Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 26276 del 20/05/2015


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 26276 Anno 2015
Presidente: ZECCA GAETANINO
Relatore: ZOSO LIANA MARIA TERESA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
SIGNORINI ROBERTO N. IL 03/06/1958
avverso la sentenza n. 1100/2011 CORTE APPELLO di FIRENZE, del
23/09/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 20/05/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. LIANA MARIA TERESA ZOSO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Vu-e.A.)c)
che ha concluso per -tA2
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Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv.

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Data Udienza: 20/05/2015

RITENUTO IN FATTO

1.La corte d’appello di Firenze, con sentenza in data 23 settembre 2013, confermava la
sentenza del tribunale di Grosseto del 13 maggio 2010 con cui Signorini Roberto era stato
condannato alla pena di mesi otto di reclusione per il reato di cui all’articolo 589, commi 1 e 2,
cod. pen. per avere per colpa, consistita in negligenza, imprudenza, imperizia ed inosservanza
delle norme sulla circolazione stradale, cagionato la morte di Bacci Egidio. In particolare, il

strada in cui la segnaletica orizzontale a striscia longitudinale continua di mezzeria non lo
consentiva ed, effettuando tale sorpasso, aveva colliso contro il motocarro Piaggio che
procedeva nell’opposta direzione di marcia in preparazione di manovra di svolta a sinistra. A
seguito della collisione frontale con il motocarro Piaggio condotto da Bacci Emilio, il motocarro
si era incendiato ed il Bacci aveva riportato ustioni da cui era derivata la morte. Il fatto era
stato commesso in Pitigliano il 2 ottobre 2005 ed il decesso del Bacci era sopraggiunto il 13
ottobre 2005.
Osservava la corte d’appello che, dai rilievi effettuati dalla polizia giudiziaria e dalle foto
scattate sul luogo del sinistro, risultava che l’urto tra la motocicletta condotta dal Signorini ed il
veicolo Ape Piaggio condotto dal Baccì era avvenuto nella corsia di competenza della moto ma
nei pressi della mezzeria tra la parte anteriore sinistra del primo veicolo e la parte anteriore
sinistra dell’Ape Piaggio. Ciò dimostrava che in quel momento i due veicoli stavano viaggiando
l’uno contro l’altro in posizione quasi parallela ed entrambi erano spostati verso il centro della
strada. Dai rilievi era emerso, poi, che l’Ape Piaggio si trovava anch’essa in prossimità del
centro della strada ed addirittura oltre la mezzeria ma in posizione ancora parallela alla strada
stessa e non stava compiendo una brusca svolta verso sinistra sicché non aveva tagliato la
strada al motociclista; ciò era dimostrato dal fatto che, se avesse iniziato la svolta verso
sinistra, avrebbe offerto il fianco destro al motociclista e non sarebbe stata colpita, invece, sul
fianco sinistro in corrispondenza dell’angolo del cassone attaccato dietro la cabina di guida.
Proprio la collsione della motocicletta contro il lato sinistro della cabina di guida e l’angolo
anteriore sinistro del cassone dell’Ape Piaggio aveva provocato la rottura del tubo del serbatoio
di questo veicolo e l’incendio del carburante contenuto nel serbatoio stesso. Tale ricostruzione
delle modalità dell’impatto, che si evinceva dalla relazione del consulente del pubblico
ministero, dimostrava la veridicità della testimonianza dei quattro giovani che viaggiavano su
un’automobile e che avevano dichiarato di essere stati superati dalla moto dell’imputato e da
quella del teste Porzi, il quale aveva sorpassato per primo la loro auto a forte velocità
occupando nel sorpasso la corsia opposta ed a poca distanza avevano entrambi trovato davanti
a loro l’Ape Piaggio che viaggiava in direzione contraria; a tal punto, mentre la prima moto era
riuscita a rientrare nella propria corsia evitando l’impatto con quel veicolo, la seconda non era
riuscita a completare la manovra di rientro e si era scontrata con esso. Non era credibile
quanto affermato dal teste Porzi, secondo cui l’Ape Piaggio aveva compiuto un’improvvisa
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Signorini, mentre si trovava alla guida di motociclo, aveva effettuato il sorpasso in un tratto di

