Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 2629 del 19/11/2013


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 2629 Anno 2014
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: ORILIA LORENZO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
RACCUGLIA FILIPPO N. IL 14/04/1989
avverso l’ordinanza n. 232/2013 TRIB. LIBERTA’ di
CALTANISSETTA, del 04/07/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LORENZO ORILIA;
Jette/sentite le conclusioni del PG Dott.
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Data Udienza: 19/11/2013

RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza del 4.7.2013 il Tribunale di Caltanissetta ha rigettato la
richiesta di riesame proposta nell’interesse di Raccuglia Filippo contro l’ordinanza del
23.5.2013 con cui gli era stata applicata la misura cautelare degli arresti domiciliari in
relazione al reato di associazione finalizzata al traffico illecito di stupefacenti e spaccio
(art. 74 e 73 DPR n. 309/1990).
Il Tribunale ha motivato la decisione rilevando che le indagini poste a

intensa attività di intercettazione telefonica e ambientale, l’esistenza nel territorio di
Agira, di una articolata organizzazione criminale dedita al traffico di stupefacenti,
facente capo a Scaminaci Massimiliano e di cui faceva parte anche il ricorrente.
Ha quindi analizzato i fatti sintomatici dell’esistenza dell’organizzazione e, dal
contenuto delle conversazioni (di cui ha riportato ampi brani) ha ricostruito la
posizione dell’odierno ricorrente, evidenziando la continuità, la frequenza e l’intensità
dei rapporti con gli associati.
Quanto alle esigenze cautelari, i giudici del riesame ne hanno confermato la
sussistenza, sotto il profilo del pericolo di reiterazione dei reati desunto dalla
professionalità e dal rilevante giro di affari, condividendo il giudizio di adeguatezza
della misura degli arresti domiciliari, per la posizione subordinata del ricorrente
rispetto a quella di Gazzo Filippo.
2. Il difensore ha proposto ricorso per cassazione deducendo:
2.1- violazione dell’art. 273 cpp cpp in relazione all’art. 74 DPR n. 309/1990Illogicità della motivazione.
2.2 Violazione dell’art. 274 lett. c) e 292 comma 2 lett. c) cpp- Omessa
motivazione.
3. Con i motivi nuovi depositati il 19.10.2013 il ricorrente propone due ulteriori
censure:
3.1 Violazione, ai sensi dell’art. 606 comma 1 lett. b) e c) cpp, del principio di
correlazione tra l’imputazione e l’ordinanza cautelare con riferimento al capo A
dell’ordinanza impugnata. Motivazione illogica, apparente e contraddittoria.
3.2 Violazione dell’art. 273 cpp in relazione all’art. 73 DPR n. 309/1990 Motivazione apparente e illogica.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.1, Col primo motivo il ricorrente critica la decisione del Tribunale laddove ha
ritenuto la sussistenza di gravi indizi di colpevolezza in ordine al reato associativo, di
cui invece, a suo dire, mancavano del tutto gli elementi costitutivi, perché egli non ha
avuto contatti con gli altri presunti partecipi, non concorre a ripartizione di utili o a
investimenti comuni e non vi è prova di una, seppur rudimentale, organizzazione e
predisposizione di mezzi comuni relativamente alla posizione del ricorrente a cui sono

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fondamento dell’ordinanza impugnata avevano permesso di accertare, attraverso una

state contestate solo cinque condotte di spaccio in collaborazione con un solo soggetto,
Gazzo Filippo e nell’arco temporale di due mesi.
Col primo motivo nuovo – che è bene subito affrontare per l’evidente
connessione con la precedente tematica – la difesa critica l’affermazione del Tribunale
a pag. 18 dell’ordinanza laddove ritiene configurabile l’esistenza di un’unica consorteria
criminosa nel caso in cui, come quello in esame, sia individuabile un gruppo minore
subordinato ad altro di maggiore portata (che garantisca al primo la possibilità in

