha osservato che dalle diverse intercettazioni esaminate nel periodo interesse,
risultava l’impegno nel settore degli stupefacenti, il passaggio di informazioni tra lui e il
fratello Pietro, il diretto contatto con altri associati e soggetti comunque gravitanti nel
settore e coindagati nel procedimento e ancora l’esistenza di rapporti debito-credito
nonché la preferenza accordata da alcuni a Giuseppe piuttosto che al fratello nelle
trattative finalizzate alle cessioni, così come la maggiore intransigenza riconosciutagli
da alcuni nell’esigere il pagamento delle forniture.
Cita poi il contenuto di alcune conversazioni da cui, sempre ad avviso del
Tribunale, traspare l’interesse di Cuccia Giuseppe nel settore.
Da tali elementi ha tratto il convincimento della posizione di rilievo ricoperta da
Giuseppe Cuccia, seppur con minore attivismo rispetto a Pietro e ritiene che tale
posizione più defilata depone per la sua posizione di particolare forza nel contesto
associativo, sebbene si registri il suo intervento allorchè gli acquirenti non intendono
trattare con Cuccia Pietro, ovvero al fine di recuperare il corrispettivo delle forniture.
Segnala il rilievo della conversazione col Buscemi, il quale lo invita a riferire a Cuccia
Pietro il suo impegno a restituire una somma.
Il Tribunale del riesame ha poi spiegato che l’esiguità delle occasioni in cui
Cuccia Giuseppe risulta direttamente coinvolto quale interlocutore nei dialoghi
intercettati, possa verosimilmente dipendere sia dal rapporto di parentela col vertice
dell’organizzazione (elemento che, sempre secondo il Tribunale facilitava i contatti
finalizzati al compimento della attività illecita), riducendo la necessità di colloqui
telefonici, sia comunque col fatto che l’utenza di Cuccia Giuseppe non fosse diretto
bersaglio della attività tecnica.
Trattasi di accertamenti in fatto congruamente motivati e pertanto sottratti al
sindacato di questa Corte.

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sostanza da destinare alla rivendita e restituivano il denaro trattenendo quanto di loro

2. Deve invece ritenersi fondata la critica alla motivazione in ordine alle
esigenze cautelari ritenute sussistenti dai giudici di merito.
In tema di misure cautelari personali, ai fini della valutazione del pericolo che
l’imputato commetta delitti della stessa specie, il requisito della concretezza non si
identifica con quello dell’attualità, derivante dalla riconosciuta esistenza di occasioni
prossime favorevoli alla commissione di nuovi reati, ma con quello dell’esistenza di
elementi concreti sulla base dei quali è possibile affermare che l’imputato possa

lo stesso bene giuridico (cfr. cass. Sez. 6, Sentenza n. 28618 del 05/04/2013 Cc. dep.
03/07/2013 Rv. 255857; Sez. 4, Sentenza n. 18851 del 10/04/2012 Cc. dep.
16/05/2012 Rv. 253864). Si richiede dunque un giudizio prognostico rigoroso desunto
anche dai criteri stabiliti dall’art. 133 c. p., tra i quali sono ricompresi le modalità e la
gravità del fatto, sicché non deve essere considerato il tipo di reato o una sua ipotetica
gravità, bensì devono essere valutate situazioni correlate con i fatti del procedimento
ed inerenti ad elementi sintomatici della pericolosità dell’indagato (cfr. sentenza cit.).
Ebbene, nella fattispecie il Tribunale di Caltanissetta ha desunto la pericolosità
sociale del Cuccia Giuseppe dal suo pieno inserimento nel contesto criminale, al quale
fornisce un apporto non certo meramente occasionale, ma sistematico e abituale in
affiancamento col fratello Pietro Cuccia, con una chiara ripartizione di ruoli in una
attività ritenuta – sulla base dei dialoghi intercettati – tutt’altro che modesta.
Il Tribunale, poi, considerato l’ampio e allarmante contesto territoriale di
riferimento, ha osservato che, anche sulla base dei precedenti penali dell’indagato, non
è possibile formulare un giudizio di affidabilità che consenta di presumere l’osservanza
delle prescrizioni connesse agli arresti domiciliari e quindi possa giustificare detta
misura (rimessa all’autocontrollo e al senso di responsabilità del prevenuto): ha quindi
ritenuto che la custodia in carcere sia l’unica misura idonea ad evitare in radice la
ripresa dei contatti con l’ambiente criminale.
Una motivazione del genere è però solo apparente perché si risolve in una mera
affermazione generica, adattata anche ad altre posizioni senza specificare in che modo
l’indagato possa riprendere i contatti con l’ambiente criminale nel caso di applicazione
di una misura meno afflittiva della custodia in carcere, non potendo valere a tal fine il
richiamo alle dimensioni della attività.
Ma non basta. In tema di misure cautelari, il riferimento in ordine al “tempo
trascorso dalla commissione del reato” di cui all’art. 292, comma secondo, lett. c) cod.
proc. pen., impone al giudice di motivare sotto il profilo della valutazione della
pericolosità del soggetto in proporzione diretta al tempo intercorrente tra tale
momento e la decisione sulla misura cautelare, giacché ad una maggiore distanza
temporale dai fatti corrisponde un affievolimento delle esigenze cautelari (cfr. tra le

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commettere delitti della stessa specie di quello per cui si procede, e cioè che offendano

varie, Sez. U, Sentenza n. 40538 del 24/09/2009 Cc. dep. 20/10/2009 Rv. 244377;
Sez. 6, Sentenza n. 27865 del 10/06/2009 Cc. dep. 07/07/2009 Rv. 244417).
Nel caso che ci occupa, tra la data dei fatti che riguardano la precisa posizione
dell’indagato e la applicazione della misura cautelare personale sono trascorsi anni e
dunque una risposta alla censura mossa in sede di riesame avrebbe dovuto essere pur
data dal Tribunale, ma dal testo del provvedimento impugnato ciò non risulta.
Consegue sotto tale profilo l’annullamento con un rinvio al Tribunale che

specifica dell’imputato.
P.Q.M.
annulla l’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Caltanissetta limitatamente
alle esigenze cautelari. La Corte dispone inoltre che copia del presente provvedimento
sia trasmesso al Direttore dell’Istituto Penitenziario competente ai sensi dell’art. 94
comma 1 ter disp. att. cpp.
Così deciso in Roma, il 19.11. 2013.

attenendosi ai principi esposti, considererà, sotto il profilo cautelare la posizione

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