manovra di svolta verso sinistra andando a occupare la loro corsia di marcia e tagliando loro la
strada, essendo ciò incompatibile con le modalità dell’impatto rilevate. Neppure era ipotizzabile
che il conducente dell’Ape Piaggio avesse iniziato la svolta a sinistra e poi, accortosi dell’arrivo
delle due moto, avesse svoltato a destra per riportarsi nella propria corsia, dato che erano
notorie le scarse capacità di manovra e la limitata velocità del veicolo Ape Piaggio che
rendevano del tutto impossibile compiere nello spazio di pochissimi secondi una manovra di
tale genere e, cioè, riuscire in due secondi o poco più ad invertire il senso di marcia al punto da

che l’Ape Piaggio avesse superato la linea di mezzeria così da invadere parzialmente la corsia
opposta e che, all’arrivo delle due motociclette, avesse iniziato una svolta verso destra per
rientrare completamente nella propria corsia di marcia riuscendo, però, solo a cambiare
l’angolazione del veicolo. Concludeva la corte affermando che se il motociclista avesse
viaggiato tenendo la destra, così come previsto dal codice della strada, non avrebbe impattato
contro l’Ape Piaggio la quale, al momento dell’urto, si trovava al centro della strada. Peraltro la
visuale del motociclista Signorini era parzialmente preclusa dal motociclista Porzi che lo
precedeva e questo avrebbe dovuto indurre a particolare prudenza nonché a moderare
ulteriormente la velocità.
2. Avverso la sentenza della corte d’appello proponeva ricorso per cassazione Signorini
Roberto, a mezzo del suo difensore, svolgendo tre motivi di doglianza.
2.1. Con il primo motivo deduceva vizio di motivazione nella parte in cui la corte d’appello non
aveva motivato il rigetto dell’istanza di perizia tecnica a fronte delle controverse risultanze
processuali così da stabilire non solo il punto di impatto ma anche la completa ricostruzione
della dinamica del sinistro. Ed invero la corte d’appello da un lato aveva ritenuto corretto il
giudizio del tribunale, dall’altro aveva individuato il punto d’urto tra i mezzi nella corsia di
pertinenza della motocicletta nel mentre il tribunale aveva ritenuto che l’impatto fosse
avvenuto al centro della strada. A fronte di ricostruzioni così divergenti la corte d’appello
avrebbe dovuto accogliere la richiesta di perizia, soprattutto in considerazione del fatto che il
consulente del pubblico ministero aveva individuato il punto di impatto nella corsia di
pertinenza dell’Ape, il giudice di primo grado lo aveva individuato al centro della strada e la
corte d’appello nella corsia di pertinenza del motociclista.
2.2. Con il secondo motivo deduceva vizio di motivazione nella parte in cui la corte d’appello
non aveva disposto l’audizione del teste Bigi Roberto rispetto ad un fatto nuovo e determinante
che era emerso all’udienza successiva alla sua escursione. Invero egli aveva riferito circostanze
smentite dagli altri testi con particolare riguardo al fatto che l’impatto si era verificato nella
corsia dell’Ape Piaggio, che gli occupanti dell’autovettura erano arrivati per primi sul luogo del
sinistro, che sulla destra vi era una strada interpoderale, che sulla strada vi era un dosso ed,
infine, che la motocicletta procedeva a velocità superiore a quella dell’autovettura sorpassata
che viaggiava 60/70 km/h.

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offrire alla seconda moto non più il fianco destro ma il fianco sinistro. Era invece ipotizzabile

2.3. Con il terzo motivo deduceva vizio di motivazione nella parte in cui la corte d’appello, pur
avendo ritenuto che l’impatto fosse avvenuto nella corsia di pertinenza dell’imputato, aveva
ritenuto che egli avesse contribuito a causare lo scontro poiché aveva viaggiato in prossimità
della linea di mezzeria e non già sulla destra, così come prescritto dal codice della strada. La
corte d’appello aveva escluso che l’Ape Piaggio avesse iniziato la manovra di svolta a sinistra
sulla base di mere congetture, ovvero ritenendo che la scarsa capacità di manovra e la scarsa
velocità dell’Ape Piaggio fossero incompatibili con la sterzata a destra di quest’ultimo mezzo

