Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 26272 del 07/05/2015


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 26272 Anno 2015
Presidente: ROMIS VINCENZO
Relatore: DELL’UTRI MARCO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
Corvi Andrea n. il 23/3/1981
avverso la sentenza n. 2100/2012 pronunciata dalla Corte d’appello di
Firenze il 21/6/2013;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita nell’udienza pubblica del 7/5/2015 la relazione fatta dal Cons. dott.
Marco Dell’Utri;
udito il Procuratore Generale, in persona del dott. M.G. Fodaroni, che ha
concluso per il rigetto del ricorso;
udito, per l’imputato, l’avv.to E. Basile del foro di Casalpusterlengo che
ha concluso per l’accoglimento del relativo ricorso.

Data Udienza: 07/05/2015

RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza resa in data 21/6/2013, la corte d’appello di Firenze ha
integralmente confermato la sentenza in data 26/1/2011 con la quale il tribunale
di Livorno ha condannato Andrea Corvi alla pena di un anno e quattro mesi di
reclusione in relazione al reato di naufragio colposo, commesso nel Comune di
Portoferraio, il 4/6/2006.
All’imputato, quale comandante del natante da diporto a motore denominato
Boston Whalers (da lui preso in noleggio e sul quale trasportava sette

colposa consistita nell’uscire in mare con tale imbarcazione nonostante le
condizioni di mare mosso, con vento da nord-ovest forza cinque, e con cielo
coperto, e nel compiere una scorretta (perché troppo brusca) manovra di
decelerazione in presenza di mare mosso, con la quale cagionava un immediato
imbarco di acqua a prora del natante, con il conseguente sbandamento dello
stesso fino al totale capovolgimento con sommersione: condotta con la quale
aveva concorso alla causazione del disastro consistito nel naufragio del natante.

2. Avverso la sentenza d’appello, a mezzo del proprio difensore, ha proposto
ricorso per cassazione l’imputato sulla base di due motivi di impugnazione.

2.1. Con il primo motivo, il ricorrente censura la sentenza impugnata per
violazione di legge, avendo la corte territoriale erroneamente negato l’esclusiva
responsabilità del noleggiatore dell’imbarcazione (unico soggetto gravato da una
formale posizione di garanzia nel caso di specie) nella causazione del naufragio
oggetto di giudizio, avuto riguardo alla violazione dei relativi obblighi cautelari in
connessione alle condizioni meteomarine in atto e alla specifica assoluta
inesperienza dei conduttori nella pratica della navigazione.
Sotto altro profilo, il ricorrente si duole dell’erroneità della contestazione di
imperizia confermata nei propri confronti dalla corte territoriale, attesa

persone), era stata originariamente contestata la condotta gravemente

l’impossibilità di muovere alcun rimprovero in tale prospettiva nei riguardi di
un soggetto, come l’imputato, del tutto privo dei requisiti di legittimazione alla
conduzione di imbarcazioni, tenuto peraltro conto della verificazione del
naufragio a soli duecento metri dalla riva.
Proprio il ragionevole affidamento riposto dall’imputato nell’esperienza e
nella perizia del noleggiatore ha quindi convinto lo stesso imputato (e i suoi
compagni) dell’inesistenza di alcun concreto pericolo per la navigazione
programmata: navigazione di seguito conclusasi con il capovolgimento
dell’imbarcazione, nella specie materialmente causato dall’intervento di un
imprevedibile caso fortuito, non essendo stata comprovata l’esecuzione, da parte

2

L

dell’imputato, di alcuna manovra imperita e, in particolare, della contestata
brusca manovra di decelerazione rimasta priva di alcun riscontro probatorio.
Per altro verso, del tutto errata, secondo la prospettazione del ricorrente,
deve ritenersi l’interpretazione della norma incriminatrice fornita dalla corte
territoriale, essendo rimasta esclusa, nella specie, l’effettiva verificazione di un
evento di entità tale (in termini di complessità ed estensione) da integrare la
nozione di disastro o di naufragio accolta dall’art. 449 c.p., in considerazione
dell’assenza di alcun apprezzabile profilo di pericolo per l’incolumità di un

Peraltro, il mancato coinvolgimento processuale in veste di imputato del
noleggiatore, non consentendo di verificarne i consistenti profili di responsabilità
nella causazione del naufragio, ha impedito la dimostrazione della minima
importanza dell’eventuale apporto del Corvi, ai fini dell’applicazione della
circostanza attenuante di cui all’art. 114 c.p..
Da ultimo, il ricorrente si duole dell’inspiegabile ritardo con il quale la
procura territoriale ebbe ad avviare le indagini nei confronti del Corvi, a distanza
di diversi anni dal fatto, in tal modo precludendo allo stesso l’esercizio di
essenziali prerogative di difesa, prime fra tutte quella di sottoporre
nell’immediatezza il natante capovoltosi al riscontro di idoneità alla navigazione e
al possesso di tutti requisiti a tal fine necessari.