gruppo minore rispondono del delitto associativo concernente il gruppo egemone,
sussistendo prova adeguata del contributo individuale apportato alla realizzazione egli
scopi del sodalizio criminoso.
Secondo il ricorrente detta motivazione ha travalicato i limiti tra il chiesto e
pronunciato perché ha ipotizzato una organizzazione diversamente strutturata sotto il
profilo oggettivo e soggettivo rispetto a quella contestata.
Il primo motivo del ricorso è infondato.
Come affermato dalla giurisprudenza di questa Corte, ai fini della configurabilità
del delitto associativo ex art. 74 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, l’elemento
organizzativo assume un rilievo secondario, essendo sufficiente anche
un’organizzazione minima perché il reato si perfezioni (cfr. Sez. 2, Sentenza n. 16540
del 27/03/2013 Ud. dep. 12/04/2013 Rv. 255491; Sez. 4, Sentenza n. 22824 del
21/04/2006 Ud. dep. 03/07/2006 Rv. 234576). Ancora, per la configurabilità
dell’associazione dedita al narcotraffico non è richiesta la presenza di una complessa e
articolata organizzazione dotata di notevoli disponibilità economiche, ma è sufficiente
l’esistenza di strutture, sia pure rudimentali, deducibili dalla predisposizione di mezzi,
per il perseguimento del fine comune, create in modo da concretare un supporto
stabile e duraturo alle singole deliberazioni criminose, con il contributo dei singoli
associati (cfr. Sez. 1, Sentenza n. 30463 del 07/07/2011 Ud. (dep. 01/08/2011 ) Rv.
251011).
Essendo stato dedotto anche il vizio di motivazione, va richiamato il principio
generale di diritto secondo cui l’illogicità della motivazione, per essere apprezzabile
come vizio denunciabile, deve essere evidente, cioè di spessore tale da risultare
percepibile ictu oculi, dovendo il sindacato di legittimità al riguardo essere limitato a
rilievi di macroscopica evidenza, restando ininfluenti le minime incongruenze e
considerandosi disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente
confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata, purché siano
spiegate in modo logico e adeguato le ragioni del convincimento (cass. Sez. 3,
Sentenza n. 35397 del 20/06/2007 Ud. dep. 24/09/2007; Cassazione Sezioni Unite n.
24/1999, 24.11.1999, Spina, RV. 214794).

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concreto di gestione dei traffici) ritenendo in tale ipotesi che anche i componenti del

Nel caso di specie, il Tribunale del riesame, sulla base delle attività di indagine,
ed in particolare dalla varie conversazioni intercettate (di cui ha riportato ampi
passaggi), ha ricostruito dettagliatamente l’attività dell’associazione dedita al traffico di
stupefacenti evidenziando i fatti sintomatici dell’esistenza dell’organizzazione (i
molteplici canali di rifornimento operanti a Catania e provincia), la ripartizione di ruoli
tra gli associati secondo uno schema rigidamente gerarchico che vedeva a capo lo
Scaminaci (cita in proposito una conversazione tra il Gazzo e il Raccuglia in cui lo