pubblico ministero, il motociclista viaggiava alla velocità di 63 km/h laddove il limite di velocità
esistente era pari a 90 km/h.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.Preliminarmente osserva la corte che il reato, diversamente da quanto sostenuto all’odierna
udienza dal difensore dell’imputato, non è prescritto.
Invero a Signorini sono state concesse le attenuanti generiche equivalenti alla contestata
aggravante di cui all’art. 589, comma 2 cod. pen. per il che la pena applicabile, per effetto
dell’elisione della circostanza stessa, è quella della reclusione da sei mesi a cinque anni ed il
termine di prescrizione è pari a 15 anni, secondo la norma vigente ratione temporis. Il
difensore ha sostenuto che, in considerazione della pena concretamente irrogata, pari ad otto
anni di reclusione, si doveva ritenere che le circostanze generiche fossero state considerate
prevalenti e che, dunque, il termine di prescrizione fosse quello di sette anni e mezzo. Reputa
la corte che quanto sostenuto dalla difesa dell’imputato non colga nel segno perché la pena
irrogata si colloca nella forbice edittale prevista dall’art. 589, comma 1, cod. pen. e, non
essendo inferiore al minimo previsto, non vi è ragione per ritenere che le circostanze
attenuanti siano state concesse con giudizio di prevalenza sulla contestata aggravante.
2. Ciò posto, il primo motivo di ricorso è infondato. Occorre premettere che alla luce della
nuova formulazione dell’art. 606 c.p.p., lett. e), novellato dalla L. 20 febbraio 2006, n. 46, art.
8, il sindacato del giudice di legittimità sul discorso giustificativo del provvedimento impugnato
deve essere volto a verificare che la motivazione della pronunzia: a) sia “effettiva” e non
meramente apparente, ossia realmente idonea a rappresentare le ragioni che il giudicante ha
posto a base della decisione adottata; b) non sia “manifestamente illogica”, in quanto risulti
sorretta, nei suoi punti essenziali, da argomentazioni non viziate da evidenti errori
nell’applicazione delle regole della logica; c) non sia internamente contraddittoria, ovvero sia
esente da insormontabili incongruenze tra le sue diverse parti o da inconciliabilità logiche tra le
affermazioni in essa contenute; d) non risulti logicamente “incompatibile” con “altri atti del
processo” (indicati in termini specifici ed esaustivi dal ricorrente nei motivi posti a sostegno del
ricorso per cassazione) in termini tali da risultarne vanificata o radicalmente inficiata sotto il
profilo logico (Cass., Sez. 6, 15 marzo 2006, Casula). Non è, dunque, sufficiente che gli atti del
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all’arrivo dei motociclisti. E si doveva considerare che, secondo il consulente tecnico del

processo invocati dal ricorrente siano semplicemente “contrastanti” con particolari
accertamenti e valutazioni del giudicante o con la sua ricostruzione complessiva e finale dei
fatti e delle responsabilità ne’ che siano astrattamente idonei a fornire una ricostruzione più
persuasiva di quella fatta propria dal giudicante. Ogni giudizio, infatti, implica l’analisi di un
complesso di elementi di segno non univoco e l’individuazione, nel loro ambito, di quei dati che
– per essere obiettivamente più significativi, coerenti tra loro e convergenti verso un’unica
spiegazione – sono in grado di superare obiezioni e dati di segno contrario, di fondare il