2.2. Con il secondo motivo, il ricorrente censura la sentenza impugnata per
vizio di motivazione, avendo la corte territoriale trascurato la considerazione
delle dichiarazioni testimoniali rese dai soggetti trasportati sull’imbarcazione
naufragata, i quali avevano tutti escluso l’esecuzione, da parte dell’imputato, di
alcuna brusca manovra di decelerazione, piuttosto confermando l’esclusiva
responsabilità del noleggiatore per aver consegnato ai conduttori un natante
inadatto e per aver direttamente provveduto a un’erronea disposizione dei
passeggeri sull’imbarcazione.
La stessa corte territoriale avrebbe, inoltre, travisato le dichiarazioni rese
dal medesimo imputato circa l’esecuzione della brusca manovra di decelerazione,
nella specie mai posta in essere dal Corvi.
Da ultimo, del tutto illogica doveva ritenersi l’interpretazione dell’entità
dell’evento considerato dalla corte territoriale, ai fini della relativa riconduzione
al paradigma di cui all’art. 449 c.p., avuto riguardo alla mancata
verificazione, nella specie, di alcun pericolo per la pubblica incolumità.

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indeterminato numero di persone.

CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Entrambi i motivi di ricorso – congiuntamente esaminabili in ragione
dell’intima connessione delle questioni dedotte – sono infondati.
Osserva in primo luogo il collegio come la corte territoriale, sulla scia delle
argomentazioni dettate nella sentenza di primo grado (che, elaborate in forza
di criteri interpretativi omogenei a quelli seguiti dalla corte d’appello, valgono a
integrarsi in un unitario corpo argomentativo: cfr. Cass., Sez. 1, n. 8868/2000,
Rv. 216906 e segg. conformi), abbia correttamente evidenziato, in base a un

l’eventuale riconoscimento di profili di responsabilità a carico del noleggiatore
dell’imbarcazione, nella causazione del naufragio oggetto di giudizio, non
sarebbe valsa in ogni caso a elidere i consistenti aspetti di rimproverabilità della
condotta tenuta dall’odierno imputato (né peraltro ad attenuarne la
considerazione, ai sensi dell’art. 114 c.p.), per esser quest’ultimo, nell’occasione

de qua, uscito in mare aperto pur in presenza di condizioni meteomarine
palesemente avverse (mare mosso e vento forza cinque: condizioni tali da
rendere avvertito qualunque navigatore, sia pure inesperto), e per aver eseguito
in mare un’errata e pericolosa manovra, consistita in una brusca decelerazione
dalla quale è direttamente derivata la causa efficiente del capovolgimento del
natante.
Al riguardo, deve ritenersi del tutto infondata la prospettazione del
ricorrente, incline a sostenere l’inesistenza di elementi di riscontro circa
l’effettiva esecuzione di detta manovra di decelerazione, avendo sul punto la
corte territoriale esplicitamente sottolineato come la semplice lettura delle
dichiarazioni rese dal Corvi (come risultanti dalla relativa deregistrazione agli atti
del giudizio) fosse valsa a rendere esplicita l’ammissione, da parte dello stesso,
di aver effettuato detta brusca decelerazione, siccome giunto a destinazione (la
zona di Pomonte dove si trovava il relitto sommerso oggetto della visita
programmata); decelerazione in conseguenza della quale, per l’abbassamento
della prua e delle murate della barca a pelo d’acqua, un’onda “giunta mezza
laterale e mezzo di punta” (cfr. pag 3 della sentenza d’appello) finì per
schiacciarne la punta con il conseguente imbarcamento d’acqua e il
capovolgimento del natante.
Proprio la riscontrata esecuzione di tale manovra (e le conseguenze che
immediatamente ne derivarono) ha indotto la corte territoriale a escludere
coerentemente il ricorso di un preteso caso fortuito o di una forza maggiore nella
determinazione del naufragio, essendosi all’evidenza trattato di una
concatenazione di eventi immediatamente riconducibile alla chiara imperizia di
guida dell’imputato nella conduzione di imbarcazioni in presenza di mare mosso.

discorso coerentemente condotto e adeguatamente argomentato, come

Ciò posto, in modo pienamente lineare la corte territoriale ha evidenziato
come il mancato conseguimento della patente nautica, da parte dell’imputato, e
la relativa consapevolezza della propria inesperienza, piuttosto che integrare
un’ipotesi di scusabilità della condotta, fosse valsa a sottolinearne il più elevato
grado di rimproverabilità, nella misura in cui, essendo il Corvi consapevole della
propria imperizia nella conduzione di natanti, e non conoscendo le caratteristiche
dell’imbarcazione condotta, trascurò ugualmente di rientrare in porto o di
rimanere all’interno del golfo, posto che (“come dichiarato dall’Occhini”: pag. 3