spacciatori tra cui alcuni, come l’odierno ricorrente, inseriti a pieno titolo
nell’organizzazione, l’esistenza di conti in comune tra gli associati sia in relazione alla
sostanza da cedere sia in relazione ai debiti a cui fare fronte per le forniture, le comuni
preoccupazioni allorché sospettavano la presenza delle forze dell’ordine, i quotidiani
rapporti tra Scaminaci aveva con i fornitori.
Da tali elementi il Tribunale ha tratto il convincimento del ruolo rivestito dal
ricorrente nell’organizzazione, attraverso attività di spaccio e occultamento della droga
sempre in posizione subalterna rispetto a Gazzo Filippo, ritenuto uno dei personaggi di
maggior spessore dell’associazione.
Trattasi di accertamenti in fatto, dettagliati e congruamente motivati, pertanto
sottratti al sindacato di questa Corte.
1.2 Infondato è anche il primo motivo nuovo.
Come già affermato da questa Corte (cfr. Sez. 2, Sentenza n. 19715 del
23/04/2008 Cc. dep. 16/05/2008 Rv. 240110) il suddetto principio di correlazione
attiene sostanzialmente alla corrispondenza tra l’imputazione contestata e la sentenza
adottata, costituendo pregiudizio dei diritti di difesa porre a base della pronuncia di
condanna un fatto in realtà non contestato e in relazione al quale l’imputato non ha
avuto possibilità di difendersi; ed avuto riguardo alla suddetta ratio della norma, la
giurisprudenza ha rilevato che la violazione in parola è del tutto insussistente allorché
l’imputato, attraverso l’iter del procedimento, si sia trovato nella condizione di potersi
difendere in ordine ai fatti posti a fondamento della pronuncia di condanna.
Alla stregua di tale principio deve ritenersi che, in relazione alla applicazione di
una misura cautelare, nessuna violazione del suddetto principio di correlazione può
ravvisarsi qualora, pur facendo riferimento la rubrica del capo di imputazione ad una
determinata condotta, il contenuto del provvedimento impositivo della misura
cautelare faccia espresso, organico e dettagliato riferimento ad ulteriori particolari
emersi dagli atti che non snaturano affatto il nucleo della contestazione, atteso che in
tal caso nessuna violazione dei diritti della difesa può ritenersi in alcun modo verificata.
D’altronde l’art. 292 c.p.p., comma 2, lett. b), prevede che l’ordinanza che dispone la
misura cautelare deve contenere “la descrizione sommaria del fatto con l’indicazione

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Scaminaci viene chiamato “u principali”), l’articolazione di una rete consumatori e

delle norme di legge che si assumono violate”, descrizione ed indicazione che, nel caso
di specie, si rinvengono chiaramente nell’ordinanza oggetto di riesame.
E pertanto, sia sotto il profilo sostanziale che sotto il profilo puramente formale,
deve escludersi che il fatto posto a fondamento della misura restrittiva sia, con
riferimento al suddetto delitto di cui all’art. 74 DPR n. 309/1990 diverso da quello
contestato atteso che, dalla valutazione globale dei fatti contestati e dallo svolgimento
dell’iter procedimentale, emerge in maniera inequivoco che il ricorrente era ben a

pregiudizio dei diritti della difesa può ritenersi nel caso di specie verificato.
2.1 Col secondo motivo nuovo il ricorrente rimprovera al Tribunale del Riesame
di avere ritenuto provata l’esistenza di elementi indiziari concernenti l’ipotesi di cui
all’art. 73 DPR 309/1990 sia perché detta ipotesi non emerge da nessuna
intercettazione, sia perché trattasi di occasionali e sporadiche condotte: la motivazione
dunque, secondo il ricorrente, appare illogica e contraddittoria.
La censura è inammissibile per difetto di specificità (art. 581 lett. c e 591 lett. c
cpp) e per manifesta infondatezza perché avrebbe dovuto innanzitutto indicare
puntualmente quale era il passaggio della motivazione affetto dal vizio dedotto (e non
demandare alla Corte di Cassazione di ricercare ed estrapolare dal contesto della
motivazione le parti da sottoporre a scrutinio) sia perché investe una mera valutazione
di merito (occasionalità e sporadicità della condotta).
3. Infine, col secondo motivo di ricorso per cassazione si contesta la ritenuta
attualità del pericolo evidenziandosi ancora una volta che la breve durata dell’attività
posta in essere dal ricorrente (solo due mesi con cinque episodi di spaccio) stride con
la ritenuta professionalità e con il vorticoso giro di affari; rileva che nessun sequestro
di stupefacente è stato operato per accertare l’asserita buona qualità o la quantità
della stessa. Quanto alle enormi quantità supposte dai giudici del Riesame, replica che
dagli atti non emergono riferimenti a quantità o a soldi, ma solo una mancanza, in una
occasione , di 15 euro all’assuntore Liccardi per effettuare l’integrale pagamento.
Infine, si duole della mancanza di motivazione sulla dedotta violazione dell’art.
292 comma 2 lett. c cpp perché non è stato considerato il periodo di due anni e mezzo
tra la data del supposto reato (ultima conversazione in contestazione: 1.2.2011) e
data del provvedimento impugnato. Rileva la mancanza di attualità del pericolo,
considerato che dal giugno 2011 ad oggi il ricorrente, seppur attentamente
monitorato, non è più incorso in fatti costituenti reato. Richiama in proposito la
giurisprudenza di legittimità e rileva che il giudice di merito non ha motivato sulla
attualità del pericolo ed ha omesso di considerare elementi favorevoli, quali
l’incensuratezza, la giovane età, il breve arco temporale di commissione dei reati (due
mesi) e le episodiche ed isolate condotte di spaccio.
Il motivo è fondato.
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conoscenza dei fatti posti a fondamento della misura applicata, di talché nessun