comprensibili, ad un pubblico composto da lettori razionali del provvedimento. È, invece,
necessario che gli atti del processo richiamati dal ricorrente per sostenere l’esistenza di un
vizio della motivazione siano autonomamente dotati di una forza esplicativa o dimostrativa tale
che la loro rappresentazione sia in grado di disarticolare l’intero ragionamento svolto dal
giudicante e determini al suo interno radicali incompatibilità, così da vanificare o da rendere
manifestamente incongrua o contraddittoria la motivazione (Cass., Sez. 6, 15 marzo 2006,
Casula).
Il giudice di legittimità è, pertanto, chiamato a svolgere un controllo sulla persistenza o meno
di una motivazione effettiva, non manifestamente illogica e internamente coerente, a seguito
delle deduzioni del ricorrente concernenti “atti del processo”. Tale controllo, per sua natura, è
destinato a tradursi – anche a fronte di una pluralità di deduzioni connesse a diversi “atti del
processo” e di una correlata pluralità di motivi di ricorso – in una valutazione, di carattere
necessariamente unitario e globale, sulla reale “esistenza” della motivazione e sulla
permanenza della “resistenza” logica del ragionamento del giudice. Al giudice di legittimità
resta, infatti, preclusa, in sede di controllo sulla motivazione, la pura e semplice rilettura degli
elementi di fatto posti a fondamento della decisione o l’autonoma adozione di nuovi e diversi
parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, preferiti a quelli adottati dal giudice di merito,
perché ritenuti maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa. Queste
operazioni trasformerebbero, infatti, la corte nell’ennesimo giudice del fatto e le impedirebbero
di svolgere la peculiare funzione assegnatale dal legislatore di organo deputato a controllare
che la motivazione dei provvedimenti adottati dai giudici di merito (a cui le parti non prestino
autonomamente acquiescenza) rispetti sempre uno standard di intrinseca razionalità e di
capacità di rappresentare e spiegare l’iter logico seguito dal giudice per giungere alla decisione
(Sez. 1, n. 41738 del 19/10/2011, Longo, Rv. 251516).
Esaminata in quest’ottica, la motivazione della sentenza impugnata appare esente da vizi logici
laddove ha escluso la necessità di disporre la perizia tecnica ritenendo esaustivi i rilievi
effettuati e la consulenza del pubblico ministero. Invero la corte territoriale ha considerato che,
sulla base dei detriti rinvenuti sull’asfalto, il punto d’urto poteva collocarsi sulla corsia di marcia
del motociclista in prossimità della linea di mezzeria e ciò lasciava intendere che l’Ape Piaggio
avesse parzialmente invaso la corsia opposta al probabile fine di predisporsi a svoltare a
sinistra. Tuttavia si doveva escludere che avesse di fatto iniziato la svolta a sinistra sbarrando
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convincimento del giudice e di consentirne la rappresentazione, in termini chiari e

la strada al motociclista perché, se ciò fosse avvenuto, l’urto si sarebbe verificato contro il
fianco sinistro dell’Ape Piaggio e non già in corrispondenza dell’angolo del cassone sul lato
destro.
Dunque da un lato la corte d’appello ha ritenuto verosimile una circostanza più favorevole per
l’appellante rispetto a quanto affermato dal tribunale, ovvero che l’Ape Piaggio aveva invaso la
corsia opposta, dall’altro ha ritenuto tale fatto del tutto ininfluente ai fini di escludere la
responsabilità dell’imputato poiché era da escludersi che il Bacci avesse iniziato a svoltare a

svolte dalla corte territoriale rendevano, perciò, del tutto superflua la nomina di un perito.
3. Il secondo motivo di ricorso è parimenti infondato.
Invero i cinque punti sui quali il teste Bigi avrebbe asseritamente deposto in maniera diversa
dagli altri tre testi occupanti il veicolo sorpassato dalla motocicletta appaiono ininfluenti ai fini
della decisione, tenuto conto che: a) la corte territoriale ha già considerato come il punto
d’urto era avvenuto sulla corsia del motociclista; b) il ricorrente non ha esplicitato quale rilievo
avesse l’accertamento di chi fosse giunto per primo sul luogo del sinistro; c) la circostanza che
sulla destra vi fosse una strada interpoderale rendeva verosimile che il conducente dell’Ape
Piaggio intendesse immettervisi e, tuttavia, per quanto già esposto, non aveva iniziato la
manovra di svolta ponendosi perpendicolarmente alla strada; d) dalla sentenza impugnata non
risulta che l’impatto sia avvenuto in prossimità di un dosso; c) la velocità tenuta dal
motociclista, comunque inferiore al limite consentito, è stata ritenuta dalla corte territoriale
non adeguata alle condizioni della strada ed alla limitata visibilità dovuta alla presenza del
motociclista Porzi che precedeva il Signorini, tenuto conto anche del fatto che aveva intrapreso
una manovra di sorpasso.
4. Il terzo motivo di ricorso è inammissibile in quanto il ricorrente espone una ricostruzione dei
fatti alternativa a quella fatta propria dalla corte territoriale introducendo, così, questioni di
merito che sono precluse nel giudizio di legittimità. E va tenuto conto che la corte territoriale,
con motivazione esente da vizi logici, ha ritenuto del tutto inverosimile che l’Ape Piaggio, per la
sua scarsa velocità e le limitate possibilità di manovra, potesse, nel giro di qualche secondo,
correggere la manovra di svolta a sinistra dopo essersi già posta in senso perpendicolare alla
corsia di marcia del motociclista e riportarsi in posizione parallela alla mezzeria.
Il ricorso va, dunque, rigettato, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle
spese processuali.
P. Q. M.
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 20.5.2015.

sinistra sbarrando la strada al motociclista, dati i danni riportati ai mezzi. Le considerazioni

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