(con aggravamento della pericolosità delle condizioni meteomarine), l’imputato
proseguiva nella navigazione offrendo l’imbarcazione alla forza sempre più
consistente del vento e del mare, così esponendo la propria e l’altrui incolumità
personale a gravissimi rischi a cagione di una palese e incosciente
sottovalutazione (per leggerezza e superficialità) della propria inesperienza.
Del tutto priva di fondamento, inoltre, deve ritenersi la doglianza sollevata
dall’imputato con riguardo alla presunta inaffidabilità del mezzo dallo stesso
noleggiato (e alle corrispondenti considerazioni critiche d’indole istruttoria legate
ai denunciati ritardi nell’esercizio dell’azione penale), avendo la corte territoriale
correttamente rilevato il carattere meramente congetturale di detta
prospettazione (priva di alcun elemento, sia pure indiziario, di riscontro),
essendo piuttosto risultato, sulla base delle deposizioni rese dagli agenti della
capitaneria di porto, come il natante, sottoposto ai doverosi accertamenti, fosse
stato regolarmente omologato dal registro navale e collaudato per il trasporto di
dieci persone; circostanze idonee a confermare, per altro e convergente aspetto,
come il naufragio ebbe a verificarsi esclusivamente per l’imperizia del Corvi nel
manovrare l’imbarcazione naufragata, in assenza di alcun sovrappeso (per il
carico trasportato) o di alcun difetto dell’imbarcazione.
Quanto alla pretesa responsabilità del noleggiatore dell’imbarcazione nella
dislocazione dei passeggeri all’interno del natante, osserva il collegio come la
corte territoriale, con motivazione immune da vizi d’indole logica o giuridica, ne
abbia correttamente rilevato l’insussistenza, rimarcando come il Corvi, quale
comandante dell’imbarcazione, fosse rimasto del tutto libero di spostare i
passeggeri come avesse ritenuto più opportuno e, in particolare, di rimuoverne la
presenza a prua, mano a mano che il mare sempre più mosso rischiava di
invadere proprio tale parte del natante.
Nel confermare la congruità, in chiave logica e argomentativa, del discorso
giustificativo dettato dalla corte d’appello in relazione all’esatta ricostruzione
degli eventi oggetto dell’odierno giudizio e alla coerente attribuzione degli stessi
alla responsabilità del Corvi, osserva il collegio come, attraverso le censure

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sent. appello), via via che l’imbarcazione andava inoltrandosi in mare aperto

sollevate sul punto, l’imputato si sia limitato a circoscrivere il proprio discorso
critico sulla sentenza impugnata a una discordante lettura delle risultanze
istruttorie acquisite nel corso del giudizio, in difformità rispetto alla complessiva
ricostruzione operata dai giudici di merito, limitandosi a dedurre i soli elementi
astrattamente idonei a supportare la propria alternativa rappresentazione del
fatto (peraltro, in modo solo parziale, selettivo e non decisivo), senza farsi carico
della complessiva riconfigurazione dell’intera vicenda sottoposta a giudizio, sulla
base di tutti gli elementi istruttori raccolti, che, viceversa, entrambi i giudici del

Sul punto, è appena il caso di richiamare il consolidato insegnamento della
giurisprudenza di legittimità, ai sensi del quale la modificazione dell’art. 606 lett.
e) c.p.p., introdotta dalla legge n. 46/2006 consente la deduzione del vizio del
travisamento della prova là dove si contesti l’introduzione, nella motivazione, di
un’informazione che non esiste nel processo, ovvero si ometta la valutazione di
una prova decisiva ai fini della pronuncia. Il sindacato della corte di cassazione
resta tuttavia quello di sola legittimità, sì che continua a esulare dai poteri della
stessa quello di una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della
decisione anche laddove venga prospettata dal ricorrente una diversa e più
adeguata valutazione delle risultanze processuali (v., ex multis, Cass., Sez. 2, n.
23419/2007, Rv. 236893).
Da ciò consegue che gli “altri atti del processo specificamente indicati nei
motivi di gravame” menzionati dal testo vigente dell’art. 606, comma primo, lett.
e), c.p.p., non possono che essere quelli concernenti fatti decisivi che, se
convenientemente valutati anche in relazione all’intero contesto probatorio,
avrebbero potuto determinare una soluzione diversa da quella adottata,
rimanendo esclusa la possibilità che la verifica sulla correttezza e completezza
della motivazione si tramuti in una nuova valutazione delle risultanze acquisite,
da contrapporre a quella effettuata dal giudice di merito (Cass., Sez. 4, n.
35683/2007, Rv. 237652).
In termini analoghi, con riguardo alla valutazione e all’interpretazione delle
risultanze testimoniali e degli altri elementi di prova valorizzati dai giudici del
merito, osserva il collegio come, secondo il costante orientamento della
giurisprudenza di legittimità, ai fini della correttezza e della logicità
della motivazione della sentenza, non occorre che il giudice di merito dia conto,
in essa, della valutazione di ogni deposizione assunta e di ogni prova, come di
altre possibili ricostruzioni dei fatti che possano condurre a eventuali soluzioni
diverse da quella adottata, egualmente fornite di coerenza logica, ma è
indispensabile che egli indichi le fonti di prova di cui ha tenuto conto ai fini del
suo convincimento, e quindi della decisione, ricostruendo il fatto in modo