In tema di misure cautelari personali, ai fini della valutazione del pericolo che
l’imputato commetta delitti della stessa specie, il requisito della concretezza non si
identifica con quello dell’attualità, derivante dalla riconosciuta esistenza di occasioni
prossime favorevoli alla commissione di nuovi reati, ma con quello dell’esistenza di
elementi concreti sulla base dei quali è possibile affermare che l’imputato possa
commettere delitti della stessa specie di quello per cui si procede, e cioè che offendano
lo stesso bene giuridico (cfr. cass. Sez. 6, Sentenza n. 28618 del 05/04/2013 Cc. dep.

16/05/2012 Rv. 253864). Si richiede dunque un giudizio prognostico rigoroso desunto
anche dai criteri stabiliti dall’art. 133 c. p., tra i quali sono ricompresi le modalità e la
gravità del fatto, sicché non deve essere considerato il tipo di reato o una sua ipotetica
gravità, bensì devono essere valutate situazioni correlate con i fatti del procedimento
ed inerenti ad elementi sintomatici della pericolosità dell’indagato (cfr. sentenza cit.).
Ebbene, nella fattispecie il Tribunale di Caltanisetta ha desunto il pericolo
attuale e concreto di reiterazione dei reati della stessa specie dalla professionalità
dimostrata dagli associati, dal rilevantissimo giro di affari, dalla qualità e quantità della
sostanza, dal fatto che l’associazione rivestiva un ruolo di egemone nel campo dello
spaccio nel territorio di Argira, tutte considerazioni – sempre ad avviso del Tribunale idonee ad elevare in modo esponenziale la pericolosità del ricorrente.
Una motivazione del genere è però solo apparente perché si risolve in una mera
affermazione generica, adattata anche ad altre posizioni senza procedere invece alle
dovute distinzioni dei ruoli e, soprattutto, senza specificare in cosa consista la
professionalità e il giro di affari nel quale l’indagato si trova coinvolto.
Ma non basta. In tema di misure cautelari, il riferimento in ordine al “tempo
trascorso dalla commissione del reato” di cui all’art. 292, comma secondo, lett. c) cod.
proc. pen., impone al giudice di motivare sotto il profilo della valutazione della
pericolosità del soggetto in proporzione diretta al tempo intercorrente tra tale
momento e la decisione sulla misura cautelare, giacché ad una maggiore distanza
temporale dai fatti corrisponde un affievolimento delle esigenze cautelari (cfr. tra le
varie, Sez. U, Sentenza n. 40538 del 24/09/2009 Cc. dep. 20/10/2009 Rv. 244377;
Sez. 6, Sentenza n. 27865 del 10/06/2009 Cc. dep. 07/07/2009 Rv. 244417).
Nel caso che ci occupa, tra la data dei fatti che riguardano la precisa posizione
dell’indagato e la applicazione della misura cautelare personale sono trascorsi anni e
dunque una risposta alla censura mossa in sede di riesame avrebbe dovuto essere pur
data dal Tribunale, ma dal testo del provvedimento impugnato ciò non risulta.
Consegue sotto tale profilo l’annullamento con un rinvio al Tribunale che
attenendosi ai principi esposti, considererà, sotto il profilo cautelare la posizione
specifica dell’imputato.
P.Q.M.
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03/07/2013 Rv. 255857; Sez. 4, Sentenza n. 18851 del 10/04/2012 Cc. dep.

annulla l’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Caltanissetta limitatamente
alle esigenze cautelari.

Così deciso in Roma, il 19.11. 2013.

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