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merito hanno ricostruito con adeguata coerenza logica e linearità argonnentativa.

plausibile con ragionamento logico e argomentato (cfr. Cass., Sez. 1, n.
1685/1998, Rv. 210560; Cass., Sez. 6, n. 11984/1997, Rv. 209490), sempre
che non emergano elementi obiettivi idonei a giustificare il ricorso di un
ragionevole dubbio sulla responsabilità dell’imputato, nella specie
adeguatamente e plausibilmente escluso.
Tale principio, in particolare, appare coerente con il circoscritto orizzonte
riservato all’indagine di legittimità sul discorso giustificativo della decisione,
dovendo il sindacato demandato alla corte di cassazione essere limitato – per

argomentativo sui vari punti della decisione impugnata, senza possibilità di
verificare l’adeguatezza delle argomentazioni di cui il giudice di merito si è
avvalso per sostanziare il suo convincimento. Esula, infatti, dai poteri della corte
di cassazione quello di una ‘rilettura’ degli elementi di fatto posti a fondamento
della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di
merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di
una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze
processuali (v. Cass., Sez. Un., n. 6402/1997, Rv. 207944, e altre di conferma).
In altri termini, una volta accertata la coerenza logica delle argomentazioni
seguite dal giudice di merito, non è consentito alla corte di cassazione prendere
in considerazione, sub specie di vizio motivazionale, la diversa valutazione delle
risultanze processuali prospettata dal ricorrente sulla base del proprio differente
soggettivo punto di vista (Cass., Sez. 1, n. 6383/1997, Rv. 209787; Cass., Sez.
1, n. 1083/1998, Rv. 210019).
Deve pertanto concludersi che la motivazione compendiata nella sentenza
d’appello (in una con quella, richiamata, del primo giudice), nel dar conto
analiticamente delle occorrenze del fatto ascritto all’imputato, appare del tutto
esaustiva, immune da vizi d’indole logica o giuridica, come tale pienamente
idonea a sottrarsi alle censure in questa sede avanzate ricorrente.

4. Dev’essere, da ultimo, disattesa la censura sollevata dal ricorrente con
riguardo alla corretta qualificazione giuridica dell’evento de quo nella prospettiva
del naufragio, ai sensi dell’art. 449 c.p., avendo la corte territoriale, con
motivazione giuridicamente corretta ed efficacemente argomentata, come
l’imputato si fosse trovato al comando di un’imbarcazione per sua natura adibita
al trasporto di più persone che, naufragando, ebbe a porre in concreto pericolo
l’incolumità di numerosi passeggeri; con la conseguente integrazione del reato
de quo in tutti suoi elementi costitutivi.
Al riguardo, è appena il caso di evidenziare l’assoluta irrilevanza della
circostanza costituita dalla mancata verificazione di danni o di conseguenze

espressa volontà del legislatore – a riscontrare l’esistenza di un logico apparato

lesive per i passeggeri del natante, essendosi questi ultimi solo accidentalmente
salvati (nella maggior parte dei casi, per la perizia natatoria degli stessi), pur
avendo obiettivamente corso un grave pericolo di vita, una volta naufragati in
mare aperto in condizioni meteomarine severamente avverse. Sotto altro profilo,
varrà richiamare l’insegnamento della giurisprudenza di legittimità, ai sensi del
quale, ai fini dell’integrazione dell’ipotesi del naufragio (anche ai sensi dell’art.
449 c.p.), è sufficiente che il natante non sia più in grado di galleggiare
regolarmente, non essendo richiesto anche il suo inabissamento (e, di

220436), ovvero che, non essendo più in grado di galleggiare regolarmente,
risulti inutilizzabile ai fini della navigazione (Sez. 4, Sentenza n. 13893 del
27/02/2009, Rv. 243214).

5. Al riscontro dell’infondatezza dei motivi di doglianza avanzati dal
ricorrente segue il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento
delle spese processuali.

P.Q.M.
la Corte Suprema di Cassazione, rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 7/5/2015.

conseguenza, la sua perdita) (Sez. 1, Sentenza n. 325 del 20/11/2001, Rv.

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